La nostra intervista a Etta Di Marco finalista del contest 1MNEXT porterà sul palco del Primo Maggio a Roma il suo “extreme pop”.
Parlare con Etta – all’anagrafe, Maria Antonietta Di Marco – è come essere investiti, fin da subito, da una ventata di allegria ed energia: la giovane cantautrice, classe 1995, sa bene cosa vuole, quali obiettivi raggiungere e come arrivarci. Ed è anche ben consapevole del mondo che la circonda e nel quale si muovono i suoi coetanei, rappresentanti della Generazione Z alle prese con idiosincrasie, dubbi, dilemmi morali, insicurezze e fragilità; tutti aspetti che la vincitrice del contest per nuovi artisti 1MNEXT ben racconta nel suo Ep Stress e nel singolo – dal titolo emblematico – Mille Pare, già disponibile a partire dal 28 di aprile su Spotify e su tutte le piattaforme digitali, pronto ad essere presentato sull’esclusivo palco del Concertone del Primo Maggio. “Sto benissimo all’idea di esibirmi, però mi sento abbastanza stressata, anche se si tratta di un sogno da bambina che si realizza” ha commentato Etta a caldo, nel corso della nostra intervista nella quale abbiamo parlato soprattutto di musica ma non solo, perché hanno trovato spazio anche temi importanti come i diritti civili e la celebrazione della nostra Costituzione, leitmotiv di questa edizione del Concertone.
Etta, Mille Pare è il tuo nuovo singolo che cattura un’istantanea dei problemi e dei turbamenti che, fin troppo spesso, accompagnano – o popolano – i pensieri della Generazione Z (e non solo). Com’è nato il brano?
«Il brano è nato un po’ come nascono tutti i miei, del resto: mi faccio guidare tanto dalla musica, quindi una volta che scelgo un po’ su che genere stare – una semi-struttura diciamo – dopo mi faccio guidare tanto dall’istinto e, in quel momento specifico, mi sono venute in mente queste urla… lo confesso, avevo pensato un po’ a Marilyn Manson come punto di riferimento! Mi erano quindi venute fuori queste urla proprio liberatorie che poi hanno generato il ritornello di Mille Pare e da lì è nata tutta la canzone. Quando compongo, di solito, lo faccio in finto inglese, un po’ come accade nell’arte contemporanea quando gli artisti, che so, tagliano la tela: loro in quel momento che stanno tagliando hanno soltanto l’intenzione, non hanno proprio chiaro il mezzo con il quale lo faranno ed è la stessa cosa che capita anche a me. Quindi quando io scrivo una canzone all’inizio è tutta intenzione e messaggio; poi la cura verso ogni minima parola, la frase di senso compiuto viene dopo ma all’inizio c’è l’idea dietro a tutto, la mia volontà di cacciare fuori tutti questi sentimenti e stati d’animo che reprimevo lasciandoli uscir fuori nella chiusura della canzone».
È interessante la tua scelta di utilizzare il linguaggio del rock per raccontare la realtà: ancora una volta è il genere privilegiato, quindi, per dar voce alla ribellione giovanile?
«Non lo definirei proprio “privilegiato” perché… sono contro i privilegi sotto ogni aspetto! (Ride, NdR) Il rock, personalmente, mi ha dato l’opportunità di spiegarmi in un altro modo, quindi per me vale questa cosa. Non so dirti se può essere una regola generale, se può attirare tanti ragazzi o se può essere un genere trainante per i ragazzi della mia generazione. Sicuramente, al momento la musica è un fiume di cose e di generi: anche quello che noi facciamo e che cerchiamo di mescolare tanto insieme. Infatti la mia parte cantata è molto pop nei miei pezzi, più che rock, proprio perché c’è questa voglia di mescolare più cose proprio per dare sfogo al messaggio».
Ed è anche interessante un altro aspetto, che tu sul palco porterai la tua band formata da Massimo Troisi (batteria), Mars Seajail (basso), V-Rus (chitarra) lì sopra: questo, in qualche modo, rappresenta un’evoluzione rispetto ad un mercato che, fino ad un po’ di tempo fa, sembrava determinato – o definito – da un altro tipo di approccio alla musica, meno live e più “da studio”. Che ne pensi a tal proposito?
