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Baby Reindeer – Una macabra e amorosa storia di Stalking – Recensione

Baby Reindeer: Recensione della mini serie tv di Netflix con Richard Gadd e Jessica Gunning

Oggi recensiamo l’affascinante e perturbante miniserie televisiva Baby Reindeer, distribuita mondialmente su Netflix a partire dallo scorso mese, esattamente nel dì dell’11 aprile. Vietata ai minori di anni 18 per uso di droga e violenza sessuale. Una serie però al contempo molto divertente e bellamente congegnata con ottimo ritmo e stile ipnotico ed ammirevole.

Baby Reindeer consta di sette episodi dalla durata cadauno, abbastanza stringata, scorrevole e avvincente, altresì, ripetiamo, fortemente disturbante e alquanto scioccante, di circa mezz’ora, minuto più minuto meno. Ed è interpretata, nei panni del protagonista principale, dal suo stesso ideatore e sceneggiatore, vero standup comedian, Richard Gadd.

Il quale, a sua volta, s’è ispirato, anzi, per meglio dire, ha adattato e trasposto filmicamente, in formato giustappunto “seriale” per la tv, il suo one man show omonimo, ricalcandolo piuttosto fedelmente, seppur ampliandolo e inserendovi naturalmente apporti necessari e reinventivi tratti dal suo stesso spettacolo per conformarlo visivamente a tal allucinante e torbida storia d’ossessione maniacale. Baby Reindeer non è diretta da Gadd, bensì da due donne, Weronika Tofilska (writer di Love Lies Bleeding con Kristen Stewart, qui regista di quattro puntate) & Josephine Bornebusch.

Eccone la trama da noi riassunta molto concisamente per evitarvi spoiler impropri e per offrirvene giustamente e solamente una panoramica a grandi linee che ne descriva soprattutto l’assunto di partenza e il tema primario su cui verte la vicenda espostaci:

Un trentenne barista che aspira a sfondare come comico, di nome Donny (Gadd), conosce fortuitamente, più che altro disgraziatamente, nel locale in cui lavora, l’inizialmente simpatica, grassoccia Martha Scott (Jessica Gunning), avvocatessa di uomini famosi fra i cui clienti vi è persino il blasonato, arcinoto Tony Blair. Martha è veramente una lawyer? Oppure semplicemente una donna malata e incompresa, addirittura economicamente indigente?

Martha, di punto in bianco, convintasi di stare assieme a Donny, perlomeno, meglio specifichiamo, innamoratasene perdutamente ma non sentimentalmente ricambiata, sebbene amicalmente ritenuta da lui simpatica, inizia atrocemente, forse subdolamente e “carinamente”, a praticargli smisurato, perpetuo ed imperterrito stalking rabbrividente e reiterato in modo pauroso ed interminabile. Giocoforza, angosciandolo e inghiottendolo progressivamente in una drammatica spirale e psicologicamente strozzandolo, sin a trascinare Donny in un deleterio e pericoloso vortice non poco inquietante a causa della sua matrice delittuosa eppur mascherata dalla “coltre” della carineria decisamente troppo affettuosa.

Per di più, tal funesto accadimento fatale, ridesta in Donny un trauma apparentemente sopito e da lui anni addietro tristemente subito. Innescandogli spaventevoli ricordi spiacevoli e rialimentando i suo incubi esistenziali più terribili. Intanto, Donny, con lo pseudonimo di Tony, comincia a frequentare Teresa, detta Teri (Nava Mau), donna transgender italo-britannica, da Donny contattata su una chat d’incontri. All’unisono Martha persevera instancabilmente ad assillare Donny, bombardarlo d’estenuanti, sfiancanti e incalcolabili mail giornaliere. Spiandolo nel suo profilo Facebook e inserendogli commenti molto gelosi, invadendolo nella privacy… Come andrà a finire?

Cosa funziona in Baby Reindeer

Parte subito in quinta, in modo palpitante e temporalmente in medias res, nel suo convulso incipit vibrante in cui assistiamo a Donny recarsi in polizia per denunciare una donna che presto sapremo essere, ça va sans dire, nientepopodimeno che la sua inseparabile “beniamina” Martha da cui, malgrado i comportamenti molesti e inaccettabili di quest’ultima, stranamente non riesce emotivamente a distaccarsi, instaurandone anzi, forse inconsciamente, un raccapricciante, altresì imprescindibile ed imprevedibile legame tanto, giustappunto, oppressivo quanto non interamente doloroso.

Anzi, nonostante Martha lo pedini e gli stia sempre addosso dappertutto, perfino, ribadiamo, in ambito social e virtuale, Donny par provare, infatti, crescentemente sensazioni di piacere chissà se completamente inspiegabili. Entrambi son, in fondo, due persone asociali, traumatizzate e ferite in cerca di un’affettiva vicinanza che si manifesta in maniera all’apparenza agghiacciante?

