Città d’asfalto – Recensione del film con Sean Penn e Tye Sheridan al cinema dal 23 gennaio con Vertice 360 Italia.
Oggi, abbiamo il piacere di recensirvi il potente, bellamente ruvido e irruento, volutamente grezzo, Città d’asfalto, firmato Jean-Stéphane Sauvaire, qui al suo opus numero 4, presentato in Concorso al 76° Festival di Cannes, col titolo Black Flies, di due anni or sono, ove ricevette affrettate opinioni non propriamente favorevoli che ci trovano perfettamente in disaccordo, come enunceremo nella nostra disamina a seguire, riscontrando per di più enormi difficoltà distributive in patria ove fu presentato col definitivo Asphalt City, da noi tradotto letteralmente.
Città d’asfalto è un coriaceo, convulso e virulento thriller e dramma metropolitano, a forti tinte sanguinolente e sanguigne in senso tout–court, senz’attimo di tregua e ad ambientazione pressoché quasi totalmente notturna, della netta durata scorrevole di 2h vincenti, emozionalmente fervide di pathos sussultante e adrenaliniche che, per atmosfere decadenti, toni ad alto tasso “testosteronico” e sofferta intensità pugnace, chiaramente evoca i furenti frame immaginifici di Al di là della vita del ’99, diretto da un sottovalutato, a nostro avviso invece magniloquente e furiosamente creativo, Martin Scorsese allo zenit del suo pindarico funambolismo più sperimentale.
Città d’asfalto è tratto, su sceneggiatura di Ryan King & Ben Mac Brown, dal romanzo ad opera di Shannon Burke, quivi trasposto e “ridotto” in immagini veloci dal sincopato montaggio frenetico.
Trama, concisamente accennatavi per non sciuparvene la visione:
Ollie Cross (Tye Sheridan, Joe, Il collezionista di carte) è un giovanissimo infermiere di New York in fase, potremmo dire, d’apprendistato lavorativo, anzi, rettifichiamo in maniera più esplicativa, sta svolgendo praticantato come paramedico, giustappunto, fra le torbide e pericolose strade specialmente di Hell’s Kitchen e affini quartieri sovente bazzicati da persone poco raccomandabili, malfamate e frequentemente in preda delle lor isteriche, incontrollabili rabbie e d’umani dolori, non soltanto fisici, ingestibili…
A istradare Ollie sulla “retta via” e il suddetto mestiere difficoltoso, umanamente complicato, è il navigato capitano, oltre che naturalmente guardia medica, grintoso di nome Gene Rutkovsky (un magnetico, rugoso Sean Penn meraviglioso in una delle sue recenti prove migliori e maggiormente ispirate). Avventure delle più svariate attenderanno i nostri due antieroi nelle folli nights interminabili, illuminate dai cristallini bagliori fluorescenti e cangianti nella rifrangenza d’accesi lampioni e sirene d’ambulanza squillanti più metaforicamente sfreccianti delle lor corse lungo le rischiose e sporche vie d’una entropica Big Apple sull’orlo del collasso emotivo e “cardiaco”.

Cosa funziona in Città d’asfalto
Fervido, esplosivo, con una trama “inesistente” che, paradossalmente, pur reggendo quasi del tutto sulle robuste prove recitative dei due suoi interpreti principali, anche produttori peraltro, procede per ficcanti intuizioni visive (fotografia abissale di David Ungaro) considerevoli, trovate sferzanti, molto appassionanti, parentesi addirittura ironicamente graffianti atte e messe in scena a stemperare la tensione che se ne respira dal primo all’ultimo minuto mozzafiato, e sprazzi folgoranti a base di pittoreschi scorci da incorniciare.
