28 Anni Dopo: Cronache ironiche di un sopravvissuto: tra virus, Teletubbies e l’arte di restare vivi (e ridere) in un’Inghilterra post-apocalittica.
🏝️ Trama
C’è chi dopo 28 anni si fa un lifting, chi si compra un cane e chi, come me, sopravvive a una pandemia di rabbia in una Londra che ormai sembra più una puntata di Black Mirror scritta da Tinky Winky. In 28 anni dopo (2025), diretto da Danny Boyle (che torna alla regia con l’entusiasmo di chi ha appena scoperto che la Brexit non è reversibile), la saga si risveglia come uno zombie dopo un power nap.
Siamo su Holy Island, un’isoletta che fa sembrare la quarantena del 2020 una gita scolastica. Qui, Jamie (Aaron Taylor-Johnson) e Isla (Jodie Comer) allevano il figlio Spike (Alfie Williams) tra riti di passaggio, cacce agli infetti e una nostalgia per i tempi in cui il massimo pericolo era finire in coda al supermercato. Isla è malata (spoiler: non è Covid, ma qualcosa di più definitivo), mentre padre e figlio decidono di attraversare la terraferma infestata, dove il virus ha mutato uomini e costumi. E dove, tra un’orda di infetti e un ossario monumentale, si aggira il dottor Kelson (Ralph Fiennes), filosofo della morte e collezionista di ossa.
“Se sopravvivi a un’invasione di infetti, puoi sopravvivere anche a un referendum.”

🎬 Cosa funziona in 28 Anni Dopo
Boyle e Garland tornano a giocare con i generi come Teletubbies con la pappa: horror, commedia, dramma, tutto si mescola in un cocktail che ti fa ridere mentre controlli se hai ancora il polso.
La metafora della Brexit è talmente lampante che ti aspetti di vedere Boris Johnson tra gli infetti, mentre il Covid aleggia come un ex che non vuole lasciarti in pace.
Il linguaggio si rinnova, la narrazione si fa moderna: i dialoghi sono taglienti come una battuta di Selena, e le riprese con venti iPhone messi insieme fanno sembrare TikTok roba da boomer.
Il passaggio di tono è una danza macabra tra risata e terrore: un attimo prima pensi “questa scena sembra scritta da un Teletubbies sotto acido”, quello dopo ti ritrovi a riflettere sull’isolamento e sulla paura come nuovi virus sociali.
Alfie Williams è una rivelazione: il suo Spike è il vero erede spirituale di chi, dopo 28 anni di apocalisse, ha ancora la forza di chiedersi “E se provassimo a essere migliori?”
“Papà, perché non possiamo andare sulla terraferma?”
“Perché lì il virus è mutato. E anche il prezzo degli affitti.”

🚫 Perché non guardare 28 Anni Dopo
Se pensi che la Brexit sia stata una buona idea, potresti sentirti più infetto degli infetti.
Se i Teletubbies ti hanno traumatizzato da piccolo, qui li ritrovi come metafora di una società che sorride mentre tutto crolla.
Se cerchi un horror puro, preparati: qui si ride, si piange e si riflette. E a volte tutto insieme, come in una riunione di condominio post-pandemica.
“In questa isola, la Brexit è un ricordo. Ma i Teletubbies… quelli non muoiono mai.”

🎓 La saga di 28 giorni dopo
La saga iniziata con 28 giorni dopo (2002) e proseguita con 28 settimane dopo (2007) ha sempre avuto il vizio di anticipare le paure collettive: prima la pandemia, poi la gestione della paura, adesso l’isolamento e la chiusura mentale. Boyle e Garland, dopo aver lasciato la regia del secondo capitolo, tornano a mettere le mani in pasta (e che pasta!) con una storia che è romanzo di formazione, deformazione e, perché no, anche di sopravvivenza emotiva.
Il bello? 28 anni dopo è solo il primo capitolo di una nuova trilogia: il prossimo, già pronto, si intitola Il tempio delle ossa e sarà diretto da Nia DaCosta. Il terzo? Ancora top secret, ma se continua così, tra 28 anni ci ritroveremo a recensire 28 secoli dopo direttamente dal Metaverso.
📦 Il cinema zombie e il suo linguaggio
Il cinema zombie è come la pizza fredda: anche quando sembra finito, trova sempre un modo per tornare. Dai tempi di Romero a Boyle, lo zombie è la metafora perfetta per ogni crisi sociale: paura, isolamento, consumismo, Brexit, pandemia, Teletubbies. Il linguaggio? Sempre in evoluzione: dal gore puro alla satira politica, dalla commedia grottesca al dramma esistenziale.
In 28 anni dopo, lo zombie diventa specchio deformante di una società che sopravvive sorridendo, ballando e, ogni tanto, mangiando cervelli. Perché in fondo, come diceva un vecchio saggio: “Non è morto ciò che può attendere in eterno. E dopo ventotto anni, anche la paura si stanca.”
In conclusione:
28 anni dopo non è solo un film, è una seduta di autocoscienza collettiva in salsa horror, dove la paura si trasforma in ironia e la speranza in un rito di passaggio. Se volete capire come si sopravvive davvero, lasciate perdere i manuali di self-help: guardatevi Boyle, ridete con Garland e ricordatevi che, in fondo, siamo tutti un po’ Teletubbies.
Il film è al cinema dal 18 Giugno con Eagle Pictures per Sony Pictures.
Regia: Danny Boyle Con: Jodie Comer, Aaron Taylor-Johnson, Jack O’Connell, Ralph Fiennes, Alfie Williams Anno: 2025 Durata: 115 min.. Paese: Regno Unito, USA Distribuzione: Eagle Pictures.