Tutto quello che resta di te: Cherien Dabis intreccia la cronaca di una famiglia palestinese con la memoria collettiva di un popolo, trasformando la ferita dell’esilio in un canto di resistenza.
Cisgiordania, 1988. In un angolo dimenticato del mondo, tra muri, filo spinato e silenzi antichi, un ragazzo alza una pietra. Si chiama Noor. Ha diciassette anni, occhi pieni di fuoco e un destino pronto a spezzarsi in una manciata di secondi.
Ma questa non è solo la sua storia.
A raccontarcela è Hanan (Cherien Dabis), sua madre, una donna che ha visto troppo e perso ancora di più. La sua voce ci guida in un viaggio che affonda nelle radici della memoria palestinese, attraversando tre generazioni: da Jaffa nel 1948, quando il nonno Sharif fu costretto a fuggire durante la Nakba, ai campi profughi degli anni ’70, dove crescere significava resistere anche solo esistendo.

Ogni frammento di passato è un tassello che svela non solo ciò che è accaduto a Noor, ma anche ciò che resta, e che sopravvive, dentro chi ha amato, lottato e ricordato. Un racconto che non segue il tempo, ma lo sfida. Che non chiede pietà, ma ascolto. E solo alla fine, quando ogni voce sarà stata ascoltata, scopriremo a chi Hanan sta parlando. E perché.
…so che ti stai chiedendo cosa ci facciamo qui.
Non sai molto di noi. Va bene, non sono qui per fartene una colpa.
Ma per raccontarti chi è mio figlio… e affinchè tu capisca, devo prima raccontarti cos’è successo a suo nonno.
Hanan (Cherien Dabis)

Cosa funziona in Tutto quello che resta di te
Questo è uno di quei film che andrebbe mostrato nelle scuole ( come La voce di Hind Rajab), perché insegna che la memoria non è un ricordo lontano, ma un respiro che attraversa generazioni. Cherien Dabis firma un’opera che non è solo cinema, ma testimonianza.
Il racconto intreccia vicende personali e contesto storico-politico, ponendo al centro soprattutto la prospettiva palestinese e la contrapposizione con la realtà israeliana. Il film affronta temi profondi come identità, esilio, resistenza e memoria collettiva, offrendo una testimonianza intensa capace di trasformare la Storia in un racconto vivo e toccante, pur scegliendo una rappresentazione netta e politica delle parti in gioco.
Tutto quello che resta di te attraversa decenni, generazioni, ferite ancora aperte. È la cronaca di un popolo privato delle radici, ma mai della dignità. Un film che si insinua nel cuore come un canto di resistenza, pronto a scuotere le coscienze anestetizzate dall’indifferenza.
Il titolo del film, Tutto quello che resta di te, non riguarda unicamente ciò che sopravvive nelle vite private di una famiglia colpita ma diventa metafora di ciò che una comunità intera, nonostante l’oppressione, riesce a salvare e a tramandare come segno d’identità.
Cherien Dabis costruisce un melodramma che non ha paura di commuovere, né di denunciare. Le storie intime dei protagonisti si fanno universali e restituiscono volto, voce e memoria a ciò che troppo spesso in Occidente è stato ridotto a semplice notizia di cronaca.
Ed è significativo vedere come la “memoria” si configuri come uno dei temi centrali di Tutto quello che resta di te ed è affascinante come Cherien Dabis riesca a rappresentarla attraverso tre figure fondamentali: Hanan, Salim e il nonno Sharif. Ognuno di loro rappresenta una dimensione diversa della memoria personale, storica e poetica ed insieme formano il nucleo emotivo del film.
Hanan, interpretata dalla regista, è la voce della memoria collettiva: coraggiosa e lucida, trasforma il dolore personale in testimonianza, rivolgendosi allo spettatore e facendo della parola un atto di resistenza.
Salim (Saleh Bakri) è il legame tra passato e presente: pragmatico e sensibile, porta il conflitto di chi deve costruire un futuro pur restando legato alle proprie radici.
Il nonno Sharif è la radice della famiglia, simbolo delle origini e della terra perduta. Nei suoi silenzi e ricordi si trova il nucleo poetico del film: la memoria come sopravvivenza e identità, raccontata con la forza di una poesia viva.

Perché non guardare Tutto quello che resta di te
Non trovo elementi che invitano a non guardare ma elementi di criticità si.
Meno incisiva appare la parte contemporanea, che sembra schiacciata dal peso della cronaca recente. Qui il film perde parte della forza evocativa e rischia di ridursi a illustrazione, mentre le figure israeliane, descritte senza sfumature, accentuano la sensazione di un popolo assopito, incapace di interrogarsi sui crimini che porta addosso. È una scelta radicale, che rafforza il tono politico dell’opera, ma a volte sottrae complessità alla narrazione.
Eppure, nonostante questi limiti, ciò che rimane è un film necessario. Non cambierà la storia, non fermerà guerre né deportazioni, ma compie il gesto più rivoluzionario che l’arte possa concedersi: ricordare. Ricordare che quelle case e quegli aranceti non erano “terre di nessuno”, ma dimore di famiglie sradicate con la forza. Ricordare che la lotta di un popolo non è mai un dettaglio geopolitico, ma il grido di chi rivendica dignità.
Tutto quello che resta di te è cinema che denuncia senza gridare, che commuove senza pietismo, che costringe a guardare là dove il mondo ha preferito distogliere lo sguardo. È un atto di memoria, ed è proprio nella memoria che risiede la più grande forma di resistenza.
“Io sono il mare, nei miei abissi si trovano tesori.
Hanno chiesto ai subacquei delle mie perle? Ma attenti, io perisco e lo stesso accade alle mie bellezze.
E i vostri rimedi, sebbene limitati, sono la mia cura!”
Salim (Saleh Bakri)
Curiosità
Cherien Dabis è una regista e attrice palestinese-americana che si è affermata come una delle voci più significative del cinema arabo-americano, raccontando storie autentiche, complesse e profondamente umane. Ha esordito con il film Amreeka (2009), premiato a Cannes e al Sundance, e ha proseguito con May in the Summer (2013), presentato come apertura del Sundance. In televisione ha diretto episodi di serie di successo come Ramy, Ozark e Only Murders in the Building, per cui ha ottenuto una candidatura agli Emmy, e ha recitato in produzioni come Mo, Fallout ed Extrapolations. Poliedrica e riconosciuta a livello internazionale, vive e lavora a New York.
Il film è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival , è stato il candidato giordano come miglior film straniero ai premi Oscar 2026 e distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Officine UBU a partire dal 18 settembre 2025.
Regia: Cherien Dabis Cast: Cherien Dabis, Saleh Bakri, Adam Bakri, Mohammed Bakri, Maria Zreik, Hayat Abu Samra, Dominik Maringer Anno: 2025 Durata: 145 min Paese: Giordania, Germania, Cipro, Grecia, Palestina e Qatar Distribuzione: Officine UBU