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Havoc – Una furibonda vendetta incrociata e fatale – Recensione del film con Tom Hardy e Forest Whitaker

Havoc: Una spettrale, tentacolare e spettacolare Chinatown esplode pazzamente fra vendette turbinose, fatali triadi e un massiccio un detective à la Blade Runner

È uscito da circa un mese su Netflix il nuovo spettacoloso e adrenalinico, a nostro avviso fenomenale solamente nella prima parte, opus scritto e diretto dal talentuoso eppur altalenante Gareth Evans (The Raid).

Passato, purtroppo, abbastanza inosservato e invece da noi, ribadiamo, abbastanza piaciuto sebbene ne enunceremo, come consuetudine, anche alcune visibili imperfezioni che, comunque, non ne hanno più di tanto corroso la sua qualitativa compattezza, tantomeno scalfito la sua pregevolezza, specialmente stilistica. Ora, con ponderatezza e sangue freddo, dunque lo disamineremo nelle prossime righe, augurandoci di farne giustizia…

Havoc dura un’ora e quarantasette minuti incendiari. Dall’incipit cupo e misterioso in cui si s’imprime e staglia la detonante, ieratica e flemmatica voce rocciosa del suo protagonista coriaceo (del quale meglio ovviamente vi diremo prossimamente), sin alla sua magnifica ma tardiva, negli arzigogolati e caricati sviluppi prolissi, fine svelante l’arcano, nel suo dedalico rebus narrativo, incastonatone e giustappunto soltanto inizialmente, cripticamente accennato, veniamo immersi in crepuscolari atmosfere plumbee fortemente tetre e piovose, sottilmente notturne d’una glaciale New York alla vigilia di Natale di un anno indeterminato.

Quasi distopica e allucinante, evocante entrambi gli scottiani Blade Runner & Black Rain, quest’ultimo per di più ricalcato dal regista di The Last Duel sul suo epocale capostipite antesignano da lui stesso concepito e dunque poi reinventato a metà degli eighties.

Con una veloce accelerata e sterzata burrascosa, dopo i fluorescenti, lapidari titoli di testa “inesistenti”, invero contenenti solamente il font ad hoc del titolo dell’opera cinematografica in questione, siam catapultati nel rutilante ribollio eruttivo ed emotivo, metaforicamente intendendo, e pandemonio visivo ammaliante d’un forsennato inseguimento automobilistico girato magistralmente e micidialmente sanguinolento.

Ecco allor che di nuovo, stavolta però più nitidamente e vivamente in azione, entra energicamente portentoso ed appare il grinzoso volto del detective della Omicidi di nome Patrick Walker, incarnato dal solito perfetto Tom Hardy (Mad Max: Fury Road, The Bikeriders).

Consuetamente aspro nella sua recitazione feroce e minimale, nervosa e con echi emulativi del Marlon Brando giovanile più istintivo e naturale, indossante i “panni” d’un uomo consunto nell’animo eppur non ancor vinto dentro, “macilento” nel suo cuor escoriato, da tante ferite esistenziali segnato eppur allo stesso tempo combattivamente indomito e indomato. Selvaggio, secco man in cerca di catartica redenzione in una Big Apple ove un’uccisione terribile ai danni del capo d’un giovane narcotrafficante ed ex leader principesco d’una oscura gang cinese sta scatenando vendicative reazioni a catena all’apparenza implacabili e sempre più tragicamente letali.

Ma procediamo con calma, ricapitoliamo e sia più pacatamente che in maniera concisamente rapida, enunciamovi la trama nei suoi tratti più salienti, evitandovi opportunamente spoiler disdicevoli e inadeguati:

Charlie (Justin Cornwell), Johnny (Xelia Mendes-Jones), Mia (Quelin Sepulveda) e Wes (Jim Caesar) sono quattro ladri balordi che, dopo esser stati vanamente inseguiti per le strade infuocate dalle poliziesche pattuglie antidroga, dopo il grave ferimento dell’agente Cortez (Serhat Metin), rimasto in fin di vita e ricoverato d’urgenza in rianimazione, consegnano la refurtiva di cocaina al malavitoso boss Tsui (Jeremy Ang Jones), appartenente alla triade del luogo.