Sorretta da due grandi prove attoriali e in particolar modo da un’esplosiva Gunning deflagrante con la sua “risata pazza” da Kathy Bates ante litteram di Misery non deve morire, Baby Reindeer è irresistibile ed è una serie che si divora in un baleno in quanto, ripetiamo, magneticamente ritmata e argutamente imbastita su frenetici scambi di battute tanto esilaranti, a base di freddure in ogni senso terrificanti, quanto morbidamente e morbosamente taglienti, oscillanti deliziosamente fra il delicato più dolcemente spiritoso e l’ironico dal retrogusto minaccioso da intendersi ovviamente in senso metaforico.

Una serie tv ecletticamente corrosiva che tratta in mondo nient’affatto scontato un argomento scottante, quanto mai attuale (recentemente, sempre su Netflix è stato inserito il film-documentario Lover, Stalker, Killer, da noi, peraltro, disaminato), toccandolo e poi appieno esplorandolo in maniera inedita ed originale. Poiché, anziché impostare, come di solito avviene in modo oramai inflazionato, tal “questione” spinosa, su canoni giudiziari da legal thriller consueto e in molti casi sovente tedioso e con esiti telefonati, l’analizza con l’amaro sorriso sulla bocca e l’approfondisce accuratamente in virtù d’una scrittura al vetriolo.

Immergendoci all’interno, potremmo dire, anche all’inferno d’una malsana storia tormentosa e allo stesso tempo addirittura follemente romantica e briosa, per di più fotografata in modo meraviglioso e ambientata fra scorci e periferie pittoresche, emananti atmosfere sia tenebrose che vividamente allucinatorie.

Come dettovi, son due le registe, altresì due anche i cinematographers (Krzysztof Trojnar e Annika Summerson), due anche gli autori delle musiche (i fratelli Evgueni e Sacha Galperine).

Perché non guardare Baby Reindeer

Compatta e incalzante, dopo i primi episodi, freschi e brillanti, Baby Reindeer inevitabilmente s’accartoccia un po’ nella ripetitività di situazioni già viste, seppur mutuate e funzionanti.

Aggiungiamo, inoltre, prendendo una piega del tutto inaspettata, oltremodo allarmante e virando, a metà percorso, tramite un flashback vorticoso, oltre che naturalmente, temporalmente a ritroso, in quel di Edimburgo, su un’altra “tematica”, potremmo dire, parimenti agghiacciante, ovverosia la “pedofilia”, intesa come violenza sessuale del maschio più adulto predatore nei confronti della sua vittima più piccola all’anagrafe che, sebbene largamente maggiorenne, ingenua ed ignara, vien dapprima capziosamente raggirata, poi drogata e dunque schifosamente stuprata e ricattata. Tematica che, negli ultimi episodi, diventa addirittura la colonna portante della struttura narrativa e del procedere diegetico della miniserie.

Baby Reindeer, al di là del suo impianto, ribadiamo, differente da film, serie tv e affini prodotti similari, è comunque l’ennesima operazione, nel bene o nel male, e ciò di certo dipende dai gusti, riguardante un argomento e un’allertante problematica, ahinoi, imperante che, malgrado qui non venga banalizzata o “vista” ed eviscerata in modo superficiale, rischia di diventare paradossalmente talmente di moda da passare inosservata. Per di più, come appena sopra accennatovi, di colpo intrecciata e forse confusamente mischiata, moralisticamente sbilanciata, a un’altra altrettanto importante, se non decisamente più grave e rilevante.

Infine, per dovere di completezza recensoria, da annotare le belle performance anche dell’avvenente Shalom Brune-Franklin che incarna Keeley e di Tom Goodman-Hill nei panni del “pedofilo” Darrien che adesca Donny Dunn/Richard Gadd nell’ep. 4 (puntualizziamo, l’unico a durare di più rispetto agli altri, circa 45’, il più “scandaloso”) e che rivediamo nel segmento conclusivo.

Disponibile in esclusiva su Netflix dall’11 di Aprile.

Regia: Weronika Tofilska, Josephine Bornebusch Con: Richard Gadd , Nava Mau, Jessica Gunning, Danny Kirrane, Hugh Coles, Michael Wildman, Thomas Coombes, Tom Goodman-Hill, Shalom Brune-Franklin, Nina Sosanya, Mark Lewis Jones, Amanda Root, Josh Finan, Tom Durant Pritchard, Gavin Drea, Will Hislop, Jamie Michie Anno: 2024 Numero episodi: 8 Paese: Gran Bretagna Distribuzione: Netflix

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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