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Adolescence – Recensione della miniserie TV con Stephen Graham

Adolescence – Una raggelante discesa negli inferi del disagio giovanile.

Oggi, a distanza di circa un mese dalla sua distribuzione sulla piattaforma di streaming più famosa, per l’appunto, a livello planetario, ovvero Netflix, finalmente disamineremo l’acclamata e sconvolgente miniserie televisiva, in quattro puntate della durata cadauna di circa un’ora, intitolata Adolescence.

I suoi ideatori sono il duo formato da Jack Thorne & uno dei suoi interpreti principali, cioè Stephen Graham (The Irishman, Modì – Tre giorni sulle ali della follia), anche sceneggiatori. Adolescence è diretta integralmente dal primo episodio sin all’ultimo da Philip Barantini.

Il quale, per la messinscena dei singoli episodi, ha adottato perennemente piani sequenza (campo nel quale è specialista affinato e raffinato) diversificati dei più tecnicamente magistrali, inventivi e visivamente mirabolanti, al fine d’aumentar, concentrandosi sui volti, contriti, espressivi e sfumati dei vari interpreti, e sulle scene sovente girate con videocamera a mano a distanza assai ravvicinata, il senso generale di palpitante concitazione e tensione progressivamente crescente in modo spasmodico.

Adolescence ha riscontrato favori unanimemente entusiastici, ricevendo istantaneamente lodi sperticate dappertutto, incendiando le platee e mandando in brodo di giuggiole l’intellighenzia critica che n’è rimasta positivamente scioccata, plaudendone in maniera omogenea la potenza rivoluzionaria e la furente carica delle immagini associate alla tematica spinosa espostaci e sviluppatavi.

A dispetto invece dei pareri estremamente concordi nel celebrarla, a nostro avviso, con esagerata magnificazione affrettata, sebbene a noi sia piaciuta, pur con le dovute riserve, ammettiamolo e premettiamolo a scanso d’equivoci, valutandola con scrupolosa sottigliezza e oculatezza scevra da ogni condizionamento, non crediamo affatto rappresenti effettivamente il capolavoro da tutti decantato in modo così insindacabilmente globale. E, nelle righe a venire, enucleandola con cura, la scandaglieremo lucidamente, enunciandovi il nostro sincero pensiero a riguardo.

Sottolineando certamente i pregi, inequivocabilmente notevoli, altresì, ripetiamo, illustrandovene i difetti scortivi, soprattutto presenti a livello concettuale, e non poco addirittura rimarchevoli ravvisati, per quanto ciò possa apparire impopolare e provocatorio.

Trama, riassuntavi concisamente e non dettagliatavi per ogni episode (ci sembra infatti irrilevante compierne specifiche “sinossi” e in maniera pleonastica “scompaginarla”):

Nella fredda, plumbea mattinata dell’8 maggio 2024, in quel dell’Yorkshire, con un feroce raid, agli ordini dell’ispettore Luke Bascombe (Ashley Walters) e del sergente donna Misha Frank (Faye Marsay, eccellente e a suo modo bellissima), la polizia della contea suddetta, fa improvvisa irruzione nella casa della famiglia Miller. “Rapendo” il tredicenne Jamie (Owen Cooper), figlio dei coniugi Eddie (Graham) & Manda (Christine Tremarco) e fratello della quasi coetanea Lisa (Amélie Pease), trascinandolo coattamente alla centrale in quanto il ragazzo è accusato d’omicidio nei confronti d’una sua compagna di scuola, il cui cadavere mutilato è stato rinvenuto soltanto la sera prima nel parcheggio della limitrofa scuola cittadina. La teenager è stata barbaramente uccisa con sette coltellate efferate, senza pietà inflittele con crudeltà inimmaginabile.

Affidato a un tutore e sbattuto in cella, Jamie vien presto assistito, su approvazione genitoriale, dall’avvocato d’ufficio Paul Barlow (Mark Stanley).

Jamie è immantinente senza scampo in quanto le prove contro di lui sono schiaccianti. È lui indifendibilmente e senz’ombra di dubbio alcuno l’autore dell’irrefrenabile, scellerato crimine perpetrato ai danni dell’inerme vittima innocente pugnalata e crepata dissanguata. Colpita con violenza inaudita e ferina. Chi mai potrà scagionarlo dagli irrefutabili, tremendi fatti probatori che l’han inchiodato in modo atroce alla sua marcata, marchiante colpevolezza mostruosa? Ha una sola attenuante da “giocarsi”, vale a dire la sua età anagrafica.

Per quanto il suo gesto omicida sia terrificante, infatti, Jamie ha solamente tredici primavere, non dobbiamo scordarlo per nessuna ragione al mondo, è dunque troppo giovane per avere la vita già rovinata. In quel cruciale, fatidico momento cruentamente orripilante in cui effettuò l’uccisione, è stato sol colto da un raptus istintivamente dettatogli dall’incapacità d’intendere e volere?

Perciò, la sua esistenza è ancora salvabile oppure la durissima giustizia gli sarà immisericordiosa, irremovibilmente punitrice in maniera per lui irreversibilmente nefanda?

Esiste per Jamie uno spiraglio di salvezza possibile oppur al contrario, tristemente, la sua anima è in modo eternale dannata e stigmatizzata? La sua giovinezza è ancora, nonostante tutto, inviolabile e candida? La sua coscienza è già da sé stesso stata macchiata in modo permanentemente indelebile?  

