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Racconti di Cinema – Waterworld di Kevin Reynolds con Kevin Costner e Dennis Hopper è veramente brutto o è invece un grande film?

Ebbene, oggi recensiamo una delle opere cinematografiche, a nostro avviso, più ingiustamente snobbate, troppo in fretta e furia, all’epoca e a tutt’oggi, ahinoi, liquidate con troppa superficialità imbarazzante, ovvero il faraonico, in termini di budget da titanico colossal purtroppo rivelatosi fallimentare sia al botteghino che presso l’intellighenzia critica, Waterworld.

Waterworld, film della durata di due ore e quindici minuti per quanto concerne il minutaggio inerente la sua distribuzione in sala, poi reso disponibile in un’extended version di quasi tre ore circa.

Firmato da Kevin Reynolds (Montecristo) che, per l’occasione, affiliandosi nuovamente, per la quarta volta consecutiva, al suo pupillo e attore feticcio Kevin Costner, dopo i fasti di Fandango, pellicola che apparve sensazionale per la generazione degli eighties, cioè degli anni ottanta, e il successo planetario di Robin Hood – Principe dei ladri, dopo il notevole contributo produttivo ma, in tal caso, non attoriale, dello stesso Costner per l’ambizioso ma profondamente irrisolto, pacchiano e pasticciato Rapa Nui, realizzò Waterworld, fortissimamente convinto, assieme al regista e interprete di Balla coi lupi, che avrebbe centrato appieno il bersaglio, stupendo e incantando gli spettatori mondiali ed estasiando la Critica tutta che l’avrebbe, secondo le intenzioni e le aspettative personali, incensato di lodi sperticate, non obiettandone, a suo avviso, minimamente il qualitativo valore da lui profetizzato e ritenuto alto. Avvenne esattamente, totalmente il contrario.

Purtroppo, sia per Reynolds che per Costner, Waterworld si rivelò uno dei massimi flop della storia del Cinema, riscontrando scarsi favori del pubblico e soprattutto incorrendo in un sonoro tonfo e fiasco recensorio davvero da lasciare senza parole. Insomma, giocando invece di parole, per l’appunto, un film che fece acqua da tutte le parti. Perlomeno, riferendoci ai responsi risalenti ai tempi della sua release.

Venuto infatti a costare la stratosferica cifra impressionante di centosettantacinque milioni di dollari, ne incassò pressappoco dieci volte di meno per un rapporto inversamente proporzionale di natura tragicamente oceanica e abissale.

Opera assai dispendiosa di matrice science fiction assai peculiare, sceneggiata, ascrivibile al genere d’avventura picaresca e anche, in un certo senso, piratesca, a partire da un soggetto originale, per mano di Peter Rader & David Twohy (Riddick), Waterworld, rivisto e rivalutato obiettivamente e col senno di poi, è in effetti un gran bel film stranamente incompreso e follemente, osiamo dire, impietosamente stroncato senza vero motivo oggettivo e apparente. E di ciò ce ne stupiamo grandemente, restando senza dubbio assai increduli, esterrefatti oltre ogni dire dinanzi all’inspiegabilità di quanto avvenuto e successogli.

Com’è possibile, effettivamente, che Waterworld sia stato così disprezzato e assurdamente, negativissimamente malgiudicato e così presto, senza pietà, linciato e massacrato?

Forse lo si deve solamente a sfortunate circostanze misteriose piuttosto scioccanti e irrazionali, potremmo dire, cabalisticamente funeste d’una malasorte nefastamente predestinata, forse ciò avvenne in seguito a rocambolesche e imponderabili volontà nere e imperscrutabili d’un fato che gli fu ostile e tristemente avverso.

Nelle seguenti, prossime righe, brevemente proveremo a indagarvi meglio, disaminando, speriamo con netta esaustività lucida, la questione Waterworld.

Ebbene, di tuffo nella memoria cinematografica a mo’ di acquatica nostra immersione nel film…

Trama:

In un futuro post-apocalittico e immaginario, perfino immaginifico, in seguito all’aggravarsi infermabile del buco dell’ozono e al consequenziale aumento spropositato della temperatura del globo terrestre che ha provocato inesorabilmente e irreversibilmente lo scioglimento delle calotte polari, il mondo s’è imbarbarito e l’entropico caos derivatone, giocoforza, ha ingenerato l’imperversare di bande teppistiche e di uomini e donne disperati alla ricerca dell’unico lembo di terra emersa ancora rimasto, se mai esistesse veramente, peraltro.

Un condottiere senza macchia e senza paura, soprattutto senza nome (Kevin Costner), uomo con le branchie e i piedi palmati, combatterà strenuamente per difendersi da una feroce gang di folli predoni capeggiati dall’avido e malvagio Diacono (un Dennis Hopper ancora una volta villain come in Speed e bendato in un occhio, torvo e minaccioso, teatrale e istrionico) che gli darà estremo filo da torcere.

Soprattutto, il nostro battagliero marinaio e cavaliere intrepido, contro tutto e tutti, dovrà difendere dalle grinfie del suddetto Diacono una ragazzina, Enola (Tina Majorino). In quanto, sulla schiena di quest’ultima, è tatuata la mappa che condurrebbe alla meta idilliaca da tutti agognata.

Epico, avvincente, adrenalinico, qua e là sanamente fracassone, ricolmo di scene ad alto tasso di deflagranti e dinamitardi fuochi ed esplosioni pirotecniche, è illuminato virtuosamente da una sontuosa fotografia eccelsa di Dean Semler, cinematographer dello stesso Balla coi lupi di Costner e specialmente di due centrali episodi della saga di Mad Max. Saga esplicitamente omaggiata da Reynolds in maniera inequivocabilmente chiarissima.

Dunque, critici come Paolo Mereghetti che, nel suo dizionario dei film, prendendo un abbaglio immane, stronca Waterworld con durezza e prosopopea penosa, affermando orgogliosamente, anzi, ridicolmente che Waterworld sarebbe una scialba, patetica e scipita imitazione a mo’ di nascosto plagio di Mad Max, con tanto d’iconografie ricalcate da tale capostipite in modo rozzo, noi ci limitiamo a sorridervi con gusto goliardico irriverentemente scherzoso. Sogghignando dinanzi a tanta sfrontata ignoranza e superficialità cosmica.

Inoltre, il sig. Semler, circa una decade dopo, avrebbe fotografato Apocalypto di Mel Gibson. Inutile dunque aggiungere altro…

Musiche di James Newton Howard (Wyatt Earp, L’avvocato del diavolo), un Costner inedito en pleine forme, un Hopper geniale e la solita stupenda Jeanne Tripplehorn. Cioè colei che, in Basic Instinct, interpretò l’amante del personaggio interpretato da Michael Douglas, instillandoci il forte dubbio che, in verità, fosse più sexy di Sharon Stone. Dici poco…

Waterworld non è un capolavoro, sia inteso, ma è una perla nel mare in burrasca di tanti film sciocchi, inutilmente costosi e vuoti, questi sì, girati spesso male ed emozionalmente idioti. Che galleggiano a stento, metaforicamente parlando, oggi come oggi, sommersi come sono, in apnea, negli abissi del dimenticatoio totale.

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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