Modì – Tre giorni sulle ali della follia – Recensione del film di Johnny Depp con Riccardo Scamarcio, Antonia Desplat e Al Pacino presentato allsa Festa del Cinema di Roma 2024.
Oggi recensiamo l’affascinante, piacevolmente demodé e naïf, sebbene confuso e un po’ pasticciato, ingenuamente scombiccherato, così come in tal nostra disamina seguentemente esplicheremo, Modì, “sottotitolato”, per il mercato nostrano, Tre giorni sulle ali della follia, che però equivale, di perfetta traduzione letterale, all’integrale Three Days on the Wing of Madness.
Opus n.2, ovverosia seconda regia di Johnny Depp (Secret Window, La nona porta) dopo il sottovalutato, invero ipnotico e inquietante, quanto prima da rivalutare, Il coraggioso, appartenente all’oramai lontano ‘97, quindi di circa tre decadi fa. Modì, film della corposa, forse prolissa durata di centodieci minuti netti, quindi quasi 2h, in Italia già presentato, in esclusiva speciale e ufficiale, all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma, in data 26 ottobre.
Modì, inoltre, rappresenta la seconda incursione cinematografica vera e propria di Depp in un lungometraggio, stavolta sol in veste da regista, in seguito ai nefandi accadimenti giudiziari riguardanti il caso Amber Heard, più annesso, inesausto processo logorante, e dopo la sua “riapparizione” nell’apprezzato, sebbene non eccezionale, Jeanne du Barry – La favorita del re di e con Maïwenn.
Interamente sceneggiato dall’affiatato e pregiato duo formato da Jerzy Kromolowski & Mary Olson-Kromolowski, i quali hanno attinto, per il lor adattamento, alla pièce teatrale firmata Dennis McIntyre, Modì, in maniera estremamente fantasiosa, molto romanzata, altresì romantica nel senso più ampio, financo “maudit” del termine, perdonateci per il gioco di parole, descrive il tribolato, burrascoso periodo, equivalente solamente a tre giorni, al contempo però fervidamente creativo e sentimentalmente potente, di Amedeo Modigliani, impersonato da un non sempre efficace Riccardo Scamarcio (Svaniti nella notte), in quel di Parigi.
Quando, all’acme della sua inventività pittorica più genialmente prolifica e follemente pindarica, entrò in contatto col collezionista d’arte Maurice Gangnat (Al Pacino, The Irishman) e visse giornate di fuoco, problematiche e tanto profondamente litigiose quanto amorosamente pregne d’ardimentoso piacere erotico, con la sua compagna dell’epoca, ovvero la giornalista-poetessa Beatrice Hastings (una bellissima e conturbante Antonia Desplat nel ruolo, attualmente, più importante della sua carriera). Modigliani, inoltre, intrecciò una serie di relazioni importanti, sebbene fuggevoli, coi vari bohémien che gli gravitarono, taluni anche a scopo di lucro, attorno.
Cosa funziona in Modì – Tre giorni sulle ali della follia
Allestito con cura scenografica, rutilante e a tratti perfino divertente e svagato, girato pressoché interamente a Budapest, sorretto dalle splendide luci fotografiche dei maestri Nicola Pecorini (Paura e delirio a Las Vegas) e Dariusz Wolski, quest’ultimo cinematographer per antonomasia di Tim Burton (Beetlejuice Beetlejuice) e, alla pari dell’appena nominato Pecorini, d’altre pellicole con Depp interprete (fra cui La maledizione della prima luna e, neanche a farlo apposta, del lungometraggio The Rum Diary sul cui set Depp e la succitata Heard si conobbero e scattò il lor fatale amour fou poi letale), perciò non soltanto appartenenti, diciamo, al duo Burton-Depp stesso, Modì, filmato da un Depp (ivi giustappunto, soltanto cineasta e personalissimo le metteur en scène a suo modo autoriale) con distinta e financo godibile, istintiva, strampalata eccentricità e poetica personalizzante Modigliani a sua ottica un po’ solipsistica, recitato con impegno da uno Scamarcio bravino ma onestamente poco somigliante sia nelle fattezze che nelle movenze al realmente esistito Modigliani, Modì è una bislacca opera irrisolta e confusa, raramente incisiva, narrativamente squilibrata e perfino un po’ cialtronesca, addirittura grottesca.
