La Ragazza di Ghiaccio: Veerle Baetens dirige un viaggio nel dolore e nella memoria. Un film che graffia, gela e poi brucia.
Siamo a Bovenmeer, un piccolo villaggio delle Fiandre, luogo che Eva (Charlotte De Bruyne) ha lasciato nel tentativo di allontanarsi da un’infanzia che non era stata rifugio ma ferita aperta. Vive oggi con la sorella e lavora come assistente di un fotografo, protetta da un’apparente quiete. Quando la sorella le comunica che andrà via di casa, Eva si proietta da sola, scivolando in uno sconforto che riattiva ciò che aveva provato a dimenticare.
La notizia di una reunion con i vecchi amici del villaggio arriva proprio in questo momento fragile, e la combinazione di solitudine e nostalgia forzata la spinge a riaprire un passato che aveva solo nascosto in un angolo di sé. Nei ricordi riaffiorano i giorni dell’adolescenza, segnati da un’estate crudele, da giochi violenti con Tim e Laurens (Anthony Vyt e Matthijs Meertens), e dal silenzio complice degli adulti. Un tempo che continua a vivere dentro di lui come un blocco di ghiaccio che non si è mai sciolto.

Cosa funziona in La ragazza di ghiaccio
Funziona innanzitutto il cuore stesso del film: quel doppio movimento tra combustione adolescenziale e pietrificazione adulta che Veerle Baetens mette in scena con rigore emotivo. Eva non ha mai elaborato davvero ciò che ha vissuto; lo ha compresso dentro di sé, congelato. Il film racconta proprio ciò che succede dopo una ferita, quando la crescita non è stata un percorso ma un campo di battaglia, e questo dà alla storia una potenza rara.
Funziona la scelta autoriale di affrontare la violenza senza allusioni né attenuanti: Baetens non addolcisce, non suggerisce, mostra. La crudeltà appare nella sua verità, nella sua interezza, e lo spettatore è costretto a guardarla in faccia. Questa onestà spietata rende la visione intensa, a tratti dolorosa, ma anche necessaria.
La fotografia (Frederic Van Zandycke), che diventa quasi un personaggio: luci naturali e lattiginose, inquadrature statiche che sembrano trattenere il respiro, paesaggi fiamminghi che si trasformano in luoghi della memoria. Ogni immagine pesa e pulsa, amplificando ciò che i personaggi non dicono.
Potentemente convincente il duo di interpreti scelto per dare corpo a Eva nelle due età: Charlotte De Bruyne e la giovanissima Rosa Marchant. La loro somiglianza è così sorprendente, così meticolosamente calibrata, da sembrare frutto di un intervento digitale: lo stesso sguardo abbassato, la stessa vulnerabilità trattenuta, la stessa fragilità che attraversa il tempo come una ferita aperta. La piccola attrice ha un’intensità rara, quasi magnetica, capace di sostenere i momenti più duri con grazia e autenticità.

Perchè non guardare La ragazza di ghiaccio
Ciò che può risultare difficile non è un errore, ma una scelta: alcune scene sono mostrate in tutta la loro crudezza. La violenza, soprattutto quando colpisce l’innocenza, può diventare quasi insopportabile e personalmente avrei preferito una regia che, in alcuni passaggi, suggerisse invece di esporre così apertamente.
CONCLUSIONE
La ragazza di ghiaccio è un film che non si limita a raccontare il trauma: lo abita, lo ascolta, lo trasforma in un silenzio che pesa più delle parole. È un’opera che lascia feriti e, proprio per questo, necessari. Baetens firma un debutto che interroga la memoria, la colpa e la responsabilità collettiva, costruendo un film difficile da raccomandare ma impossibile da dimenticare.
Un adattamento basato sul romanzo di Lize Spit “Si scioglie” (edito da E/O nel 2017) che rifiuta ogni retorica e si pone come una voce importante nel dibattito sulla violenza di genere. La ragazza di ghiaccio ha vinto due premi al Sundance Film Festival.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è al cinema il 24, 25 e 26 Novembre 2025 come Evento Speciale per Teodora Film.
Regia: Veerle Baetens Cast Principale: Charlotte De Bruyne, Rosa Marchant, Sebastien Dewaele Anno: 2023 Durata: 111 min. Paese: Belgio / Paesi Bassi Distribuzione: Teodora Film
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