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Predator: Badlands – Cronache di un “eroe” sacrificabile e altre creature da brunch – Recensione

Predator: Badlands: Quando il predatore diventa anti-eroe high-tech e la saga si mitiga con mutanti da passeggio, tra ironia e remake Marvel-style.

🤖 Trama da buco nel cranio

Davvero, Genna? Il pianeta dei Predator pare la succursale di un supermercato intergalattico, dove si vendono mutanti e battute pronte come se piovesse. Io, Kwei, eh sì, proprio quello che si butta davanti alla lama del padre per salvare il fratellino da 48 ore di gloria predatoria, ho deciso di farmi fuori all’inizio: meglio morire con il mantello infangato che sorbirsi i titoli di testa in slow motion.

Se il mio sacrificio serve a dare a Dek (interpretato da un glabro Dimitrius Schuster-Koloamatangi, che divora lo schermo meglio dei suoi avversari) una trama tutta lacrime e orgoglio da piccolo Yautja, ben venga.

Accompagnato dalla cyborg Thia (Elle Fanning), sorella di sventure e bug di sistema, Dek parte alla ricerca del predatore supremo, e sorpresa!, trova la compagnia più disneyana di sempre, con bestiole talmente pucciose da essere scartabili con le offerte punti fidelity della Weyland-Yutani.

“Ricordati fratello, se vuoi essere il più forte… fatti scritturare per il sequel, non per la scena d’apertura”

– Kwei, sostituto emotivo di qualsiasi Arnold col fante.

🦾 Cosa funziona in Predator: Badlands – Tutorial per mutanti socializzati

Partiamo dagli effetti: l’accoppiata Studio Gillis e Weta Workshop vince il premio “Oscar al cosplay bestiale” per costumi e praticità.

La tuta di Dek è un patchwork di muscoli, dreadlocks e animazione digitale che fa sembrare il primo Predator un cosplay improvvisato a una sagra (ovviamente scherzo). Il vero show, però, lo ruba la lingua: finalmente il Yautja non è più il dialetto che si impara per infastidire Google Translate. L’inserimento del linguaggio costruito, sviluppato da Britton Watkins, eleva ogni ruggito a poesia e ogni insulto a mossa diplomatica.

La sceneggiatura, pur avendo la tensione di una grigliata in parrocchia, regala momenti meta-ironia sulla virilità da palestra tipica della saga: “Se non sanguini al primo atto, ti promuovono a mascotte”, diceva un tempo il vecchio Dutch. E il film si ricorda con affetto che Predator, sotto la corazza, ha sempre avuto il cuore di parmigiana e la battuta pronta, come in una cupcake Marvel massacrata da troppo zucchero.

Dek e Thia funzionano come una strana coppia che sembra scappata da The Mandalorian, capaci di passare dalla caccia ultraviolenta ai siparietti alla Guardiani della Galassia. Scommetto cinque artigli Yautja che il fandom farà le magliette “Dek e Thia 4ever”.

“Un Predator si vede dal polso, non dal plasma”

– Thia, nelle pause firmware.

🙄 Perché NON guardare Predator: Badlands – Guida galattica all’allergia da zucchero

Qui i puristi storceranno la doppia mascella. Il sangue scorre ma tra le risate. L’approccio marvelizzato e i Predator “pet therapy” potrebbero far infuriare chi vuole solo tagliateste e insondabile oscurità. La violenza cartoon cede il passo a battute lampo e creature da passeggiata allo zoo, con una morale che sembra scritta da un coach motivazionale.

Se per voi Predator è sprezzo del pericolo e machismo che ride della propria idiozia, questo film sarà come vedere il vostro eroe preferito fare TikTok con uno Xenomorfo. Qui cambiano le regole, mutano i volti, e perfino la morte del sottoscritto, il povero Kwei, serve a ribadire la nuova rotta: “si può sopravvivere anche senza esplodere un solo umano”.

“Siamo quello che cacciamo, ma anche quello che ordiniamo su Amazon Yautja”

– citazione rimasta sul pavimento della sala montaggio.

👏 Conclusioni – “Se questa è la selezione naturale, fatemi vedere la versione Director’s Cut”

Predator: Badlands è il sequel che non ti aspetti, pronto a far saltare schemi e mandare in crisi chi si aggrappa al passato più del visore notturno di un colonnello americano degli ’80. La pellicola applaude alla propria audacia, cotonando l’ironia fino al soft jazz, e regala una sorpresa: l’universo Predator sa ancora reinventarsi, anche se nel farlo rischia di sembrare un cugino di Guardiani della Galassia in vacanza su Pandora.

Se amate le mutazioni, ora potete guardare Badlands senza rimpianti, e magari scoprire che sotto il casco batte ancora un cuore predatorio ma tendente al pop.

“Tieni duro fratello, la proiezione è breve e c’è pure la scena post-credit.”

– Kwei, sostituto emotivo di qualsiasi Arnold col fante.

🧰 Box – “Saga Predator: non chiamatela lista della spesa”

L’universo di Predator, con capitoli e spin-off spesso più confusi di un regolamento per la caccia alle uova di Pasqua Yautja, si allarga tra grandi eccessi e gioiose trashate. Dal finto machismo grezzo dell’originale Predator, vero monumento all’autoparodia testosteronica dove i muscoli fanno il caffè e il cervello la comparsa, si passa al caos crossover di Alien vs. Predator e Predator 2, dove le sottotrame sono come i denti di uno Xenomorfo: troppi per contarli e spesso usati male.

The Predator di Shane Black fa il verso alle buddy comedy degli anni ’90, mentre l’ottima variazione Prey regala finalmente una cacciatrice forte e silenziosa, ribaltando la solita zuppa di proiettili e battutacce. I videogiochi? Se amate collezionare trofei virtuali, fatevi avanti: il multiplayer ha più gente invisibile che nel bonus di Predator: Badlands.

Il nuovo Badlands si inserisce in questa giostra come l’amico che porta dolci vegan alla sagra della porchetta: diverso, inaspettato e sorprendentemente memorabile.

Ricordate che spesso la famiglia è quella che ti crei non quella dove nasci.

Il film è al cinema dal 6 novembre con Disney.

Regia: Dan Trachtenberg Cast: Elle Fanning, Dimitrius Schuster-Koloamatangi Anno: 2025 Durata: 107 min. Paese: Stati Uniti Distribuzione: The Walt Disney Company Italia

About Davide Belardo

Editor director, ideatore e creatore del progetto Darumaview.it da più di 20 anni vive il cinema come una malattia incurabile, videogiocatore incallito ed ex redattore della rivista cartacea Evolution Magazine, ascolta la musica del diavolo ma non beve sangue di vergine.

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