MobLand: Interminabile, violenta, eternale lotta senz’esclusione di colpi, anche bassi, fra due acerrime famiglie dell’alta eppur losca società, sia prestigiose che paradossalmente criminose, vendicative l’una nei confronti dell’altra, e perfidamente bugiarde…
Oggi, con estremo piacere, recensiamo la strepitosa e imperdibile serie tv intitolata MobLand, precisamente tal è la sua dicitura, distribuita in streaming su Paramount+ a partire dallo scorso 30 marzo, da noi recuperata a distanza di qualche mese giustappunto dalla sua emissione, prossimamente disaminatavi con rilassata ponderatezza e ci auguriamo esaustiva chiarezza.
Incensata dalla critica, che ci trova concordi nel giudizio altamente positivo, MobLand consta di dieci episodi che scorrono tutti d’un fiato, dal ritmo ineccepibile, della durata cadauno di circa quarantacinque minuti. Tesi, compatti, graniticamente inaffondabili. Robustamente innestati su contorte vicende intrecciate di amicizie, altresì bieche inimicizie e rivalità mai sopite, raggiri complottistici con echi scespiriani, perfino in senso lato spionistici, conditi e intervallati da vertiginose sequenze d’azione al cardiopalma a loro volta mescolate ad adrenaliniche scene sia intimistiche che arditamente (melo)drammatiche.
È stata ideata da Ronan Bennett e da lui stesso sceneggiata, in forma originale, assieme all’affiatato Jez Butterworth (Una vita in fuga, Fair Game). Diretta da quattro registi differenti che, altalenanti, si son dati il cambio alla direzione, fra cui spicca il nome di Guy Ritchie, autore su commissione o, se preferite, metteur en scène, delle prime due puntate egregiamente allestite che danno il là all’orchestrazione narrativa, arzigogolata ma a suo modo linearmente coerente che procede speditamente e che da lì in poi se ne dipanerà nel prosieguo furibondo con brio e forte pathos palpitante.
Trama, decisamente riassuntavi e illustrata a grandi linee per evitarvene sorprese e la visione non sciuparvi con rivelazioni sgradite, sappiamo, altamente indesiderate:

Le altolocate, londinesi famiglie ricchissime e con non pochi scheletri nell’armadio, composte dalla fastosa e al contempo tetra dinastia aristocratica degli Harrigan, retta dal luciferino Conrad (Pierce Brosnan, L’uomo nell’ombra), fedelmente sposato all’altrettanto serpentesca e manipolatrice Maeve (Helen Mirren, Excalibur), sovente succubo e manovrato da quest’ultima, e da quella degli Stevenson, che invece fa capo al maligno e vegliardo Bennie (Geoff Bell, impressionante), son da tempo immemorabile profondamente antagoniste, specialmente negli sporchi affari ipocritamente, glacialmente e rispettivamente (mal) celati e qualcuno rimarrà maciullato.
La situazione precipita ulteriormente quando, dopo una notte di bagordi in discoteca, il giovane nipote di Conrad, di nome Eddie (Anson Boon), accoltellò avventatamente un uomo che lavorava nel locale del suddetto nightclub ad alto tasso di cocaina e ballerine molto disinibite, diciamo eufemisticamente impudiche. In sua compagnia, sebbene quest’ultimo incolpevole, fu presente e testimone dell’accaduto nefasto, anche il suo fidato amico Tommy (Felix Edwards), amatissimo figlio di Bennie.
L’amicizia fra Eddie & Tommy non è però da nessuno vista di buon grado e oramai la frittata, come si suol dire, fu follemente, sciaguratamente combinata.
Per sbrogliare l’intricata matassa macabra, in tal sarabanda di doppi giochi e rispettevoli inganni a non finire, di violentissime ritorsioni e irose deflagrazioni non soltanto da intendersi in senso metaforico, vi deve sempre pensare e “penare” l’inseparabile, giammai traditore, braccio destro forzuto e arguto del furbesco magnate Conrad, alias il risoluto(re), mr. Wolf ante litteram à la Harvey Keitel di Pulp Fiction, con muscolare, taurina possanza indiscutibile e grinta da vendere, Harry Da Souza (Tom Hardy, The Bikeriders, Mad Max: Fury Road, Havoc), carismatico “bully” però a suo modo leale e con un’incorruttibile morale, un uomo irreprensibile, dunque, di cui Conrad poté, può e sicuramente potrà sempre e ciecamente fidarsi, saggio e al contempo impulsivo, violentemente istintivo, manesco e minaccioso scagnozzo tutto d’un pezzo in crisi coniugale verso la bionda sua consorte Jan (Joanne Froggatt) con la quale difficoltosamente vive in un appartamento assai lussuoso in compagnia della lor figlia adorata Gina (Teddie Allen).
Fra colpi di scena, “cornificati” e disattesi, taciti patti non scritti e farabutti vari, “intersecati” a lestofanti e imbrogli(oni) dei più disparati, fra sparatorie, fratricide battaglie sanguinarie, agguerrite vendette incrociate, omissioni bastarde, furibonde reazioni a catena sterminate, omaccioni orgogliosi e capziose verità nascoste in modo squallidamente vigliacco e per nulla etico, chi vincerà la disfida fra le due duellanti, duali, opposte families in eterno e rivale scontro sia speculare che antiteticamente atavico e sia omicida che micidiale?
Nella psicologica “partita a scacchi e a poker”, ricolma d’omicidi e uccisioni barbariche, entreranno in gioco e avranno un ruolo chiave e determinante anche la furbesca figliastra di Conrad, ovverosia Mandeep Dhillon (After Life) e gli altri figli biologici di Conrad fra cui primariamente il disperato, premuroso e sospettoso Kevin (Paddy Considine), a sua volta padre del casinista Eddie, e la diabolica, frustrata e malsana Bella di nome e di fatto (Lara Pulver, Edge of Tomorrow). Sposa di Kevin da cui assunse il cognome dinastico e fascinosa dark lady dal passato torbido nel quale fu addirittura una delle tante ex segrete amanti del patriarca “puttaniere” Conrad.

