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Arnold – Recensione della Serie TV su Arnold Schwarzenegger

Arnold: Recensione della Mini-Serie TV di Netflix dedicata alla vita e carriera di Arnold Schwarzenegger.

Oggi, recensiamo la miniserie tv targata Netflix, intitolata Arnold e dedicata ovviamente al mitico, coriaceo ed eterno, osiamo dire, indistruttibile e oramai “immortale”, Arnold Schwarzenegger, distribuita sulla piattaforma, appena succitata, il 7 giugno scorso.

Da noi ora recuperata e nelle seguenti righe disaminata. Pochi giorni or sono, recensimmo il similare documentario Sly con Sylvester Stallone. Identicamente ad Arnold, Sly è, come da noi detto e ivi ribadito, un mockumentary Netflix incentrato su un’icona action, specialmente degli anni ottanta.

Analogamente a Schwarzenegger, il cui celeberrimo nomignolo è, peraltro, Schwarzy (quindi, speculare a Sly anche nel soprannome), Stallone non fu e non è soltanto un grande personaggio cinematografico.

A differenza invece del documentario Sly, Arnold non è un lungometraggio a sé stante, bensì è per l’appunto una piccola antologia segmentata, suddivisa in tre episodi della durata di circa un’ora cadauno, diretta da Lesley Chilcott, ospitante neanche a farlo apposta nientepopodimeno che lo stesso Stallone fra le “guest star” intervistate.

Vietata ai minori di sedici anni a causa del suo contenuto a volte scabroso e per via d’alcune immagini violente, Arnold, così come riportatovi sottostante, fedelmente da IMDb, presenta tale sinossi:

Questa intima docuserie racconta la vita e la poliedrica carriera di Arnold Schwarzenegger, da campione di bodybuilding a star hollywoodiana a politico.

Arnold, ripetiamo, consta infatti di tre parti chiamate rispettivamente L’atleta (Athlete), L’attore (Actor) & L’americano (American). Che ci raccontano, attraverso la viva voce d’uno Schwarzenegger aneddotico, autoironico e sinceramente autobiografico, ripreso nella sua lussuosa magione incastonata fra le nevose alpi, la genesi d’uno degli uomini più famosi del Pianeta e la sua vita non soltanto artistica.

Il quale, austriaco e nato nella pittoresca Thal nel dì del 30 luglio dell’anno ‘47, fin dalla primissima adolescenza, sebbene cresciuto da un padre manesco e irascibile, fu fieramente determinato a raggiungere le vette, all’apparenza più insormontabili, non delle montagne e dell’Everest, alla pari dei suoi peraltro idolatrati, da infante, scalatori, bensì del successo più alto, non soltanto olimpionico, da vigoroso, grintoso culturista indomito che, in virtù giustappunto della sua irrefrenabile ambizione marmorea, ascese nell’olimpo hollywoodiano, dapprima agguantando svariate e ripetute volte il titolo di campione di Mr. Universo e poi Olympia. Sconfiggendo, in quest’ultima attività da bodybuilder, addirittura il suo idolo, successivamente amico, Reg Park.

Parimenti a Park, storico interprete di molte pellicole cinematografiche incentrate e intitolate al dio greco Hercules, Schwarzy, dopo i trionfi in ambito sportivo-esibizionistico, si cimentò nel Cinema, esordendo sul grande schermo, neanche a farlo apposta, nel film Ercole a New York.

Dopo essere stato ingaggiato nella pellicola Il gigante della strada di Bob Rafelson e aver recitato assieme a Jeff Bridges (L’ultimo spettacolo, Il grande Lebowski), per via, ripetiamo, della sua inamovibile tenacia, malgrado gli inizi stentati, la sua orgogliosa e inarrendevole risolutezza invincibile fu premiata e baciata dalla fortuna.

Poiché, nel giro d’una manciata d’anni, venne ingaggiato da Dino De Laurentiis per incarnare il protagonista di Conan il barbaro, dunque incontrò miracolosamente James Cameron che gli avrebbe regalato il ruolo per antonomasia, come direbbero gli americani, of a lifetime, ovverosia, ça va sans dire, Terminator

Nel frattempo, s’innamorò di Maria Shriver della famiglia Kennedy, presto sposandola e instaurando con lei una relazione duratura, purtroppo finita tempo addietro a causa d’un imperdonabile tradimento compiuto ingenuamente da Schwarzy.

