The Shrouds – Segreti sepolti: Recensione del film di David Cronenberg con Vincent Cassel e Diane Kruger ora al cinema.
Oggi, recensiamo il già ampiamente discusso, controverso, invero a molta intellighenzia critica non piaciuto, eppur fascinoso e innegabilmente attrattivo, maliardo e lucente The Shrouds, sottotitolato da noi Segreti sepolti, tetro e nuovo opus dell’esimio, geniale e giustappunto perennemente divisivo David Cronenberg (Scanners, La zona morta, Crimes of the Future).
The Shrouds esce soltanto ora qui da noi dopo essere stato presentato l’anno scorso, come soventemente avviene per Cronny, peraltro, al solito, anche personale autore della sceneggiatura originale, alla settantasettesima edizione del Festival di Cannes ove, frettolosamente, ricevette una freddissima accoglienza, non vincendo nessun premio e ottenendo recensioni a dir poco spaventevolmente negative.
Sebben, a distanza di molti mesi dalla sua presentazione ufficiale nella suddetta kermesse, pur riscontrando a tutt’oggi pareri non del tutto generalmente lusinghieri, anzi, ancor in buona parte nei suoi riguardi insoddisfacenti, par esser salito di grado in molti giudizi, tanto da poter vantare una lodevole media di opinioni se non propriamente positive, perlopiù quasi sufficienti, ovvero equivalenti esattamente al 59%, sul famoso sito aggregatore metacritic.com.
Infatti, rivalutato con maggior oculatezza e filtrato con clinica obiettività meno cinica, The Shrouds non è certamente una delle migliori pellicole del regista de Il pasto nudo, altresì, a nostro avviso, è superiore rispetto alle sue recenti opere più smorte e prive, queste sì, di vitale, nerboruta consistenza cinematograficamente, metaforicamente, sanguigna e viscerale. E ciò appare senz’ombra di dubbio paradossale se ne consideriamo le vicende narratevi nella trama da noi sinteticamente sotto espostavi per evitarvene spoiler ingrati:
Karsh, uomo di mezz’età spettralmente magrissimo e ossuto (Vincent Cassel, eccellente alla pari d’un ectoplasmatico magnete dalla cerea pelle umana bellamente sfuggente eppur seducente, concedeteci tal nostro svolazzo poetico), è un ricco architetto inventore d’una rivoluzionaria, al contempo disgustosa e mostruosa tecnologia all’avanguardia, capace di visualizzare e captare in tempo reale il processo nientepopodimeno che di decomposizione dei singoli cadaveri di uomini e donne oramai già seppelliti, per l’appunto, in modo prettamente cimiteriale, a sua volta da intendersi in senso totalmente letterale, nelle lor eternali bare sacramente inviolabili.
Perlomeno, apparentemente… Poiché, durante una nerissima notte misterica, qualche “pietra tombale” fu orrendamente profanata segretamente… Perfino la tomba della moglie di Karsh stesso, di nome Becca (una diafana, splendida Diane Kruger, Bastardi senza gloria), fu sconsacrata in modo sia orrifico che orripilante.
Chi ne fu l’abominevole artefice sacrilego? Karsh chiede assistenza al suo invasato amico complottista Maury (Guy Pearce, The Brutalist) e intanto, dopo anni trascorsi nell’esistenziale oscurità psicologica più raccapricciante e disumana, dopo l’angosciosa dipartita della superba sua consorte insostituibile, vien sedotto e piacevolmente avvinghiato dalla “tentacolare” donna cieca Soo-min Zabo (Sandrine Holt). Inoltre, non disdegnerà neppure la conturbante e timida sua cognata Terry (sempre Kruger) che altri non è invero che perfino Hunny.

Cosa funziona in The Shrouds
Abbiam forse già svelato troppo, dunque non intendiamo “sospendere a divinis” oltremodo ciò che s’annida, ermetico e perversamente morboso, in The Shrouds.
