Maria – Recensione del biopic su Callas di Pablo Larraín con Angelina Jolie in Concorso a Venezia 81
Dall’81.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, recensiamo l’ultimo opus di Pablo Larraín, ovverosia Maria, ritornato nuovamente in laguna, dopo tutti gli altri suoi recenti film presentati alle scorse, rispettive edizioni del prestigioso festival suddetto, ovvero Jackie, Ema, Spencer, El Conde.
Dopo i succitati biopic su Jacqueline Kennedy e Lady D., Larraín ancor una volta realizza una pellicola biografica incentrata sulla leggendaria cantante lirica Maria Callas, incarnata da un’Angelina Jolie bravissima e carismatica, sebbene forse non eccelsa e appieno convincente, così come seguentemente e meglio esplicheremo.
Sceneggiato da Steven Knight (La promessa dell’assassino, Piccoli affari sporchi), Maria dura centoventiquattro minuti altamente melodrammatici e intrisi d’immagini fortemente evocative però ai limiti del manierismo, ahinoi, più arido e non poco negativamente agganciato al suo sguardo cineastico da gelido esteta oramai inestinguibilmente e in maniera irreversibile decisamente “perso” nel suo discutibile compiacimento “arty” e non artistico.
Trama, sommariamente delineatavi per non rivelarvi troppo:
Corre l’anno ‘77 in quel di Parigi, la francese capitale ove Maria Callas, dopo essersi mestamente ritirata dalle scene del palcoscenico mondiale, fatidicamente morì nella sua lussuosa casa, in quanto, già affetta dalla debilitante Sindrome di Ehlers-Danlos, tragicamente e prematuramente esalò l’ultimo respiro fatale a causa d’un improvviso attacco cardiaco, dovuto all’abuso di psicofarmaci e al suo spaventoso, progressivo dimagrimento e deterioramento non solo fisico.
Il film parte con uno struggente incipit in cui assistiamo al cadavere di Callas riverso inerte nella sala della sua abitazione, attorniato dai medici accorsi oramai inutilmente per soccorrerla e soprattutto osservato tristemente dai suoi ultimi due fidi amici e domestici, il maggiordomo Ferruccio Mezzadri (Pierfrancesco Favino, Comandante) e la cameriera e cuoca Bruna Lupoli (Alba Rohrwacher, Tre piani).
Al che, con un repentino salto cronologico, la vicenda si sposta temporalmente a una settimana prima in cui Callas accolse in casa il giornalista Mandrax (Kodi Smit-McPhee, Il potere del cane), sottoponendosi a un’intervista postale cortesemente da quest’ultimo, riguardante la sua carriera, visivamente espostaci nei suoi tratti più salienti e talvolta commoventi.
Callas accompagna poi Mandrax, attraverso un lieve peregrinare per le vie più suggestive e i monumenti più emblematici di Parigi, in un viaggio specialmente esistenziale, eviscerandogli i suoi momenti, financo prettamente professionali, oltre che sentimentali, più importanti e personali. Assieme a lei, attraverso flashback continui, alcuni in B/N lucente e incantevole, immaginifico, poeticamente sognante e nostalgico, ripercorriamo il suo excursus, appassionatamente rivivendo il suo matrimonio “malvisto” dai benpensanti con l’uomo più ricco del mondo dell’epoca, il conterraneo Aristotle Onassis (Haluk Bilginer), famoso armatore greco e suo “eterno amatore”.
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Cosa funziona in Maria
Visivamente maestoso, magniloquente tecnicamente (fotografia di Edward Lachman), ottimamente recitato (Jolie è sovente superba ma troppo enfatica e, nelle scene di canto, è quasi integralmente “doppiata” dalla vera voce di Callas mischiata artificialmente alla sua) da tutto il cast, in cui fanno anche capolino e brevemente appaiono Valeria Golino nei panni della “misconosciuta” sorella Yakinthī e John Fitzgerald Kennedy, incarnato per l’ennesima volta, non soltanto dopo Jackie e Blonde di Andrew Dominik, da Caspar Phillipson, oramai ingratamente e unicamente designato per interpretare, giustappunto, colui che viene solo denominato come Il Presidente, Maria è un film che, a dispetto del suo impianto romantico, anche in senso figurato e puramente cinematografico, paradossalmente non riesce davvero a emozionare, malgrado alcuni frangenti sinceramente potenti.
Larraín ha però il pregio di asciugare la retorica, eccezion fatta per il finale, questo sì, ridondantemente glorificante oltremodo il tutto, giostrandosi con garbo e sottile delicatezza anche laddove si poteva correre il rischio dell’agiografia più sterile e epocrita in forma romanzata.

Perché non guardare Maria
Maria, nonostante l’assoluta perfezione formale, ripetiamo, perfino eccessiva, l’eleganza grandiosa delle roboanti e fulgenti immagini distillateci in tal flusso di coscienza “caleidoscopico”, poco avvince e raramente al cuore colpisce, rimanendo un algido esercizio di stile fine a sé stesso, magnificamente bello a vedersi ma non emozionante. Peccato.
Al cinema dal 1 Gennaio 2025 con 01 Distribution.
Regia: Pablo Larraín Con: Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Haluk Bilginer, Kodi Smit-McPhee, Valeria Golino, Jeremy Wheeler, Rebecka Johnston, Toma Hrisztov, Stephen Ashfield, Alessandro Bressanello, Philipp Droste, Marcell Lengyel, Kay Madsen Anno: 2024 Durata: 123 min. Paese: Germania, USA, Emirati Arabi Uniti, Italia Distribuzione: 01 Distribution
Ottima recensione per un film ben interpretato!