Mio padre è un sicario – Nicolas Cage al top del suo istrionismo audace da Rambo dei poveri.
Oggi recuperiamo un film totalmente strampalato, senza capo né coda, da molti completamente ignorato, quasi “oscurato” e invece, tutto sommato, come spiegheremo più avanti nella nostra disamina, piacevole, distribuito negli Stati Uniti nel 2023 direttamente in home video e da un paio di mesi anche da noi fruibile su Amazon Prime & in contemporanea su Netflix.
Ovverosia Mio padre è un sicario, titolo da noi appioppato di sana pianta e “traduzione” decisamente non letterale, curiosa e mutuata dalla prima all’ultima lettera da quello originale, The Retirement Plan.

Stavolta, sebbene siamo dei puristi, dobbiamo ammettere che Mio padre è un sicario è un’ottima scelta e forse risulta perfino assurdamente più pertinente per farci comprendere immediatamente il tono scanzonato e da scombiccherata commedia mischiata all’action da b movie senz’alcuna pretesa di tal pellicola, ripetiamo, godibile, che gli americani definirebbero un imperdibile guilty pleasure. Opus di cento minuti circa scritto e diretto da Tim J. Brown, eccone molto sinteticamente la trama:
Ashley (la bella ed esuberante Ashley Michele Greene, ivi accreditata dunque per intero di suo reale nome all’anagrafe) e la figlioletta Sarah (Thalia Campbell) volano in quel delle balneari, caotiche ed esotiche, caldissime Isole Cayman poiché l’uomo di Ashley, di nome (Jordan Johnson-Hinds) Jimmy, s’è cacciato in un casino tremendo e brutto pasticciaccio per colpa d’aver rubato una preziosissima chiavetta USB al suo capo, lo spietato Donnie (Jackie Earle Haley, Shutter Island).
Per recuperarla, invia due dei suoi scagnozzi più fidati e agguerriti, vale a dire il Generale (Ronnie James Hughes) & Bobo (Ron Perlman, Il nome della rosa) a loro volta, alla volta, perdonate il voluto e cacofonico gioco di parole brioso, delle zone insulari e annessi atolli suddetti.
Ove vive, in miserevoli condizioni precarie da semi barbone, l’attempato, pensionato ma non del tutto ancor rimbambito, anzi tutt’altro, Matt (Nicolas Cage, Omicidio in diretta). Il quale, malgrado la sua fisica trascuratezza e la profonda, economica indigenza in cui versa, al fine di proteggere i suoi cari, venderà, come si suol dire, cara la pelle e, tirando fuori metaforicamente gli artigli, riacciufferà la grinta apparentemente arrugginitasi e perduta dei tempi d’oro quando lavorava, giustappunto come infallibile assassino su commissione, per il governo del suo Paese.
Fra scazzottate, rinforzi agli ordini del temibile Donnie, anch’egli sopraggiunto sul posto, corse a perdifiato, pugni e inseguimenti rocamboleschi, fra equivoci e il sussultante saltellar di corpi, colpi di pistola e degli stessi sempre più movimentati eventi, come finirà? Chi la spunterà in tal frenetica e perfino farsesca lotta senz’esclusione di colpi imperterrita? Nel mezzo della sporca faccenda, entra in gioco anche la violenta leader criminosa Hector (Grace Byers/Gealey), donna sexy dal fascino killer.

Cosa funziona in Mio padre è un sicario
Esplicitamente “stupido”, inverosimile dall’inizio alla fine con un Nic Cage in grande spolvero che rispolvera, in senso finanche parodistico, alcuni suoi celebri ruoli da esilarante duro autoironico, quali il suo Cameron Poe di Con Air, quivi in versione rambistica à la John Wick ante litteram mischiato e sardonicamente modulato alle sue performance più flamboyant, il quale, pur muovendosi talvolta con indubbia e ridicola goffaggine che poco si confà al personaggio “invincibile” assegnatogli, dimostra nuovamente la propria mirabile eccentricità a suo modo impari e degna della sua poliedrica mutevolezza sconvolgente, nel bene e nel male, sia ben inteso.
Perlman, con professionalità da lupo di mare della recitazione in sordina, sfodera ghigni alternati a battute d’antologia, rivelandosi il migliore del ricco parterre. Assolutamente impagabile, soprattutto, in alcune scene e nei giocosi siparietti in cui, a dispetto delle apparenze del suo “cattivo” personaggio stolido e ignorante come una capra, all’improvviso cita, da letterato e uomo di gran cultura mirabile, Shakespeare e il suo immortale Otello, andando a parare pur su Oliver Twist. Un Perlman che vale grandiosamente, insomma, la visione appieno.
Fotografia pregevole, sebbene artigianale, del veterano ed ex cinematographer preferito di David Cronenberg (The Shrouds, La zona morta, Scanners), Mark Irwin, “autore” delle luci di Nightmare – Nuovo incubo ma non, guarda caso, del brutto reboot del Nightmare stesso con Haley.

Perché non guardare Mio padre è un sicario
È una dichiarata, alquanto evidente scempiaggine che non si prende sul serio per sua stessa natura buffonesca ma, nella sua sciocca stravaganza metaforicamente pindarica, ripetiamo, è altresì, paradossalmente, un bijou di rara bellezza/bruttezza in virtù o a causa, dipende dai gusti e punti di vista, della sua ostentata, irrefrenabile idiozia sterminata.
Non sappiamo se ciò possa essere un pregio, naturalmente, e noi stessi siam “irridenti” parimenti a tal pochade incredibilmente imbevibile, perciò, se volete financo gustosissima e apprezzabile.
Il film è disponibile sulle maggiori piattaforme digitali e in Home Video con Eagle Pictures.
Regia: Tim Brown Con: Nicolas Cage, Ashley Greene, Thalia Campbell, Ron Perlman, Jackie Earle Haley, Ernie Hudson, Grace Byers, Lynn Whitfield Durata: 103 min. Paese: Canada Distribuzione: Eagle Pictures