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Queer – Recensione del film di Luca Guadagnino con Daniel Craig in Concorso a Venezia 81

Queer – Recensione del film di Luca Guadagnino con Daniel Craig in Concorso a Venezia 81.

Dall’81.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, recensiamo l’atteso, dal sottoscritto purtroppo abbastanza disprezzato, Queer, firmato Luca Guadagnino (Chiamami col tuo nome, Bones and All). Film in Concorso, presentato il 3 settembre scorso, tratto dall’omonimo romanzo di William S. Burroughs, da noi edito col titolo Checca, per l’occasione sceneggiato da Justin Kuritzkes.

Queer, pellicola della durata, a nostro avviso eccessiva e poco omogenea, di 135’ sovrabbondanti e manieristici, dall’intreccio tanto esile quanto paradossalmente mal bilanciato e scombiccherato, è stata largamente applaudita sia alle proiezioni dedicate alla stampa che alla sua première consuetamente avvenuta in Sala Grande col pubblico pagante che gli ha elargito circa dieci minuti di scrosciante standing ovation, a nostro avviso, immeritata. In quanto, come avrete già facilmente evinto dalle righe soprastanti, Queer non soltanto non ci è piaciuto affatto, bensì lo reputiamo un disdicevole e imbarazzante passo falso nella carriera del sinora stimato Guadagnino.

Poiché, così come meglio esplicheremo nella nostra sottostante disamina, abbiamo notevolmente ravvisato, in tal pasticciato opus, ricolmo stomachevolmente di “tic” stilistici insulsi, oltre che un compiaciuto ed estetizzante vuoto filmico dei più inspiegabili, una totale mancanza di poetica cineastica e un uso esasperato, completamente fuori luogo, in colonna sonora, d’una playlist musicale decisamente poco attinente al contesto delle sovraccariche, smodate immagini caotiche da Guadagnino intarsiatevi baroccamente in maniera ipertrofica e proposteci in modo ripetitivamente prolisso e onestamente nauseante.

Trama, concisamente espostavi:

La vicenda si svolge negli anni quaranta in quel dell’afosa e assolata Città del Messico. Burroughs, qui chiamato semplicemente Lee (Daniel Craig), dopo esser fuggito da New Orleans, sopravvivendo a un mortale raid antidroga, alberga nella città suddetta, peraltro molto sudaticcia in ogni senso, all’interno di un’angusta abitazione ripiena di libri impolverati e nel disordine più spasmodico, bighellonando a tutt’andare in cerca di calde compagnie maschili e a caccia di giovani prede come lui omosessuali per “giochi d’adulti” che scaccino via la sua incombente, sempre più preoccupante, malinconica (in)dolenza inguaribile.

Smaltisce o s’illude di cancellare le sue delusioni esistenziali, affogandole continuamente nell’alcol e nella dissolutezza da scrittore maudit a mo’ dell’Henry Chinaski/Charles Bukowski incarnato da Mickey Rourke nello splendido, qui chiaramente “copiato”, per quanto ciò non sia esplicitamente e comprensibilmente dichiarato, specialmente nel suo incipit, Barfly ad opera di Barbet Schroeder. Una bella sera, sulle note dell’immarcescibile Come as You Are dei Nirvana (ricordiamo che Il pasto nudo fu il book preferito di Kurt Cobain e Gudagnino ve n’occhieggia per un facile ammiccamento scontato), Lee avvista Eugene Allerton (Drew Starkey), boy di grandi speranze assai avvenente, per il quale prova immediata attrazione fatalmente istantanea. Eugene forse è etero oppure no? Che cosa accadrà?

Cosa funziona in Queer

L’unica nota positiva del film è rappresentata dal fatto che sia stato magistralmente musicato dall’oramai affiatato e inseparabile duo Trent Reznor & Atticus Ross (The Killer), due indiscussi maestri che compiono un egregio lavoro sopraffino, mentre di contraltare la soundtrack, ripetiamo, è sbandata e modaiola, oscillando fra pezzi perfino folk, ballate melodiche ed eccentriche banalmente alternate al rock duro con l’aggiunta addirittura dell’incursione ridicola di Musicology del compianto Prince.

Per un potpourri maldestro di stereotipie a buon mercato e banalità a iosa. Cosicché, il complesso Burroughs è appiattito e svilito, deprivato della sua rilevante, ricchissima interiorità intellettuale e della sua stratificata (im)moralità profonda, così come risulta mortificata la novella Checca.

Agli occhi del superficiale Guadagnino, Burroughs diviene soltanto un’icona gay personalizzata a uso e consumo d’un personalissimo, egocentrico, adolescenziale sogno, or ahinoi concretizzatosi, di realizzarne una trasposizione ricavata dal succitato romanzo stesso di quest’ultimo, a sua volta trasformato in un disperato debosciato alcolizzato e drogato, spogliato di qualsivoglia aura fervidamente romantica e palpitante di personalità unica.

Sebbene, assurdamente, Craig v’infonda sentita partecipazione emotiva e passionale talento recitativo smisurato assai lodabile, donando al suo personaggio vivida tenerezza a tratti toccante. Assecondato da un ottimo Starkey e da un bravo e simpatico Jason Schwartzman nei panni di Joe, grande amico di lunga data di Lee e d’infinite bevute goliardiche.

Perché non guardare Queer

Di Queer c’è pochissimo da ricordare e salvare. Inoltre, se la prima ora riesce talvolta, qua e là, malgrado sparutamente, ad osare, non solo per quanto concerne le scene di sesso davvero osé, concesseci senz’alcun risparmio, a tratti regalandoci sprazzi affascinanti, soprattutto di natura coreografica, per merito della superba ricostruzione di Città del Messico, ricreata perfettamente a Cinecittà, la seconda parte, ambientata in una sciamanica giungla per un’avventura à la Indiana Jones dei poveri alla ricerca non del Sacro Graal alla maniera dell’ultima crociata, bensì dell’oppiacea erba miracolosa Yage, mista ad una versione d’Apocalypse Now patinata e stucchevolmente leziosa, si rivela oltremodo sconcertante e indigesta. A poco vale la partecipazione di Lesley Manville nei panni della dottoressa Cotter.

Queer, per di più, eccede in simbolismi penosi e farseschi, squallidamente imitativi degli stilemi del grande David Lynch e dell’onirico, squisitamente delirante Alejandro Jodorowsky, franando infine rovinosamente in un finale “cupio dissolvi” tragicomico dei più irritanti.

Al cinema dal 17 Aprile con Lucky Red.

Regia: Luca Guadagnino Con: Daniel Craig, Drew Starkey, Lesley Manville, Jason Schwartzman, Henry Zaga, Omar Apollo, Andra Ursuta, Andrés Duprat, Ariel Schulman, Drew Droege, Colin Bates (II), Simon Rizzoni, Ford Leland, Ronia Ava, Radu Murarasu, Diego Benzoni, Francesco Lupo Sturani, David Lowery, Lisandro Alonso, Perla Ambrosini, Sean Cubito Anno: 2024 Durata: 135 min. Paese: Italia, USA Distribuzione: Lucky Red

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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