Ebbene oggi, per il nostro consueto appuntamento con gli immancabili Racconti di Cinema, disamineremo uno dei grandi e imprescindibili opuses di David Cronenberg (Scanners, Crimes of the Future), cioè La zona morta (The Dead Zone).
Cronenberg, per i suoi aficionados, denominato Cronny. Regista incommensurabile a cui, peraltro, senza falsa e inutile modestia, l’autore di tale recensione dedicò un importante saggio monografico dalla natura estremamente poetica e peculiare. Ma non spostiamo l’attenzione, utilizzando il plurale maiestatico, su scritti personali omaggianti il director di tanti capolavori inarrivabili, malgrado controversi e non unanimemente per tutti i gusti, ben intendiamoci.
Torniamo al seguente, nelle righe seguenti, recensito e sanamente osannato, La zona morta. Film dell’83, della corposa ed avvincente, inquietante e perturbante durata di un’ora e quarantatré min. netti, La zona morta è un imprescindibile caposaldo all’interno del geniale e variegato excursus filmografico cronenberghiano ma, parimenti, rappresenta un unicum abbastanza anomalo e, a prima vista, superficiale, dissociato dalla sua filosofica poetica, spesso più soggettiva e legata al suo sguardo autoriale non a tutti immediatamente decriptabile. Sebbene superlativo, infatti, La zona morta è, perlomeno all’apparenza, uno dei film meno personali del regista de Il pasto nudo. In quanto, a prescindere dal suo altissimo valore qualitativo indiscutibile, peraltro giustamente attestato dalla lusinghiera media recensoria, riscontrata a tutt’oggi, sul famoso sito di medie critiche, metacritic.com., equivalente al più che soddisfacente e ottimo 69% di opinioni largamente positive, si differenzia profondamente da altre opere di Cronenberg, sovente contorte e narrativamente più bislacche ed ermetiche, per via della sua struttura assai classica e più facilmente comprensibile per chiunque. Magistralmente e sapientemente sceneggiato, con acutezza e leggerissime licenze poetiche e tematiche, dal valente e lungimirante Jeffrey Boam (Indiana Jones e l’ultima crociata, Salto nel buio) che liberamente adattò una celebre ed omonima novella di Stephen King, al quale fu proposto all’inizio di adattare lui lo stesso lo script, La zona morta è un commovente ed emotivamente straziante psicodramma toccante, con echi fortemente paranormali, ancestrali ed orrifici, indimenticabile e potente. Stando alla fin tropo concisa, assurdamente sbrigativa e decisamente poco esaustiva, immensamente approssimativa sinossi rilasciata da IMDb, La zona morta presenta questa scarnissima trama: Sottostante, testualmente riportatavi ma, rimarchiamo, veramente troppo esigua e fortemente generica: Un uomo si risveglia da un coma per scoprire di avere una capacità psichica.
L’uomo suddetto, docente di lettere, si chiama Johnny Smith ed è incarnato da un magnetico e strepitoso Christopher Walken in uno dei suoi ruoli più grandiosamente memorabili ed ipnotici. Johnny è promesso sposo alla sua eterna ed amatissima fidanzata Sarah (Brooke Adams). Dopo averla accompagnata a casa, di ritorno in macchina in direzione della sua abitazione, in una serata rigidamente invernale, viene tragicamente investito da un camion. Johnny cade in coma per lunghissimo tempo, per l’esattezza dieci anni. Improvvisamente, se ne ridesta ma, al suo inaspettato e miracoloso risveglio, s’accorge di possedere una particolare e soprattutto paranormale facoltà psichica tanto prodigiosa quanto per lui dolorosa. In quanto, gli basta entrar in fisico contatto col prossimo per leggerne il futuro. Nel frattempo, Sarah si è sposata e, di conseguenza, la vita affettiva di Johnny è stata frantumata. Johnny, affrantone, per di più trattato da fenomeno da baraccone ed emarginato dalla sua comunità a causa del suo dono tanto sorprendente quanto per gli altri inquietante, aiuta la polizia del luogo, in virtù della sua preveggenza, a scoprire un pericoloso omicida seriale. Dopo di che, Johnny conosce l’ambizioso candidato al Senato di nome Greg Stillson (un Martin Sheen sibillino e mefistofelico), futuro Presidente degli Stati Uniti d’America. Johnny, sempre grazie al suo intuito fenomenale e alle sue straordinarie capacità da chiaroveggente, prevede che Greg, una volta divenuto l’uomo più potente del mondo, scatenerà una mostruosa guerra nucleare. E ne interverrà al più presto per impedire che l’orrendo, da lui visualizzato futuro nefasto, assuma reale concretezza terrificante.
Teso, avvincente, tristissimo e al contempo bellissimo, struggente e girato maestosamente da un Cronenberg delicatissimo e acuto che, accantonando momentaneamente i suoi consueti pindarici voli stilistici e il più sperimentale, truculento e sanguinario body horror, del quale è uno dei massimi esponenti e inconfutabili padri fondatori e/o ricreatori, filma una storia agghiacciante con misuratezza mirabile.
La zona morta è un romantico e glaciale film drammatico mascherato da vicenda dell’orrore sui generis, è uno spettrale ed angosciante thriller dell’anima camuffato da allucinatoria detection persino fantascientifica e surreale.
Walken & Sheen, entrambi superbi, gareggiano in bravura, cesellando perfettamente due personaggi psicologicamente antitetici, son cioè l’uno la nemesi dell’altro, eppur allo stesso tempo “disturbati”, sebbene per ragioni diametralmente opposte.
Suggestiva e impeccabile fotografia di Mark Irwin e musiche, in tal caso rarissimo, non composte dall’inseparabile habitué di Cronny, ovvero Howard Shore, bensì realizzate da Michael Kamen.