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Wolf Man – Il mefitico e maledetto fascino malsano del licantropo – Recensione

Wolf Man – Recensione del film con Christopher Abbott e Julia Garner al cinema dal 16 Gennaio con Universal Pictures.

Oggi recensiamo il sottovalutato, a nostro avviso riuscito e pugnace, in ogni senso graffiante, Wolf Man, firmato Leigh Whannell (L’uomo invisibile). Reboot, decisamente non brutto e sui generis del capostipite ad opera di George Waggner, con l’indimenticabile, unico e inimitabile Lon Chaney Jr., ivi riveduto e aggiornato secondo l’oramai consueta, fina, affinata poetica autoriale dell’appena succitato Whannell.

Che si conferma regista degno d’interesse primario e da tener certamente d’occhio, malgrado anch’egli ceda in più punti a compromessi estetici di matrice “mainstream” che ammiccano furbescamente alle modaiole tendenze odierne di massa.

Wolf Man, infatti, piuttosto inspiegabilmente passato inosservato presso il pubblico, riscontrando incassi scarsissimi, pur non eccellendo, rimane impresso e in molte sequenze, come più avanti esplicheremo, è decisamente ragguardevole.

Dunque, ancora una volta, siam in pressoché totale disaccordo perfino nei riguardi di molta intellighenzia critica, specialmente d’oltreoceano che, sebbene non gli sia stata del tutto sfavorevole, di sicuro non n’è rimasta entusiasta, apertamente snobbandolo e in fretta liquidandolo in maniera miope e superficiale.

Della durata asciutta e tesissima di un’ora e mezza circa, sceneggiato dallo stesso Whannell assieme a Corbett Tuck, Wolf Man (da noi rimasto invariato e in tal esatta dicitura per distinguersi da omonimi remake vari, fra cui il Wolfman di Joe Johnston con Benicio Del Toro) presenta, a grandi linee, la trama da noi sottostante sintetizzatavi per evitarvi spoiler indesiderati:

Dopo un illustrativo incipit “didascalico”, veniamo di colpo immersi fra le verdeggianti montagne irte e granitiche del freddo Oregon ove Grady Lowell (Sam Jaeger), insieme allo spaurito figlioletto Blake (Zac Chandler), si reca fra i boschi per una temeraria battuta di caccia. Grady è un padre severo, premuroso e troppo autoritario che, per via della sua burbera maschera cinica e della sua bruschezza “educativa”, terrorizza l’innocente Blake, non ancora “morso” dalle asprezze esistenziali e ingenuamente troppo ardito a esplorare i posti incontaminati…

Durante tal escursione nella natura selvaggia, popolata da pericolose bestie allo stato brado, Grady avvista una strana e spaventevole creatura non ben in viso identificata ma non riesce a catturarla, restandone però al contempo glacialmente spaventato.

Trent’anni dopo, Blake, divenuto un “family man” (adulto è incarnato dal protagonista Christopher Abbott, Povere creature!), vive insoddisfatto, eppur economicamente agiato, a New York con la consorte scrittrice-giornalista di rango, però in crisi d’ispirazione, Charlotte (Julia Garner) e la loro piccola Ginger (Matilda Firth). Verso quest’ultima è sin troppo protettivo, perennemente angustiato che possa capitarle qualcosa di nefando e terrificante.

Blake, un bel giorno, riceve una lettera ufficiale che attesta il decesso del padre. Al che, per ravvivare il rapporto coniugale, convince i suoi cari a seguirlo in Oregon alla volta dell’abitazione paterna e sua natia, avendone peraltro, nella stessa missiva, ricevutene le chiavi d’accesso. Giunta in prossimità del luogo e destinazione suddette, la disorientata famiglia Blake si perde al crepuscolo del tramonto alle porte ma incontra casualmente Derek (Benedict Hardie), ex sedicente amico d’infanzia dello stesso Blake che l’accompagna e guida alla volta del posto ricercato…

Nel mentre, cala cupissimo il buio tenebroso, Blake intravede un essere mostruoso lungo la sdrucciolevole strada, agghiacciatone, perde il controllo dell’autovettura, miracolosamente, lui, Charlotte & Ginger sopravvivono, rimanendo illesi, ma avviene terribilmente l’uccisione di Derek, divorato dal poc’anzi succitato ancestrale e micidiale, crudele uomo animale infermabile.

Blake è, sì, rimasto incolume, altresì leggermente ferito (forse morsicato) sul braccio e si rifugia con moglie e figlia nella casa finalmente trovata e raggiunta solertemente a gambe levate per sfuggire alla famelica cattura da parte del temibile e pauroso uomo-lupo…  Al che, al plenilunio d’una notte fosca e solitariamente rabbrividente, che cosa accadrà?

Che cosa funziona in Wolf Man

Wolf Man, oltre alle valide e commoventi interpretazioni d’un Abbott ispirato e soprattutto d’una fotogenica e bravissima Garner, si avvale d’una magnifica fotografia, ovviamente chiaroscurale, di Stefan Duscio e delle soavi musiche melanconiche di Benjamin Wallfisch, rielaborando personalmente, in modo originale, sebbene nel finale assai tristanzuolo e molto irrisolto, perfino con un lunghissimo epilogo soporifero e tirato inutilmente per le lunghe, la classica leggenda dell’uomo di Talbot, esemplare immarcescibile del folclore popolare-mondiale.

Perché non guardare Wolf Man

Wolf Man è completamente differente dall’originale e lontano anni luce da capolavori come Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis e L’ululato di Joe Dante. I trucchi non sono del mago Rick Baker e la metamorfosi nell’uomo lupo è solamente parziale, avviene cioè progressivamente a simbolizzare, più che la trasformazione fisica, metaforicamente l’evocata, eppur non chiarita appieno, malattia mentale ereditaria di cui è effetto ed è stato infettato Blake.

In ciò, malgrado l’ultima mezz’ora assai truculenta e ripiena di squarciamenti violenti, il film “pecca” e difetta volutamente per quanto concerne gli effetti speciali poiché non si prefigge d’essere un horror nel senso puro della parola, bensì un thriller psicologico sull’ambiguità della cangiante natura umana, suscettibile di squilibri psicofisici nell’entropica esistenza che imponderabilmente può, da un momento all’altro, trasmetterti e iniettarti nell’anima e nella mente il virus della stranezza orrifica…

Al cinema dal 16 Gennaio con Universal Pictures.

Regia: Leigh Whannell Con: Christopher Abbott, Julia Garner, Sam Jaeger, Matilda Firth, Benedict Hardie, Ben Prendergast, Milo Cawthorne Anno: 2025 Durata: 103 min. Paese: USA Distribuzione: Universal Pictures

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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