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DogMan – Recensione dello sfolgorante ritorno di Luc Besson con un ipnotico Caleb Landry Jones

DogMan – Recensione dello sfolgorante ritorno di Luc Besson con un ipnotico Caleb Landry Jones presentato in Concorso a Venezia 80 e nelle sale italiane dal 12 ottobre con Lucky Red.

Ebbene (stavolta, l’intestazione confidenziale è d’uopo, data la natura scoppiettante dell’opera disaminata), direttamente dall’80.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ivi recensiremo DogMan, da non confondere col Dogman di Matteo Garrone (attenzione alla pressoché identica ma sostanziale differenza nella dicitura esatta del titolo) eclettico e fascinoso opus, a nostro avviso assai rilevante, firmato dal grande Luc Besson.

Autore anche della sua sceneggiatura originale, sebbene esplicitamente derivativa (attenzione, non imitativa, bensì giustappunto di matrice ispiratasene trasparentemente), specialmente del Joker di Todd Phillips. Il quale, conclamato ex enfant prodige del Cinema francese più sperimentale, perennemente innovativo, altresì discontinuo e altalenante, dopo gli exploit fenomenali, specialmente dei nineties, cioè degli anni novanta, avvenuti con sue celeberrime pellicole quali, per esempio, Nikita & Léon, senza ovviamente trascurare gli antecedenti Subway e Le Grand Bleu e i posteriori, più controversi però, va ammesso, Il quinto elemento e Giovanna d’Arco, dopo anni d’appannamento e pellicole, sì, belle ma al contempo non propriamente indimenticabili e/o più commerciali come Cose nostre – Malavita , or approda, per la prima volta in vita sua, in gara alla kermesse suddetta col suo magnifico DogMan.

Sì, per noi lo è, davvero superbo, un film che, invero, alla sua presentazione ufficiale in laguna ha riscontrato pareri assai discordanti, in alcuni casi perfino poco lusinghieri che, naturalmente, non ci trovano assenzienti.

In quanto, così come presto spiegheremo, speriamo esaustivamente, DogMan ci ha folgorato e non poco impressionato, stupendoci e incantandoci per l’amalgama e magma immaginifico liricamente evocativi e in virtù del suo adamantino mix eccentrico e insuperabile di variopinta, stupendamente caotica commistione di generi a loro volta centrifugati brillantemente in un gioco caleidoscopico di luminescenze visive emananti beltà pura e vividissima.

DogMan è un film dell’avvincente, soprattutto emozionante e commovente durata di un’ora e cinquantatré minuti netti, scanditi, come poc’anzi dettovi, da una lisergica, adrenalinica e movimentata galleria, potremmo dire, epifanica, d’immagini strabilianti e sostenuto da una torreggiante prova recitativa, veramente titanica d’uno strepitoso Caleb Landry Jones, immediatamente tra i più papabili favoriti per la vittoria finale della Coppa Volpi, come sappiamo, riservata alla miglior interpretazione, stavolta maschile.

Ora, se ci attenessimo all’assai sommaria sinossi riportataci da IMDb, seguentemente trascittavi testualmente in corsivo… Un ragazzo, ferito dalla vita, trova la sua salvezza attraverso l’amore dei suoi cani…

Ecco, capite bene che, così facendo, sviliremmo troppo la vicenda narrataci, mortificandola terribilmente e persino distorcendola in modo scioccamente sbrigativo. Trama, invece da noi sintetizzatavi al massimo per evitarvi fastidiosi spoiler non necessari, altresì soffermandoci su alcuni aspetti imprescindibilmente salienti e importanti:

Dopo un vibrante, oscuro e non poco inquietante incipit visionario e sanguinoso, vagamente ma volutamente indecifrabile e al cardiopalma, dopo un misterioso antefatto che sol successivamente ci sarà illustrato nitidamente, assistiamo al fermo e all’incarcerazione di Douglas, detto Doug (il cui suono onomatopeico non poco somiglia a dog, cioè cane), incarnato dal succitato e magnetico Landry Jones.

Douglas è stato fermato dalla polizia e or è internato in una struttura di natura manicomiale, sottoposto alle cure, specialmente all’interrogatorio all’apparenza soltanto tristemente psicanalitico, invero profondissimo, empatico e assai umano, della dolce e comprensiva, addirittura “apprensiva”, dottoressa Evelyn (Jojo T. Gibbs).