Cosa funziona in MobLand
MobLand è una serie tv sol all’apparenza prolissa per via dei suoi dieci episodi che però singolarmente procedono a velocità supersonica, non tediando un sol istante, ed è congegnata con creatività mirabile.
Hardy (voce italiana del fidato Simone D’Andrea), con la propria consueta recitazione en souplesse, trattenuta e quindi in sordina corretta, detonante accesamente e immantinente in furiosi scatti irosi improvvisi, in virtù dei suoi grezzi lineamenti irsuti e da “orso” forzuto, azzecca un’altra performance lodevole e da applausi a scena aperta. Sebbene quasi mai, per tutto l’arco temporale di MobLand, primeggi particolarmente in scene cosiddette madri, compie il suo “sporco” dovere attoriale, ribadiamo, con potenza visibile.
Padroneggiando il suo personaggio dall’inizio alla fine e personalizzandolo abitualmente a sua modalità (a taluni però, attenzione, vi mettiamo in guardia, tal consolidato e ripetuto mood potrebbe oramai apparire monotono, ciò naturalmente dipende dai gusti e quindi la nostra valutazione in merito alla sua caratterizzazione è del tutto soggettiva e opinabile) all’interno del suo “corpus” interpretativo, adattandolo a sé stesso e vivificandolo grazie ai suoi tic che a noi piacciono da morire e non ce ne vogliano i detrattori poiché non desideriamo affatto esimercene dall’asserirvelo senza troppi giri di parole.
Quando Hardy, infatti, rinunzia alle sue primigenie caratteristiche innate, giustappunto rozze da attore senza fronzoli, filtri e dunque straordinariamente incantevole e naturale, smarrisce pressoché puntualmente la sua forza espressiva delle più peculiari.
Ivi invece sa sfoderarla sapidamente nel temperato giostrar il suo connaturato istrionismo senza svilirlo in forzature inutili e remote dall’intrinseco suo esser(ne). Tutta la compagine attoriale è parimenti eccellente. Nota di merito, non v’era minimamente da dubitarne d’altronde, per Brosnan, inappuntabile (doppiato dalla possente voce rocciosa del preciso ma oramai monocorde Luca Ward), e la superba Mirren che non sbaglia neppur un’allusiva occhiataccia graffiante.

Perché non guardare MobLand
Se nutrite idiosincrasia per le famiglie ricche e bastarde, costituite da personaggi avidi di potere e sostanzialmente antipatici la cui massima preoccupazione nella vita è salvar l’onore e la reputazione, questa serie tv non fa per voi.
MobLand, inoltre, ad esservi totalmente schietti, è inficiata da un esasperato uso talvolta immotivato della violenza, eccessiva e un po’ gratuita, e dal 5° episodio in avanti, sinceramente eccede in colpi di scena poco plausibili, perdendosi per di più in ripetizioni e parentesi digressive futili. Ma, valutata nella sua interezza, ripetiamo, al di là delle sue esagerazioni e d’alcuni espedienti narrativi non sempre pienamente convincenti, è da noi promossa in toto grandemente e siam già in fervida attesa della seconda stagione in preparazione e alle porte.
Note finali: i titoli di testa sono strepitosi, i migliori da tempi di True Detective e nello sterminato parterre si distinguono le presenze brevi ma incisive di Toby Jones (Red Lights) e della stupenda Emily Barber.
La serie è disponibile streaming su Paramount+ a partire dallo scorso 30 marzo.
Ideazione: Ronan Bennett Con: Tom Hardy, Pierce Brosnan, Helen Mirren, Paddy Considine, Joanne Froggatt, Anson Boon Anno: 2025 Episodi: 10 (41–59 min ognuno) Paese: Regno Unito Distribuzione: Paramount+
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