Ciononostante, sott’alcuni aspetti, è simpaticamente intrigante nel suo diluito scorrimento di languide immagini e scene tanto, ripetiamo, bizzarre in modo tout–court, quanto trasudanti autenticità e intellettuale onestà delle più sentite e pure.
Depp, infatti, pur cedendo a compromessi inevitabili, concernenti le sue scelte, forsanche imposte e forzate, di casting, a loro volta inerenti il mood della messinscena e della direzione attorale, talvolta simile, visivamente e a livello concettuale, al formato d’una banale fiction televisiva di matrice romance, da intendersi nella maniera più convenzionale, sa instillarvi individuali tocchi peculiari indiscutibilmente facenti parte di Depp uomo e artista.
Trasferendosi meta-cinematograficamente in Modigliani pittore e amatore, “pazzo” creatore di dipinti e sculture epocali e storiche, in una sorta di transfert lodabile e coinvolgente. Sebbene altamente difettoso e di certo presto poco memorabile.
Perché non guardare Modì – Tre giorni sulle ali della follia
Modì, ripetiamo, preso come filmica e “sciocca” strampalataggine ripiena, per di più, di licenze poetiche sotto ogni punto di vista fin troppo ardite, è assolutamente guardabile ma allo stesso tempo facilissimamente dimenticabile.
Scamarcio, pur impegnandosi da morire, è veramente fuori ruolo e la sua interpretazione di Modigliani lascia parecchio a desiderare, a eccezion fatta d’un paio di scene nel finale recitate con rara intensità inaspettata. In quanto incapace di restituirci lo spessore espressivo d’un artista inquieto e psicologicamente turbolento.
Arricchiscono il nutrito ed eterogeneo cast, soltanto a livello di presenza “accessoria”, pur con le dovute e rimarchevoli differenze di minutaggio, la nostra, ivi impalpabile, Luisa Ranieri (Parthenope, È stata la mano di dio), la quale incarna, davvero “invisibilmente” e in pochissime sequenze superflue, la popolana, realmente vissuta, modella, matrona e “cuoca” di un rustico ristorante, luogo di ritrovo preferito di Modì con la sua combriccola, di nome Rosalie Tobia, Sally Phillips, Stephen Graham (Gangs of New York) nei panni di Léopold Zborowski, Benjamin Lavernhe, gli ottimi Bruno Gouery in quelli di Maurice Utrillo e Ryan McParland in quelli di Chaïm Soutine. Questi ultimi, ancor più rispetto a Modigliani, artisti squattrinati e mentalmente instabili.
In conclusione: Modì ha dei momenti di grande cinema, a tratti è perfino lirico e struggente, specialmente quando Depp, in piena libertà creativa, sguinzaglia a briglia sciolta il suo furore registico, lasciandosi piacevolmente andare a squarci visionari e crepuscolari, delicatamente candidi, alternando brillantemente e sapientemente sequenze in onirico B/N dal bell’impatto estetico ad altre immaginifiche, perfino orrifiche con tanto d’inserti granguignoleschi.
Ma è troppa la carne al fuoco, come si suol dire, poco omogenea e dosata, fra esagerate parentesi compiaciute ed enfatiche, didascalici dialoghi retorico-melodrammatici, banali citazioni a casaccio che vanno da Baudelaire a Dante Alighieri, e la sortita impropria in colonna sonora d’un Tom Waits (intimo amico, come sappiamo, di Depp) che “stona” rispetto al contesto, in quel frangente, mostratoci.
Il film è dedicato alla memoria di Jeff Beck.
Al cinema dal 21 Novembre con Be Water Film.
Regia: Johnny Depp Con: Riccardo Scamarcio, Antonia Desplat, Bruno Gouery, Luisa Ranieri, Ryan McParland, Al Pacino, Pierre Niney, Stephen Graham, Eva-Jane Willis, Sally Phillips, Matthew Wolf, Hugo Nicolau, G. Maximilian Zarou Anno: 2024 Durata: 110 min. Paese: USA Distribuzione: Be Water Film