La quale, approcciandolo in forma premurosa e sensibile, inducendolo a confidarsi con lei senza volerlo severamente giudicare e, per l’appunto, non obbligandolo a un riduttivo, abietto, spersonalizzante “trattamento” squallidamente e solamente psicologico che potrebbe rivelarsi deleterio e inutile, amorevolmente inizia a incalzarlo di domande pacate, chiedendogli gentilmente di raccontarle il suo passato che scopriremo essere stato ricolmo di brutali violenze atroci ed abusi psicofisici fortemente traumatizzanti l’animo e la sua coscienza, ledendolo infinitamente.

Doug, pian piano, visceralmente, sentitamente e sempre più sinceramente, fidandosi di lei attraverso un toccante transfert istintivo via via in crescendo emotivo molto straziante, le racconterà quindi della sua burrascosa infanzia difficilissima in cui venne incessantemente angariato, picchiato e bullizzato dal suo padre orco, di nome Mike (Clemens Schick), quasi in combutta criminosa col figlio, suo fratello maggiore.

Doug, abbandonato a sé stesso, respinto e schivato, dolorosamente emarginato dal mondo ancor più nel corso degli anni, s’è oramai da una vita rifugiato nell’animalismo, attorniandosi di cani d’ogni razza, dimensione e colore, gli unici esseri, a suo avviso, capaci di donargli l’affetto e l’amore di cui è sempre stato bisognoso, senz’invece riceverlo nella maniera più totale per colpa di sfortunati incontri meschini e ipocriti.

Deluso anche dalla donna di cui s’era candidamene innamorato, finito sulla sedia a rotelle, Doug, per sopravvivere, datosi financo al travestitismo, essendosi esibito infatti come cantante drag queen, in tal caso assai apprezzato, in un night parigino, si trova or rinchiuso perché si vendicò efferatamente e impietosamente, coadiuvato dai suoi fedelissimi e al contempo spietati e aggressivi amici a quattro zampe, d’ogni ulteriore suo aggressore mostruoso? Se sì, è solo per questo che Doug è finito qui, riducendosi così?

Cosa funziona in DogMan

All’apparenza adolescenziale e facilmente equivocabile per un riprovevole e ribellistico inno alla trasgressione pericolosa, DogMan potrebbe essere inoltre scambiato, così come peraltro è già successo da molti suoi detrattori superficiali, per un pamphlet banalmente nichilistico.

Invece, dietro la sua patina di film incitante all’indisciplinatezza sovversiva delle farisaiche leggi d’un mondo bugiardo e crudele coi più deboli, DogMan vive e liberamente respira di autentica luce propria straordinariamente cinematografica, assai suggestiva e fulgida.

È deliziosamente fumettistico, nello stile tipico di Besson, mescola sapientemente tragicommedia grottesca delle più caustiche a scene potentemente drammatiche e truculenti di rara forza emozionale, difficilmente dimenticabili.

Le incredibili ambientazioni tetre, decadenti e allo stesso tempo poetiche, che oscillano fra una cupa e polverosa banlieue e scalcinati locali fetenti e fatiscenti, tappezzati di graffiti tanto sporchi quanto colorati, unite al ritmo isterico d’un Besson in gran forma registica, donano leggiadria e soffice magia a una pellicola sia positivamente stramba che incantevole.

È però, al di là degli indubbi meriti di Besson e delle scelte scenografiche curate da Hugues Tissandier, Landry Jones, evidenziamo nuovamente, a infondervi cuore e passione, incarnandosi in Doug con un’immedesimazione pazzescamente sublime ed eccezionale.

Perché non guardare DogMan

Se nutrite idiosincrasia per le storie malinconiche ché le reputate sol furbescamente ricattatorie, DogMan non è il film che fa per voi.

Ci teniamo però a delucidarvi in merito al fatto che DogMan non è mai pietistico o consolatorio, sebbene sovente rischi di esserlo, poiché appena sta per imboccare la strada “patetica” del cosiddetto film adatto agli umiliati-oppressi in cerca di banale e folle catarsi ridicola e utopistica, sa svoltarsene godibilmente con delicati e geniali cambi registici spiazzanti, giammai retorici e prevedibili.

Il film è al cinema dal 12 Ottobre con Lucky Red.

Regia: Luc Besson Con: Caleb Landry Jones, Christopher Denham, Marisa Berenson, Michael Garza, Jojo T. Gibbs, Avant Strangel, Ambrit Millhouse, James Payton, Derek Siow, Corinne Delacour, Luing Andrews, Bennett Saltzman, Laetitia Mampaka, Hatik, William Sciortino Anno: 2023 Durata: 113 min. Paese: Francia, USA Distribuzione: Lucky Red

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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