Queste le inquietanti, rabbrividenti domande posteci e snocciolate, intimamente e implicitamente eppur al contempo chiaramente sbattuteci in faccia senz’inibizioni e/o pudori di sorta, in tal cruda serie tv dall’andamento vertiginoso, i cui secchi episodi, inanellatici esplosivamente con ritmo ipnotico, son diretti brillantemente dal valente Barantini. Nel penultimo episodio ecco che fa capolino la psicologa Briony Aniston (Erin Doherty)… Jamie è stato bullizzato e cosa significano, nel linguaggio contemporaneo, per i profani remoti da certe, potremmo dire, dinamiche comportamentali detonatesi di conseguenza, parole ermetiche come incel e manosfera?

Cosa funziona in Adolescence

La bravura eccelsa dell’enfant prodige Cooper è sensazionale, Graham (ah, stavamo per dimenticarcene, financo produttore primario assieme a nientepopodimeno che Brad Pitt) giganteggia e lascia senza fiato, tutto il cast non sbaglia un colpo e l’amalgama filmica risulta corposa, a prima vista, quindi, Adolescence par ineccepibile, interamente inattaccabile ed esente dalle benché più minime pecche eppur, malgrado l’afflato instillatovi, la perfezione formale che non smarrisce nessun tono, la direzione registica e le attoriali prove insormontabili, Adolescence, riagganciandoci quivi a quanto sopra accennatovi, non ci ha appieno convinti. Sottostante vi spiegheremo perché.

Perché non guardare Adolescence

Sempre più film e serie tv sono poco originalmente, per quanto lodabilmente, incentrate su vicende di detection delle più svariate forme, “prospettive” e genere, aventi a che vedere con scottanti, attualissime tematiche sociali e perlopiù appartenenti ai social, perdonate il voluto gioco di parole, ahinoi, sfociate in tragedie agghiaccianti per colpa dell’ingestibile, lievitante bullismo non solo informatico, a causa dell’insanabile malessere universale e inter-generazionale, d’un mondo indifferente al prossimo e, in tal caso (non solo giudiziario), incapace d’accorgersene, di captare, individuare anzitempo i primi, fortissimi eppur, giustappunto, turbamenti, gravi segnali d’allarme esponenziali che non solo i giovanissimi avvertono in modo oramai diffusosi a macchia d’olio sia inestinguibile che inestirpabile, radicalmente insito nelle pieghe tenebrose del lor animo all’apparenza insospettabile d’effettuar azioni terribili e poi glacialmente invece deflagrato come una micidiale macchina ad orologeria dalla brutalità sconvolgente.

Ora, al di là della pregevolezza stilistica di certe opere angosciose, che siano esse di qualsivoglia natura, di nera, mera fiction, più o meno basate su storie vere o fantasiosamente romanzate, inventate o di matrice documentaristica in “formato vérité”, illustrative in modo pedantemente “didattico-informativo” ai limiti del morboso e del maniacale più capzioso, è questo il punto d’arrivo (in)soddisfacente del Cinema e della televisione odierna?

Ovverosia prodotti audiovisivi, checché se ne dica, sempre innegabilmente d’intrattenimento, concepiti sostanzialmente e furbescamente per far “audience” ma mascherati da autoriale, fantomatica, espressa ed effusaci “visione” impegnata che, con la scusante di palesarsi come importanti ritratti radiografici della società, invero vivono di tal subliminali, poco sublimi, espedienti ricattatori, in fondo in fondo, lontani sia dalla settima arte, cinematografica o televisiva che sia (il confine, peraltro, fra questi due elementi s’è estinto e le differenze pressoché annullate nelle coincidenti identicità e/o labili analogie intrecciate fra loro confusamente), al solo scopo di far parlare di sé senza in realtà offrire una posizione in merito agli argomenti di volta in volta trattati, anziché viver d’uno sguardo personale potente e cristallino. Il grande Cinema, le grandi serie tv non sono, ci duole dirlo, queste.

Rivogliamo quegli splendidi registi personali che non soltanto sappiamo mettere in scena egregiamente le vicissitudini da lor filmate e “raccontino” perfettamente, chirurgicamente i fatti svoltisi per come (non) son andati, bensì se ne schierino moralmente e, per l’appunto, abbiano ed emanino, profondano profondamente, visceralmente, poeticamente, perfino politicamente, la lor essenza intellettuale che artisticamente davvero gridi la propria voce con furore stoico.

Non ce ne facciamo nulla, noi spettatori, dell’esposizione bellamente estetica se non c’è cineastica etica di un vero author, non ce ne facciamo niente del suscitar inerte clamore se manca, alla base, un’esigenza del cuore e della “critica” non nostra, bensì dei suoi rispettivi autori-sceneggiatori-ideatori. In poche parole, per concludere, non dobbiamo essere noi ad elucubrare su quel che vediamo con riflessivi pensieri a posteriori, dev’essere il regista non soltanto a suggerirceli, bensì a prenderne, ribadiamo, posizione netta e ricolma di sentita partecipazione autentica.

Noi, poi, possiamo solo condividerne oppure no la sua mentale, filmata concezione e “proiezione”. Tutto il resto son sterili considerazioni per psicologiche analisi spicciole da rotocalchi e trasmissioni futili. 

Disponibile dal 13 Marzo su Netflix.

Regia: Philip Barantini Con: Ashley Walters, Stephen Graham, Owen Cooper, Faye Marsay, Christine Tremarco, Jo Hartley, Austin Haynes, Amelie Pease, Noah Mason, Mark Stanley, Erin Doherty, Hannah Walters Anno: 2025 Durata: 60 min. numero episodi: 4. Paese: Gran Bretagna Distribuzione: Netflix

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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