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We Own This City – Potere e Corruzione – Recensione della miniserie TV

We Own This City – Recensione della miniserie tv con un coriaceo Jon Bernthal in streaming su Sky Atlantic.

Oggi recensiamo e recuperiamo una splendida, secca e realistica miniserie tv del 2022, da noi appieno rivista e nuovamente molto apprezzata, così come esporremo seguentemente in tal nostra recensoria disamina, ovvero We Own This City, in italiano sottotitolata Potere & corruzione, nell’anno appena suddetto distribuita in streaming su Sky Atlantic e targata HBO.  Ahinoi, passata piuttosto inosservata e non rinnovata per la seconda stagione mai per l’appunto concretizzatasi, invero We Own This City, constante di sei adrenalinici, tesi e compattissimi episodi della durata cadauno di un’ora precisa, è un imperdibile gioiello che proseguì fastosamente la produttiva linea creatrice e creativa della succitata HBO dopo le inarrivabili e magnifiche serie televisive True Detective e The Night Of.

Scritta interamente dal duo composto da David Simon e George Pelecanos, a partire da un omonimo romanzo di Justin Fenton, diretta integralmente, dalla prima puntata all’ultima, mozzafiato e scioccante, da Reinaldo Marcus Green, We Own This City è un glaciale e spietato, “radiografico”, documentaristico spaccato di matrice thrilling, azzardiamo così a definirlo, spettrale, angosciante e a forti tinte drammatiche decisamente realistiche. We Own This City è infatti una miniserie tratta da una storia realmente accaduta, sebbene consuetamente romanzata, “rivista e corretta” per tale adattamento, ripetiamo, bellamente espostoci con vivida e allarmante, perturbante crudezza necessaria e antropologa eviscerazione sia diegetica che televisivamente cinematografica nella sua più ampia e miglior accezione figurata.

Trama, concisamente riassuntavi per non svelarvi le molteplici e sussultanti sorprese nelle quali fortemente v’imbatterete durante i suoi trecentosessanta minuti ricolmi di sparatorie a non finire, suspense à gogo ed emozioni perpetue che s’inanellano ferocemente:

Poco prima dell’elezioni presidenziali statunitensi del 2017 che videro, come sappiamo, la sorprendente vittoria del repubblicano Donald Trump, all’epoca antagonista della democratica Hillary Clinton, in quel dell’asfittica, cinerea e misteriosa, decisamente criminosa Baltimora, successe qualcosa di scandaloso presso la non poco moralmente discutibile, torbidamente corrotta squadra d’élite del Dipartimento della Polizia, cioè la Gun Trace Task Force, altresì sintetizzata nell’acronimo GTTF. Si parte con un folgorante, movimentato, vigoroso incipit rutilante che vertiginosamente, subito dopo, repentinamente vien morbidamente diluito dagli sfreccianti titoli di testa, nel quale assistemmo alle lezioni del vecchio lupo di mare e navigato capitano Wayne Jenkins (un carismatico Jon Bernthal, The Punisher), severamente e al contempo brillantemente impartite al suo corpo studentesco dell’organo poliziesco suddetto, formato dai propri allievi, futuri policemen.

Dunque, ripercorriamo in veloce e profonda, dettagliata analessi a base d’indagatoria cronistoria illustrataci in forma minuziosa, dunque temporalmente a ritroso di detection assai sottile, i convulsi eventi che condussero all’atroce scoperta agghiacciante di tante tenebrose verità “legalmente” celate e ipocritamente, laidamente obliate. Dapprima a riguardo mentite e viscidamente sepolte dai potenti che tentarono vanamente d’insabbiarle. Or ivi ci fermiamo senza dirvi altro.


Cosa funziona in We Own This City

Contortamente sinuosa, fotografata in maniera cristallina e con luci spesso soffici usate in funzione naturalistica, sorretta da uno svettante Bernthal al solito impeccabile, grintoso e tormentato, We Own This City è una miniserie, ancora evidenziamo, diretta con piglio e polso robusto, nella quale sfila una sfilza d’attori interminabile fra cui è imprescindibile menzionare perlomeno McKinley Belcher III (Eric, Storia di un matrimonio), Wunmi Mosaku nei panni della reporter sui generis e “ispettrice” personale Nicole Steele, Don Harvey, David Corenswet, la sensuale Dagmara Domińczyk, Jamie Hector/Sean Suiter, Larry Mitchell e il perennemente inquietante, fin dai tempi giammai scordati de L’attimo fuggente, Josh Charles nel ruolo dello sgradevole, teppistico sbirro dai modi bruschi e assai violenti ai limiti del legale. In più, cammeo di Domenick Lombardozzi (Tulsa King 2). Piccolo ruolo per il compianto Treat Williams (C’era una volta in America).


Cosa non funziona in We Own This City

Talvolta, è difficile seguirne l’andamento narrativo per via dei continui flashback e improvvisi andirivieni cronologici per cui la storia raccontataci, a velocità supersonica, si sposta in continuazione da un anno all’altro in modo un po’ confuso. Alcuni segmenti, inoltre, son soporiferi e troppo verbosi, i dialoghi non sempre azzeccati e scorrevoli. Ma, nel complesso, è una miniserie decisamente ottima. Malgrado, rimarchiamo, l’asprezza di molte scene, poco invero sanguinolente eppur allo stesso tempo disturbanti, e talune lentezze troppo marcate. Infine, data la materia trattata e il mood con cui viene qualche volta filmata in maniera eccessivamente pedante, We Own This City è “inficiata” da una pesantezza di fondo e potrebbe a molti spettatori apparire ostica e scarsamente avvincente. È forse questo il motivo principale del suo insuccesso, a nostro avviso immeritato, altresì obiettivamente spiegabile.

Disponbile su Sky Atlantic e Now.

Regia: Reinaldo Marcus Green Con: Jon Bernthal, Wunmi Mosaku, Jamie Hector, Josh Charles, McKinley Belcher III, Darrell Britt-Gibson, David Corenswet, Dagmara Dominczyk, Don Harvey, Larry Mitchell Formato Anno: 2022 Numero episodi: 6 Paese: USA Distribuzione: Sky Atlantic

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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Un commento

  1. Ennesima, azzeccatissima recensione dell’amico Stefano, che mi trova pienamente d’accordo.
    In effetti questa miniserie è un po’ troppo esasperata ed estremizzata. Certamente la corruzione, ahimè, esiste,ma oso pensare che non tutti i tutori dell’ordine siano in busta paga dai malavitosi….E poi …Questo Benthal ,con un cognome da formaggio svizzero, ha una faccia ben poco accattivante….;)

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