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El abrazo de la serpiente – Recensione – Un film di Ciro Guerra

El abrazo de la serpiente, al cinema il film colombiano candidato agli Oscar al miglior film straniero

La Colombia è sulla cresta dell’onda, non possiamo negarlo. Dopo anni bui e sanguinosi, che la portarono ad essere considerata tra i paesi più pericolosi del mondo, sta vivendo una sorta di rinascimento culturale e sportivo. Certo, giudicare da lontano è molto facile e può farci incappare in qualche inesattezza, ma tra la nazionale di calcio tornata ai fasti di Maturana e Valderrama  dopo anni di oscurità quasi medievale, produzioni TV come Narcos e la sua omologa genitrice colombiana e la rinascita del turismo, abbiamo quanto meno l’impressione d’un paese vivo e vegeto. Il cinema, da sempre collettore di emozioni, non poteva rimanere indifferente e, dopo Un Mondo Fragile di Cesar Acevedo , ci troviamo a parlare dell’ottimo El abrazo de la serpiente del giovane Ciro Guerra.

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A metà tra il documentario e la narrazione avventuroso onirica di memoria herzoghiana, El abrazo de la serpiente  è una pellicola lodevole sotto il punto di vista tecnico e narrativo, affascinante visivamente e ricca di sottotracce. Il film è sviluppato secondo un doppio piano narrativo, pieno di flashback che vanno a confondersi col presente, creando un continuum basato sulla costanza della ricerca e degli scopi apparenti e reali. Due esploratori occidentali, uno europeo ed uno statunitense, attraversano l’Amazzonia Colombiana a distanza di 30 anni, entrambi in canoa, entrambi in compagnia dello stesso sciamano. Entrambi zavorrati dai loro bagagli terreni e dai loro scopi materiali, dovranno affrontare un viaggio estenuante sotto diversi punti di vista alla ricerca di sè stessi.

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A metà tra il fisico ed il metafisico, tra scienza e religione, in un viaggio reale ed interiore al tempo stesso, esaltato nella narrazione dalla fotografia in bianco e nero e da un montaggio magistrale, oltre che da un ottimo utilizzo della cinepresa e dei dettami della settima arte. Colonna sonora inesistente, ma la musica recita un ruolo fondamentale per comprendere la narrazione ed il percorso dei protagonisti. La ricerca antropologica, apparentemente basica, ci mostra le differenze culturali  tra indios ed occidentali attraverso pochi gesti, pochi dialoghi ed il giusto numero di sequenze. Pochi attori, ma molto bravi, tra cui spicca il belga Jan Bijovet nei panni dello scienzato Grunberg. Brionne Davis è forse un po’ ingessato nel ruolo del secondo esploratore, mentre Nabilo Torres ed Antonio Bolivar, che intepretano lo sciamano Karamakate giovane ed anziano, sono molto validi e dotati della giusta espressività necessaria per il loro ruolo.

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Premiato a Cannes e nel lotto dei film stranieri che concorsero all’Oscar 2016, ha raccolto i giusti riconoscimenti, mentre avrebbe meritato una distribuzione più capillare nelle sale, sia pur rappresentando un tipo di cinema poco foriero di buone nuove al botteghino. Raccomandato fortemente per chi ha ama il Sud America che cerca di resistere all’occidentalizzazione, per chi adora Werner Herzog e le storie di esplorazione e ricerca, assolutamente promosso.

Regia: Ciro Guerra. Con: Antonio Bolivar, Brionne Davis, Jan Bijvoet, Luigi Sciamanna, Nicolás Cancino , Nilbio Torres. Anno: 2015 Durata: 125 Paese: Colombia, Venezuela, Argentina Distribuzione: Movies Inspired
El abrazo de la serpiente, al cinema il film colombiano candidato agli Oscar al miglior film straniero La Colombia è sulla cresta dell'onda, non possiamo negarlo. Dopo anni bui e sanguinosi, che la portarono ad essere considerata tra i paesi più pericolosi del mondo, sta vivendo una sorta di rinascimento culturale e sportivo. Certo, giudicare da lontano è molto facile e può farci incappare in qualche inesattezza, ma tra la nazionale di calcio tornata ai fasti di Maturana e Valderrama  dopo anni di oscurità quasi medievale, produzioni TV come Narcos e la sua omologa genitrice colombiana e la rinascita del turismo, abbiamo quanto meno…
Commento Finale - 72%

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Film di viaggio, in bilico tra scienza e metafisica e denso di simbolismi. Pressoche assente la colonna sonora, ma la musica, intesa come racconto e guida, gioca un ruolo importante. Tra l'antropologico ed il filosofico, di non semplice fruizione. Fotografia degna di nota, esaltata dalla scelta del bianco e nero.

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About Davide Villa

Più di trenta e meno di quaranta. Ama: Il punk Rock, l'as Roma, Tarantino, Maurizio Merli, Stallone, Schwartzy, Indiana Jones, Spielberg, Lenzi, Leone, John Milius e gli action movie. Odia: la juve, le camicie nere, Servillo, Lynch e Lars Von Trier. Film preferiti: Giù la testa, Bastardi senza gloria, Troppo forte, Compagni di scuola, Milano Calibro nove. Doti innate: la modestia, l'eleganza e la sobrietà. Difetti: pochi e di scarsa importanza.

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