La Shriver, però, per lunghissimo e fruttuoso tempo indimenticabile, amorevolmente accompagnò il nostro Arnold nel suo trionfante cammino professionale e personale, standogli sempre a fianco e fermamente appoggiandolo quando Schwarzy si candidò alla presidenza di Governatore della California, assurgendo quindi, di conseguenza, a First Lady indiscutibile.

Arnold ne vinse le elezioni e fu rieletto… Il resto è ancora storia, non solo della settima arte, nonostante, perdonateci per il gioco di parole, the end della love story con Maria.

Cosa funziona in Arnold

Teso, vibrante, incalzante, Arnold è un documentario di pregio che, a dispetto di alcune cadute di gusto e molte puntate non necessarie perfino nel celebrativo più insostenibile, funziona decisamente meglio rispetto a Sly.

Poiché, nonostante Schwarzenegger si magnifichi, naturalmente, ergendosi a divinità di sé stesso, potremmo dire, al momento giusto sa calibrare con brillantezza la giusta dose di esaltazione personale, confessandosi, fra l’altro, nudamente e svelando, senza fronzoli, bensì con estrema obiettività e durezza, molti dettagli intimi e dolorosi del suo privato.

Arnold è un bell’excursus financo emozionale e abbastanza sentito che abbraccia e ingloba, filtra con lucidità, di certo romanzesca, sì, sommaria eppur allo stesso tempo piuttosto esaustiva, l’intera esistenza di Schwarzy, dalle sue natie origini sin ad oggi.

Naturalmente, il tutto è intervallato da curiosi e simpatici siparietti goliardici e umoristici a loro volta intrecciati a bislacchi e peculiari racconti di personaggi importanti, quali i sopra dettivi Cameron e Stallone, Jamie Lee Curtis (True Lies, Halloween), Linda Hamilton, la sua ex partner lavorativa e attivista Susan Kennedy, Danny DeVito & Ivan Reitman (I gemelli), il presentatore televisivo Jay Leno e, fra gli altri, il suo ex amico migliore di sempre, Franco Columbu, a cui Schwarzy dedica un commovente omaggio finale, orchestrato dalla buona mano registica di Chilcott.

Perché non guardare Arnold

Arnold, come accennato, pur risultando, a conti fatti, un’operazione intrigante e riuscita, ha una vistosa pecca clamorosa.

Ovvero, totalmente tralascia un nome registico assai rilevante nel percorso filmografico di Schwarzenegger, vale a dire Paul Verhoeven (Atto di forza).

Quest’ultimo ignorato in modo assurdo e ingiusto. Non se ne fa alcuna menzione e possiamo comprenderne le ragioni, essendo infatti Arnold popolato solamente di personaggi perlopiù appartenenti quasi esclusivamente allo star system statunitense e al rutilante mondo che vi ruotò e a tutt’oggi vi gira intorno. Inoltre, Verhoeven non voleva comparire in un prodotto Netflix. Però ciò non ne giustifica la scandalosa esclusione da ogni minima citazione doverosa.

Disponibile in esclusiva su Netflix dal  7 giugno.

Regia: Lesley Chilcott Con: Arnold Schwarzenegger Anno: 2023 Durata: 3 Episodi (60 min. x ep.) Paese: USA Distribuzione: Netflix

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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Un commento

  1. Non mi stupisce che, pur con i suoi difetti, “Arnold” sia meglio del suo “fac-simile” ‘Sly’…In effetti gli argomenti sono più sfaccettati e variegati, in quanto il nostro Schwarzy è anche stato più volte Mr.Olympia, Governatore della California e chi ne ha , più ne metta.
    Mi rammarico invece circa la mancata citazione di Paul Verhoeven e di “Total recall”, un film che mi è piaciuto abbastanza,che ha visto Arnold in compagnia di una giovane ed affascinante Sharon Stone.
    Che altro dire?…Meglio di me ha già descritto tutto Stefano Falotico, sempre impeccabile e sempre, come si suol dire, “sul pezzo “…

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