Il cui dedalico intreccio, malgrado i suoi filosofici, psicanalitici risvolti complessi, è in realtà molto scarno e non presenta, perlomeno di primo acchito, molte sorprese, nascoste a ben vedere nelle rabbrividenti intelaiature sottili d’una organza filmica distillataci con delicata, sensualissima eleganza impari da un Cronenberg crepuscolare, pulsante di vivida corporeità in senso figurato e non, assecondato da un cast di prim’ordine ove, oltre al già plaudito Cassel, rifulge abbacinante una Kruger in doppia veste (ancor perdonateci per il gioco di parole più che allusivo e chiarissimo) parecchio disinibita, superbamente svestita e irresistibilmente “mutilata”, la qual s’esibisce generosissimamente in stordenti nudità in abbondanza, elargendoci le sue scultoree grazie magnifiche senza lesinar in epidermide vellutatamente intonata alla raffinatezza stilistica d’un rinomato, superlativo film dall’andamento soporifero eppur, rimarchiamo, soventemente più incantevole della monumentale beltà armonica di Diane stessa.
La cui limpidezza, peraltro, espressiva, ivi allo zenit del suo incandescente fulgore e lattiginoso pallore emanante caliente calore veramente hot, e la sua attoriale bravura oramai indiscussa, combaciano specularmente in modo estatico alla sua magniloquenza fisica impressionante.
Fotografia acquosa, dapprima cupa poi “tenebroso-cremosa” di Douglas Koch che, in pittorica forma armoniosa e visionaria, gioca di luci e ombre, di sofisticate rifrangenze rarefatte e sobri riflessi cangianti, con l’illuminazione notturna e spesso artificiale d’una Toronto, in ogni senso, da brividi e dal magmatico, esoterico sapore horror, a sua volta intriso d’intimistiche, toccanti venature da insospettabile thriller erotico di classe.

Perché non guardare The Shrouds
Dispersivo, decisamente interminabile, eppur stimolante, con scialbe parentesi prolisse a non finire, francamente, a tratti molto noioso, persino estenuante nelle ripetute scene di sesso, ai limiti del ridicolo involontario, su cui scorrono, però in modo godibile, le nostre rimembranze di Crash, The Shrouds latita per quanto concerne i dialoghi, imbarazzanti in molti punti, in tal caso non sorretti e ben espressi da un banale doppiaggio italiano che eccede con intercalari pedissequi quali l’insistito “wow”, lungamente propostoci, reiterato a dismisura e assai stancante.
Però, stranamente, a dispetto della sua sciapita struttura narrativa poco ingegnosa e piatta, parimenti ai suoi protagonisti che paiono esser frequentemente in stato catalettico (spesso anche a letto, eh eh) di trance, inquieta mellifluamente, strega e avvince sottopelle e carezzevolmente in virtù della sua serpentesca, calda vaporosità languida e scintillante.
Come fosse l’eccitante coccola d’una suprema donna levigata nella venustà seducentemente più diabolica e gradualmente tentatrice d’una nera e al contempo abbagliante femme fatale capace di resuscitar ciò che in noi nel profondo giace silente ma non è né morto né per sempre dormiente.
Infine, annotazione personale: The Shrouds significa precisamente I sudari. Perché, oramai da tempo immemorabile, vige la cattiva abitudine di non tradurre, in modo semplicemente letterale, i titoli stranieri laddove sono tranquillamente traducibili, appioppandovi invece sottotitoli evocativi ma non coincidenti, se non a sommarie linee generali, alle tematiche sviluppate nelle rispettive pellicole distribuite?
Regia: David Cronenberg Con: Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt, Elizabeth Saunders, Jennifer Dale, Ingvar Eggert Sigurðsson, Al Sapienza, Eric Weinthal, Steve Switzman, Vieslav Krystyan, Victoria Fodor, Jill Niedoba Anno: 2024 Durata: 119 min. Paese: Canada, Francia Distribuzione: Europictures
Falò, scrittore geniale!