Sheridan assolve al suo compito attoriale con zelo e bravura professionali sempre più affinati ma, ripetiamo, è Sean Penn (Mystic River), invero ultimamente appannatosi, nuovamente a stupirci nel giganteggiare come nei suoi glory days d’attore di razza, regalandoci una performance memorabile, giocata sul suo cadente viso oramai spugnoso e raggrinzito, sui suoi bicipiti sempre muscolosi eppur smagriti, parimenti alla sua atletica magrezza felina, attraendoci con l’iridescente fascino, amabilmente insolente, al contempo sempiterno, dei suoi occhi stordenti e ambiguamente, sotto ogni punto di vista, seducenti.
A completare il ricco e ben assortito cast, perfetto e senz’alcuna sbavatura, addirittura nientepopodimeno che un assolutamente inedito Mike Tyson nei panni del colorito (non solo di colore, eh eh) comm. Burroughs, usato però in pochissime sequenze, dunque sprecato, e in funzione iconica, un ottimo e spiritato Michael C. Pitt (così accreditato, The Dreamers, Funny Games), oramai cresciuto tantissimo non solo anagraficamente, ovviamente, Kali Reis (True Detective 4 – Night Country) e, fra gli altri, la bella Katherine Waterston, quasi sempre nuda in scena e non ve ne spiegheremo però il perché, fin troppo relegata a un ruolo, giocando di parole, “spogliato” di qualsivoglia spessore psicologico, dunque sottoutilizzata in maniera imperdonabile.
Città d’asfalto, da non confondere ovviamente col famoso film in B/N Giungla d’asfalto di John Huston, è un film “già visto”, un film banale nel suo sviluppo e forse con un finale dalla morale ambigua, allo stesso tempo, pur non offrendoci a prima vista nulla di particolarmente trascendentale, vivamente emoziona, commuove ed è ricolmo di scene d’azione vigorose e così furibondamente eccentriche da esserci piaciuto veramente tanto.

Perché non guardare Città d’asfalto
Se proprio siam costretti a trovargli un difetto, potremmo dire, che forse andava scorciato, più rifinito nella parte centrale, caotica e soporifera talvolta, ma son difetti, questi enunciativi, veniali. È il classico esempio di “semplice” film puro senza fronzoli, scevro di qualsivoglia pretenziosità di matrice proterva. È stato però probabilmente un errore presentarlo in Concorso alla dettavi edizione della kermesse cannense poiché, pur possedendo i crismi della pellicola autoriale e velleità artistiche, peraltro pienamente centrate, non si prefisse nessun obiettivo che non andasse oltre il buon Cinema di genere.
Curiosità: all’inizio e alla fine, vien inquadrato lo skyline di Manhattan odierno, oramai deprivato delle Torri Gemelle che furono. Ovviamente, crollate in seguito al tragico attacco terroristico tristissimamente celebre dell’11 Settembre. Quest’episodio macabro e mondialmente indimenticabile vien citato in una scena particolarmente struggente e crepuscolare da Rutkovsky/Penn in riva al mare. Inoltre, Città d’asfalto, in un paio di momenti ci ha ricordato World Trade Center di Oliver Stone. Infine, la parte di Penn inizialmente fu pensata per Mel Gibson che dapprima accettò e poi di colpo, giustappunto, il progetto abbandonò.
Al cinema dal 23 Gennaio con Vertice 360 Italia.
Regia: Jean-Stéphane Sauvaire Con: Sean Penn, Tye Sheridan, Katherine Waterston, Michael Pitt, Mike Tyson, kali Reis, Anthony Ricciardi, Robert Oppel, Kareemeh Odeh, Raquel Nave, Onie Maceo Watlington, Alisa Mironova, Jagan Badvel, Charisse Matthews, Cathi Swett, Donna Glaesener, Jamie Cooper, Thomas Yu, Jagruti Deshmukh, Decater James, Ramon Aleman, Shelly Burrell, George W. Contreras, Gbenga Akinnagbe, Vincent Chan Anno: 2023 Durata: 125 min. Paese: USA Distribuzione: Vertice360