Rapito – Recensione del film di Marco Bellocchio con Barbara Ronchi e Paolo Pierobon ora al cinema dopo la presentazione al Festival di Cannes 2023.
Ebbene, oggi recensiremo il nuovo ed attesissimo opus del veterano ed esimio Marco Bellocchio (I pugni in tasca, Esterno notte, L’ora di religione), ovverosia Rapito, il cui titolo in lavorazione fu inizialmente La conversione.
Distribuito nelle nostre sale a partire da oggi giovedì 25 maggio, attualmente in Concorso alla settantaseiesima edizione del rinomato Festival di Cannes per cui, naturalmente, gareggia per aggiudicarsi il premio maggiore, ovvero la Palma d’oro, Rapito è incentrato su uno storico evento tristemente avvenuto, scabroso e controverso, ed è tratto dal libro di Michele Scalise, intitolato Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa, edito dalla Mondadori. Da cui lo stesso Bellocchio, in collaborazione con Susanna Nicchiarelli, regista dell’acclamato Chiara e qui, giustappunto, in veste unicamente di sceneggiatrice, dello scrittore Edoardo Albinati & Daniela Ceselli, ha tratto questo suo intrigante e potente adattamento cinematografico. Forse non pienamente convincente, così come specificheremo più avanti, altresì assai fascinoso e appassionante.
Vertente, rimarchiamo, su un caso assai discusso e ancora, a tutt’oggi, inquietante e misterioso che, qualche anno or sono, attrasse il notevole interesse di Steven Spielberg che fu in procinto di realizzarne una sua versione e fu ad un passo dal concretizzarla in quanto si recò perfino qui da noi in Italia, in particolar modo a Bologna, per selezionare e visionare le location.
Di punto in bianco, però, ne sospese la pre-produzione, procrastinando il progetto in questione e dedicandosi ad altre pellicole. Il caso Mortara riscosse financo l’attrazione e suscitò la fascinazione, potremmo dire, di Harvey Weinstein. Il quale, prima di fallire a causa del suo scandalo sessuale arcinoto, desiderò compierne una trasposizione, affidando la regia a Baltasar Kormákur e pensando a Robert De Niro per il ruolo di Papa Pio IX. Detto ciò, arriviamo alla trama di Rapito:
La vicenda è ambientata nell’anno 1868. Il felsineo bambino Edgardo Mortara (Enea Sala da piccolo, Leonardo Maltese da grande), di origini ebree, viene, in modo all’apparenza inspiegabile, giustappunto rapito da soldati armati in missione papale e prelevato coattamente da casa propria su ordine dello stesso succitato Pio IX (un gigantesco Paolo Pierobon, inquietante, equivoco e luciferino).
In quel della pontificia Roma dell’ottocento, tanto sovranamente austera e magniloquente, fastosa ed elegante quanto, di contraltare, minacciosa, tetra e con molti neri ed agghiaccianti scheletri nell’armadio, Mortara viene educato e cresciuto nel più assoluto riserbo per quel che riguarda, specialmente, la vera motivazione del suo assurdo rapimento, celato invece nella segretezza inconfessabile d’un enigma giammai risolto e pienamente svelato. Perlomeno, Edgardo fu sequestrato in quanto considerato battezzato. E, vedendo il film, ovviamente, capirete meglio e appieno in merito.
Cosa funziona in Rapito
Visivamente avvolgente (fotografia di Francesco Di Giacomo), specialmente nella prima mezz’ora, girato sol parzialmente a Bologna, in particolar modo per le scene a Piazza Maggiore, invero filmato in gran parte nella Bologna di metà ottocento interamente ricostruita in studio e ricreata a Roccabianca, Rapito di Marco Bellocchio ci ha letteralmente rapito, perdonateci per il voluto gioco di parole, soprattutto nella prima parte, trasmettendoci un angoscioso senso perturbante di terrore. Ammaliandoci e inghiottendoci nella sua forza e potenza estetiche di gran nota e rinomata venustà visiva, per di più emozionandoci e coinvolgendoci nel suo intreccio e vicenda agghiaccianti.
Gli attori, oltre al succitato ed eccellente Pierobon, sono bravi per le parti lor assegnate. Fausto Russo Alesi, nei panni del disperato Momolo, padre di Edgardo, è funzionale, tranne probabilmente in una scena di pianto, vicina al finale, mal diretta e grottesca. Fabrizio Gifuni e Filippo Timi (Vincere), rispettivamente nei panni dei cardinali Feletti e Antonelli, incarnano due personaggi spettrali ma la migliore della compagnia attoriale è, senza dubbio, Barbara Ronchi nel ruolo dell’inarrendevole Giovanna, madre di Edgardo. Impeccabile malgrado qualche volta carichi la sua recitazione melodrammatica di troppa enfasi non necessaria.
Cosa non funziona in Rapito
Peccato che, dopo una prima parte perfettamente coesa e di sensibile atmosfera rarefatta, il film perda sensibilmente quota, smarrendosi in digressioni superflue e in un didascalismo retorico alquanto fastidioso e ridondante. Divenendo prolisso e perfino quasi di stampo televisivo.
Regia: Marco Bellocchio Con: Enea Sala, Leonardo Maltese, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Samuele Teneggi, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Giustiniano Alpi, Corrado Invernizzi, Paolo Calabresi, Fabrizio Contri, Alessandro Fiorucci, Andrea Gherpelli, Filippo Marchi, Mattia Napoli, Bruno Cariello, Federica Fracassi, Renato Sarti Anno: 2023 Durata: 134 min. Paese: Italia Distribuzione: 01 Distribution