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Trap – Partita di scacchi per Shyamalan – Recensione

Trap – Recensione del thriller di M. Night Shyamalan con uno strepitoso Josh Hartnett ora al cinema.

Oggi recensiamo il nuovissimo e molto atteso lungometraggio di M. Night Shyamalan (Signs, Il sesto senso, Bussano alla porta), ovverosia Trap, uscito sui nostri grandi schermi mercoledì 7 agosto.

Sceneggiato da un soggetto originale e finanziato, così come frequentemente accade quasi regolarmente, dallo stesso Shyamalan (il quale, immancabilmente, ivi si ritaglia una particina) e patrocinato dal valente e prolifico, oltre che proficuo, produttore esecutivo Steven Schneider, habitué del regista, Trap dura un’ora e quaranta minuti circa, tesissimi, adrenalinici e al solito spiazzanti, vivamente energici e ripieni di colpi di scena a ripetizione.

Trap è stato accolto abbastanza favorevolmente dalla critica d’oltreoceano che ci trova in gran parte concordi in quanto, a nostro avviso, esplicandovi meglio in merito, ne evidenzieremo i molti pregi, pur riconoscendone altresì varie sbavature vistose e, ahinoi, imperdonabili.

Trama, assai sintetizzatavi, giustappunto, per non rovinarvi le molte ed elettrizzanti sorprese nelle quali, durante l’arco temporale di tal pellicola secca dall’intelligente intrattenimento stimolante, v’imbatterete in maniera costante:

Cooper (Josh Hartnett, Black Dahlia) è un assassino seriale il cui vero cognome è Adams ma è più tristemente e comunemente noto con l’appellativo Il macellaio. Al contempo e di contraltare è un padre di famiglia premuroso. Infatti, con la sua piccola Jody (Ariel Donoghue) si sta recando al concerto della diva pop Lady Raven (incarnata dalla vera figlia di Shyamalan, Saleka).

Al che, pian piano si rende conto di trovarsi al centro di un pazzesco, complottistico raggiro poiché il tutto è stato architettato ad hoc e congegnato dalla polizia per incastrarlo e catturarlo.

Ma è davvero così? Oppure le nostre aspettative saranno ribaltate? Qui ci fermiamo, mentre Cooper sarà fermato e arrestato? Sua moglie Rachel (Alison Pill) era all’oscuro della vera identità del suo consorte? E chi è l’attempata eppur scafata profiler dell’FBI, la dottoressa Josephine Grant (Hayley Mills)?

Cosa funziona in Trap

Incalzante, dal ritmo ineccepibile e visivamente colorato, pindaricamente fascinoso cioè a livello cromatico e fotografico, per merito del mago delle luci Sayombhu Mukdeeprom, differente dall’usuale, forse oramai inflazionato, stile marcatamente compassato e sovente ai limite del soporifero, tipico di Shyamalan, Trap non è certamente un capolavoro e, ripetiamo, i difetti, prossimamente in tal nostra disamina sottolineativi ed esplicati, sono tanti. Parimenti però alle sue indubbie qualità.

Innanzitutto, Hartnett, dopo anni d’appannamento attoriale, inevitabilmente dovuto anche allo snobismo hollywoodiano che nei suoi riguardi soffrì d’ingiusta e ingiustificata dimenticanza, appare qui in forma smagliante sotto ogni punto di vista, ovviamente anche in senso prettamente recitativo. Trovando nel personaggio inquietante, al contempo irresistibilmente ipnotico di Cooper, un ruolo perfettamente aderente al suo “corpus” fisico-espressivo, sfoderando una performance sorprendentemente inaspettata.

La sua prova infatti brilla di lucentezza e carismatica forza magnetica. Shyamalan è altrettanto “brioso” e dona al suo opus avvolgente e coinvolgente ritmo sostenuto, orchestrando in maniera serrata la sua filmata storia a matrice cospirativa con abilità indiscussa, aggiungendovi notevoli tocchi, specialmente nei dialoghi, inconsuetamente ironici e incredibilmente ariosi, a loro volta mescolati a sequenze d’azione frenetiche ed ardimentose. 

Perché non guardare Trap

Il nostro entusiasmo è stato fugace, in quanto, dopo una prima ora vibrante e pressoché perfetta, Trap perde visibilmente quota, afflosciandosi nei cliché più abusati e smarrendosi banalmente nell’ultimo quarto d’ora quando rasenta la prevedibilità più moscia.

Infine, il finale è tremendamente ambiguo in modo furbesco e negativo. Peccato perché i presupposti per un grande film, omogeneo e senza sfilacciature, c’erano tutti. Addirittura, nel suo incipit vorticoso e ammaliante, abbiamo scorto echi del miglior Brian De Palma, non soltanto del succitato Black Dahlia, avente per protagonista, neanche a farlo apposta, Hartnett, bensì financo dello stupendo Omicidio in diretta.

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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