40 Secondi: un’opera che nasce da un fatto di sangue ma rifiuta la cronaca, scegliendo invece la memoria. È un film dedicato a Willy Monteiro Duarte, ma anche a una generazione che ancora fatica a comprendere dove finisca il coraggio e dove inizi la violenza.
La storia si muove in una Colleferro tesa, chiusa su sé stessa, dove la notte diventa teatro di un destino già scritto.
Vincenzo Alfieri, ispirandosi al libro di Federica Angeli, dirige e racconta la drammatica storia vera attraverso i quattro punti di vista delle persone coinvolte nelle ventiquattro ore che precedettero il tragico evento
Quattro punti di vista divisi in Quattro capitoli: Maurizio, Michelle, Lorenzo e Federico, Willy.
Maurizio (Francesco Gheghi) è un ragazzo insicuro e ambizioso, intrappolato in una dipendenza emotiva da Cosimo (Enrico Borello), piccolo delinquente di provincia.
Michelle (Beatrice Puccilli) cerca di liberarsi da un amore possessivo e da un ambiente che punisce la libertà femminile. Lorenzo e Federico, interpretati da Luca Petrini e Giordano Giansanti, incarnano due fratelli violenti e rabbiosi, cresciuti in un vuoto affettivo che Alfieri non giustifica ma esplora.
E poi c’è Willy (Justin De Vivo): non sempre in primo piano, ma sempre presente. Il suo volto è luce e ferita, la sua assenza pesa come una verità impossibile da eludere.
È in questa coralità che 40 Secondi trova la sua forza.

Cosa funziona in 40 Secondi
Ci sono film che non si limitano a raccontare una storia, ma cercano di restituire la realtà nella sua forma più cruda e necessaria. 40 Secondi è uno di questi.
Con 40 Secondi, Alfieri, dopo “Il Corpo“e “Gli uomini d’oro“, firma il suo lavoro più intimo e consapevole. Il regista dichiara di aver cercato “le microespressioni”, di aver parlato con gli adolescenti, di aver seguito i loro stati d’animo e pensieri per puntare alla rappresentazione della verità.
È un cinema che non vuole interpretare, ma ascoltare: lo sguardo di Alfieri si sporca di realtà, si lascia attraversare dalle parole dei ragazzi e dalla loro fragilità, costruendo un racconto che vibra di autenticità.
Alfieri lo definisce “un film che mi ha dato l’occasione di raccontare parte di me… per come sono cresciuto, dove ho vissuto… ”. La sua regia si fa documentaristica, interessata ai gesti minimi, ai silenzi, alle pause ed anche alle azioni. Prima di scrivere, il regista ha parlato con gli adolescenti, ha ascoltato le loro voci e raccolto le loro verità, dando agli attori una libertà totale. I dialoghi, feroci e asciutti, rivelano più della trama.
Attori professionisti e volti di street casting si fondono in un linguaggio comune, senza gerarchie. I due fratelli, scelti tramite street casting, pur provenendo da quell’ambiente ma restando lontani dalla violenza e dalla brutalità che i loro personaggi incarnano, sorprendono per la forza naturale con cui restituiscono quella rabbia cieca, in perfetto dialogo con interpreti esperti come Sergio Rubini e Francesco Di Leva, che portano nel film un’umanità asciutta e autentica.
Nel ruolo di Willy, l’esordiente Justin De Vivo, scoperto casualmente in discoteca, compie un lavoro impressionante: alla sua prima esperienza davanti alla macchina da presa, riesce a trasmettere verità, pudore e intensità, restituendo allo sguardo del protagonista tutta la sua forza luminosa.
La fotografia di Andrea Reitano plasma un mondo di ombre e luci opache, restituendo la provincia italiana nella sua immobilità soffocante. La sceneggiatura, scritta da Alfieri con Giuseppe G. Stasi, alterna introspezione e tensione morale.
Ciò che funziona, sopra ogni cosa, è la capacità di Alfieri di trasformare un fatto di cronaca in un racconto universale. Willy non è solo una vittima, ma un simbolo di purezza e di umanità resistente. La sua presenza attraversa il film come una luce discreta e costante.
Gli altri personaggi non vivono per lui, ma grazie a lui: come se la sua scelta, quel gesto d’istinto e di cuore, fosse la chiave che permette al film di respirare, di superare il dramma per entrare nella coscienza.

Perché non guardare 40 secondi
A tratti la scrittura inciampa in qualche scarto retorico, e la coralità rischia di disperdere l’emozione. Ma anche in questi momenti 40 Secondi resta coerente con il suo intento: non spiegare, non giustificare, ma guardare.
40 Secondi è un’opera potente e sincera, ruvida e viva, in cui la libertà degli attori, il linguaggio documentaristico e la tensione morale convivono in equilibrio precario ma necessario. È un film che non cerca la perfezione formale ma la verità, e la trova.
In quei quaranta secondi sospesi tra la vita e la morte, Alfieri trova il punto esatto in cui l’Italia si riflette: non per giudicare, ma per capire.
40 secondi è un film prodotto e distribuito dallaEagle Pictures.
Il film è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 19 novembre 2025.
Regia: Vincenzo Alfieri Cast: Francesco Gheghi, Enrico Borello, Francesco Di Leva, Beatrice Puccilli, Sergio Rubini Anno: 2025 Durata: 121 min. Paese: Italia Distribuzione: Eagle Pictures
Daruma View