Escape: Il film d’apertura del Florence Korean Film Fest 2025 è una corsa disperata verso l’umanità. Un viaggio tragico, ma anche ironico, raccontato con gli occhi di chi ha barattato una gabbia d’oro con un precipizio di incertezze.
Trama secondo me, il disertore fallito ma felice:
Mi chiamo rimasto-senza-nome (perché non conviene svelare la mia identità). Ex soldato modello dell’esercito nordcoreano. Ero l’uomo che gli altri dovevano diventare. Ordinato. Leale. Senza sogni. Un ingranaggio perfetto nella grande macchina dell’obbedienza. Ma un giorno, mentre lucidavo le mie scarpe di ordinanza, mi è sorto un dubbio: “E se la libertà fosse meglio del rancio del mercoledì?”
Escape non è solo un film, è la cronaca di una discesa verso l’inferno… per cercare il paradiso. Una fuga che comincia tra sabbia e spine, si trasforma in un gioco del gatto e del topo, e finisce con un pugno nello stomaco. O due. O venti. Spoiler: correre fa male ai piedi, ma mentire a se stessi fa più male ancora.

Cosa funziona in Escape
La regia di Lee Jong-pil è chirurgica come una confessione forzata a Pyongyang: taglia netto, ritmo serrato, ma sempre con uno sguardo empatico.
Lee Je-hoon, nei miei panni, non recita: è la fuga. Ha negli occhi la fame, il fango e quel lampo di speranza che neanche i comizi più urlati possono spegnere.
L’ironia nera: il film ride dell’assurdo, ma lo fa con un rispetto profondo. Non è satira. È il diario disperato di un’anima che preferisce sbagliare da sola che vivere correttamente sotto dettatura.
Le musiche sembrano composte da qualcuno che ha pianto leggendo la sceneggiatura. Giuste. Silenziose. A tratti urlanti.

Perché non guardare Escape (ma chi se ne frega):
La narrazione non è lineare. E allora? Anche la mia vita non lo è più. Un giorno eri eroe del popolo, il giorno dopo ti ritrovi con una pallottola che ti sibila vicino all’orecchio.
Alcuni spettatori potrebbero non cogliere l’ironia. Ma d’altronde, se non hai mai dovuto sorridere durante un interrogatorio, non puoi capire certi umorismi.
Il mio commento da protagonista (e testimone diretto):
Non ho corso per sopravvivere. Ho corso per morire da uomo libero, se necessario. Escape è questo: la voglia matta di fallire da soli, piuttosto che riuscire secondo il copione scritto da altri. Come quando da bambino sognavo di fare il cantante… ma mi hanno dato un fucile invece di un microfono.
La presentazione al Florence Korean Film Fest 2025?
Escape non è solo un film coreano. È un atto di ribellione silenziosa. Una lettera lanciata oltre il confine. Un diario dalla parte sbagliata della Storia. E noi, in quella sala di Firenze, siamo diventati complici e spettatori di qualcosa che è insieme fuga, confessione e poesia.
Conclusione:
Escape è come un comizio in mutande davanti al leader supremo: una follia totale, ma di quelle che fanno bene all’anima. È il racconto di chi ha preferito perdere tutto piuttosto che vivere una vita già scritta. Un film che ti fa ridere con le lacrime agli occhi, e piangere con un sorriso sulle labbra.
Come dicono da noi al nord (quello sbagliato):
“Anche un cane in fuga sogna un prato. Ma intanto corre.”
Presentato al Florence Korean Film Fest 2025 non ha ancora una distribuzione in Italia.
Regia: Lee Jong-pil Con: Lee Je-hoon, Koo Kyo-hwan, Hong Xa-bin Anno: 2024 Durata: 94 minuti Paese: Corea del Sud Distribuzione: Plus M Entertainment in Patria