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Racconti di Cinema – Linea mortale di Joel Schumacher con Kiefer Sutherland e Julia Roberts

Ebbene oggi, per il nostro consueto appuntamento con la rubrica Racconti di Cinema, disamineremo Linea mortale (Flatliners), opus del 1990 firmata dal compianto Joel Schumacher (8mm- Delitto a luci rosse, Ragazzi perduti).

Film della durata consistente, avvincente, sebbene altalenante, ammaliante e al contempo non esente da marcati difetti rilevanti, Linea mortale, a prescindere dal fatto, alquanto evidente e insindacabile, che non è di certo un capolavoro, altresì non è tantomeno una pellicola perfettamente compiuta e nella sua interezza impeccabile, può essere però tranquillamente annoverata e reputata una delle migliori opere di Schumacher e, a tutt’oggi, cioè a distanza di oltre un trentennio dalla sua uscita e distribuzione nelle sale cinematografiche, mantiene intatta, immutabilmente inscalfibile, la nomea, meritata, di cult movie generazione piuttosto indiscutibile e inossidabile. In quanto, al di là delle sue pecche, da noi prossimamente enunciate, e d’alcune vistose, ingenue grossolanità, a dispetto della sua hollywoodiana convenzionalità, tipica, negativamente, del Cinema mainstream degli anni novanta, Linea mortale possiede ed emana un fascino tutto suo che è impossibile negare.

Da un’intrigante sceneggiatura originale, a suo modo geniale, di Peter Filardi (writer di grandi speranze, dotato d’acume e idee brillanti, poi inspiegabilmente scomparso quasi nel nulla di punto in bianco), Linea mortale fu principalmente prodotto nientepopodimeno che da Michael Douglas, il quale raramente ha sbagliato nel corso della sua carriera, parallela a quella di stimato attore, come lungimirante producer dall’ottimo fiuto e dalle splendide intuizioni finanziarie, malgrado in quest’ultimo campo si sia cimentato poche volte, tutte però, ribadiamo, azzeccate. Basti pensare a Qualcuno volò sul nido del cuculo che gli fruttò l’Oscar, giustappunto come produttore nel lontano ‘75, prima di quello da lui successivamente vinto, come interprete, per Wall Street, oppure allo strepitoso Face/Off, da lui fortemente patrocinato.

Saremmo però inclementi se trascurassimo e ivi non citassimo, doverosamente, anche Scott Rudin, altro primario artefice produttivo di Linea mortale. Specificato opportunamente ciò, passiamo or alla trama, da noi qui assai sintetizzatavi per non rovinarvene le sorprese nel caso apparteneste a coloro che non hanno mai visto tale film:

Un gruppo di ambiziosi e incoscienti, forse semplicemente coraggiosi, studenti di Medicina, capitanati da un Victor Frankenstein ante litteram, ovvero Nelson Wright (incarnato da un Kiefer Sutherland carismatico, doppiato da Francesco Pannofino), decidono di sfidare la morte, lanciandosi impavidamente in un esperimento rivoluzionario non poco rischioso che consiste nell’assumere sostanze letali, lentamente morendo e poi, grazie a sofisticate apparecchiature d’avanguardia, rinascendo quasi miracolosamente al fine di poter comunicarsi reciprocamente le rispettive esperienze post mortem. L’esperimento funzionerà, cosicché qualcuno vorrà andare oltre, non solo nell’aldilà… Vale a dire che l’indotta morte diverrà una scommessa fatale e forse non molto morale. Sì, eticamente lapidaria…

Funzionale e curata, seppur leziosa e patinata, fotografia suggestiva di Jan de Bont (esatto, il futuro regista di Speed e il cinematographer di Basic Instinct), una buona compagine di giovani attori affiatati, in gran sintonia recitativa, fra cui una fascinosa e fulgida Julia Roberts nel suo primo film immediatamente successivo a Pretty Woman, William Baldwin, Kimberly Scott, Kevin Bacon e Oliver Platt per un film, come sopra dettovi, irrisolto, superficiale in molti sui punti eppur godibilmente eccentrico, ricolmo di sussultanti, sfaccettate e maestose trovate architettateci e congegnate con insolita maestria da parte d’uno Schumacher sorprendente il quale però, pur inoltrandosi con ammirabile ingegno in territori metafisici e ancestrali assai stimolanti, non approfondisce sufficientemente la materia narrataci e visivamente da lui visionariamente mostrataci con indubbi, bei guizzi pindarici dalla notevole tecnica, affogando e approdando, retoricamente e in modo semplicistico, in un finale dolciastro e furbetto, molto fastidioso e indigesto.

Musiche di James Newton Howard. Ne è stato realizzato, nel 2017, uno scialbo remake dall’omonimo titolo (da noi, per differenziarlo dall’originale, reso in Flatliners – Linea mortale) per la regia di Niels Arden Oplev con lo stesso Sutherland in un ruolo minore ma centrale.

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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