Che viene barbaramente ucciso, assieme a molti suoi sgherri e prostitute d’alto bordo, chissà per quale ragione apparentemente inspiegabile, nientepopodimeno che dallo stesso Charlie. Charlie è figlio d’un ricchissimo magnate locale, il nababbo agente immobiliare corrotto Lawrence Beaumont (Forest Whitaker, Freelancers). Candidatosi peraltro a sindaco cittadino e attualmente in netto vantaggio rispetto ai diretti concorrenti, interamente sfavoriti politici antagonisti. Beaumont salvò la carriera al succitato Walker (Hardy), il quale a sua volta estirpò il debito di riconoscenza nei riguardi di Beaumont, forse però sol parzialmente. Walker sta or indagando in merito all’efferata strage perpetrata a danno di Tsui & company.

ùNel frattempo, per la cerimonia funebre del suo amatissimo figlio gangster, è sopraggiunta nella metropoli newyorkese la spietata Madre (Yeo Yann Yann). Sanguinaria e in cerca d’atroce revenge impietosa.

Inoltre, nella faccenda sporca ecco che fan capolino lo sbirro intrallazzatore e forse poco pulito Vincent (Timothy Olyphant), l’ambiguo Raul (Luis Guzmán, Carlito’s Way, Ubriaco d’amore) ma soprattutto la risoluta e probabilmente risolutiva, nuova partner lavorativa di Walker, ovverosia Ellie (Jessie Mei Li). Chi la spunterà in tal faida di doppiogiochisti sotto ogni punto di vista affaristi e non propriamente, eticamente integerrimi? Il reale uccisore di Tsui fu veramente Charlie?

Cosa funziona in Havoc

Il tutto è già visto e rivisto, nulla dunque di particolarmente originale, tantomeno trascendentale vien mostrato in Havoc? Certo, altresì è recitato in modo impeccabile, diretto da Evans senza fronzoli, tranne qualche manieristico svolazzo estetizzante di troppo, ed è robustamente sorretto da un Hardy che giganteggia di carisma da vendere senza neppur strafare platealmente. Infatti, recita con la sordina di “pilota automatico” ma il suo stile è talmente collaudato da non risultarci né scontato né banale, semplicemente, grandiosamente personale.

Oppure, dipende dai punti di vista, identico al suo mood monotono. Scenografie eccelse e strepitose sequenze action visionariamente coreografiche e coinvolgenti. Acquosa e superba fotografia di Matt Flannery.

Perché non guardare Havoc

Havoc ha però imperdonabili difetti rimarchevoli. L’ultima mezz’ora è insostenibilmente prevedibile ed enfatica, tirata estremamente per le lunghe, a iosa reiterata stomachevolmente, l’uso della violenza, sovente in funzione, sì, fumettistica e alla John Wick ma al contempo pacchiana, è vistosamente compiaciuto. E, per quanto ben realizzato, confezionato esteticamente in modo lussuoso, scorre fluidamente ma non emoziona assolutamente.

Rimanendo un mero e freddissimo esercizio di stile con notevoli momenti e squarci interessanti nel suo primo segmento che pian piano s’afflosciano in una sequela interminabile, prolissa di scene di combattimento estenuanti e poco avvincenti. Telecomandate e quanto mai scialbe. Peccato perché prometteva benissimo.

Regia: Gareth Evans Con: Tom Hardy, Forest Whitaker, Timothy Olyphant, Justin Cornwell, Jessie Mei Li, Luis Guzmán Anno: 2024 Durata: 110 min. Paese: Regno Unito, Stati Uniti Distribuzione: Netflix

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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