«Assolutamente: se prima nelle mie risposte ero molto liberale, adesso farei proprio una legge in cui si dice “no! Bisogna fare musica dal vivo, live, con i musicisti” perché è proprio un’altra esperienza. Io l’ho provata sulla mia pelle, perché vengo dall’elettro-pop, dal rap, e quindi andavo da sola, con le basi o magari con qualcuno che mi accompagnava. Ma essere con una band, sul palco, è tutt’altra emozione: è proprio iniziare a godere di quel momento in tutt’altro modo: prima ti sentivi davvero sola a condividere le tue cose, invece lì ci sono altre persone che non solo ti danno forza dietro, ma ti danno l’aiuto per comunicare ancora meglio i tuoi messaggi».
Porterai Mille Pare sul palco del Concertone del Primo Maggio: come ti senti all’idea di salire lì sopra, ritrovandoti al centro di un tale evento storico, circondato da aspettative e conscio di un certo indotto? E dove collochi questo momento all’interno della tua carriera?
«Allora… come mi sento? Mi sento super euforica: per me questo è un punto di inizio nella mia carriera. Ho iniziato a fare musica nel 2019, ma da un anno a questa parte ho capito che strada volevo che davvero prendesse la mia musica: quindi per me questo è un punto di inizio. Io vorrei calcare tutti palchi più grandi del mondo, e il Primo Maggio… è solo uno di quelli che poi vorrò calcare in futuro! (Ride, NdR) Oltre a questo sentimento di super felicità ed euforia, c’è anche tanta responsabilità, perché il palco del Primo Maggio non è un palco di puro divertimento, e comunque nessun altro dovrebbe mai esserlo: ci dev’essere sempre un qualcosa poi da trasmettere agli altri, però il Primo Maggio nasce proprio per portare avanti determinati messaggi. C’è anche tanta responsabilità e io spero di riuscire a comunicare nel modo giusto».
Quest’anno lo slogan del Primo Maggio recita: “L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”, celebrando i 75 anni della nostra Costituzione. Ma quant’è lunga, ancora, la strada per tutti i diritti, da quelli lavorativi passando per i sociali, umanitari, civili etc.?
«È ancora mooooolto lunga! Se solo pensiamo alle differenze tra uomo e donna in campo lavorativo, purtroppo… è ancora molto, ma molto lunga! La cosa che spero è che tutto quello che facciamo, non solo nella musica ma pure nella vita di tutti i giorni, possa far sì che questo mondo migliori sempre. Noi non dobbiamo smettere mai di lavorare per far sì che questo sia un posto migliore… anche se la strada la vedo comunque molto ripida!»
A quali modelli ti ispiri, oppure quali sono quegli artisti che hanno influenzato il tuo percorso musicale così eclettico?
«Davvero non ho un genere di musica che prediligo: ascolto musica in generale, quindi cerco di prendere tanto da tutti, perché se un artista è arrivato in un determinato punto della sua carriera è perché ha qualcosa da dire o da raccontare, quindi vale la pena ascoltare e prendere da questo artista. Io sono una grande fan di Battisti come pure di Marilyn Manson, passando da un genere all’altro! (Ride, NdR) Adesso, come sguardo di riferimento, per il progetto che stiamo mettendo su a livello musicale, mi sto orientando verso il new metal, quindi gruppi come i Limp Bizkit, i Rage Against the Machine o i Papa Roach, quindi sto cercando di trovare dei riferimenti nelle loro sonorità. Però per quanto riguarda i testi e tutto quello che poi serve a trasmettere il messaggio che voglio dare attraverso la mia musica, lì mi sento molto libera di sperimentare: ho riferimenti anche pop, tipo Ariana Grande… continua a piacermi nonostante io faccia il rock! Oppure Rosalía, spero di andare a vedere il suo concerto a Milano quando arriverà la data».
Quindi secondo te, per il mercato musicale attuale, è importante forse trovare anche un po’ di più il coraggio di esprimere le singole voci e personalità di ognuno, visto che hai parlato ad esempio del New Metal che sembra quasi una sorta di voce fuori dal coro per un mercato che rischia, altrimenti, di standardizzarsi troppo?
«Io credo che in realtà sia proprio quello che sta cercando il mercato, perché è così saturo di quello che già c’è che magari si cerca proprio questa voce fuori dal coro, pronta a rappresentare qualcosa di diverso, però bisogna stare attenti a cercare qualcosa di diverso ma “vero”, e non falsato. È quella la cosa che si deve trovare nel mercato musicale: la verità e la capacità di rendere poi tutto quello che si fa vero sono importanti, perché le cose sono comunque sempre costruite, certo; tutto è anche programmato ma se lo fai con sentimento e con verità… io credo che questa cosa arrivi, alla fine, all’occhio del pubblico».
Nel primo momento di paura, ci vengono in mente ogni sorta di sciocchezze, ma non appena ci pensiamo un po’, tutto va a posto.