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Rifkin’s Festival: Recensione del nuovo film di Woody Allen con protagonista Wallace Shawn

Rifkin’s Festival: Prodotto dalla società spagnola Mediapro, ma anche dall’italiana Wildside, l’ultimo film di Woody Allen arriva nei cinema italiani dal prossimo 6 maggio grazie a Vision Distribution.

Mort Rifkin (Wallace Shawn) è un ex-docente di cinema spostato con Sue (Gina Gershon), donna molto più giovane di lui e ufficio stampa personale del giovane regista Philippe (Louise Garrel). L’ultimo film di quest’ultimo è in concorso al Festival internazionale del cinema di San Sebastián. Mort decide con riluttanza di partire insieme alla moglie ma scoprirà presto di aver fatto la scelta sbagliata.

Non solo non si riconosce in quell’ambiente, troppo snob e falso per uno come lui, ma ha anche più di un sospetto che Sue lo tradisca con Philippe, e non sa proprio come gestire la cosa. Almeno finché, per puro caso, non si ritrova nello studio dell’ancora più bella e giovane dottoressa Jo Rojas (Elena Anaya). Un incontro che gli cambierà in parte la vita.

Cosa funziona in Rifkin’s Festival

Difficile non vedere in Wallace Shawn il vero Woody Allen, quello del passato e quello presente.

Un conoscitore di cinema impegnato con una donna molto più giovane di lui, e anche avanti con l’età (il protagonista ha solo otto anni in meno del regista). La svolta di questa storia comincia per una questione di ipocondria, e l’omaggio finale a Il settimo sigillo non fa che aumentare gli indizi: che lo stesso Allen cominci a pensare che questo sia il suo ultimo film?

C’è il fattore età, ma anche quello della cancel culture (infatti Rifkin’s Festival non ha ancora una data di uscita negli Stati Uniti) ma questa è solo una possibilità, perché il film racconta anche altro.

Wallace Shawn è uno che inizialmente sembra voler mollare, ma l’incontro con la dottoressa gli cambia decisamente la vita. Torna ad apprezzare le cose belle di essa, non solo la possibilità di un nuovo amore, ma anche il visitare e scoprire posti nuovi, e inoltre frequentare Philippe e quelli della sua generazione in un certo modo lo rinvigorisce, nonostante il possibile tradimento.

Anche lui in realtà ha i suoi gusti snob (come la sua passione per il cinema europeo di una volta, citato in bellissime e divertenti rievocazioni in bianco e nero) ma è comunque la persona più vera là in mezzo, che non ha paura di fare del sarcasmo di fronte a delle assurdità, come la speranza che un film possa fermare la guerra in Medio Oriente.

Nonostante l’età del protagonista Rifkin’s Festival è comunque un film sulla crescita personale, perché Mort capirà di essere anziano e che non è giusto continuare a stare dietro a donne più giovani e belle di lui, ma non per questo rinuncerà a vivere e ad essere felice. San Sebastian lo farà maturare, gli farà capire che è meglio tornare ad insegnare cinema piuttosto che ossessionarsi nella scrittura del più grande romanzo americano.

Perché non guardare Rifkin’s Festival

Dialoghi e battute che criticano Hollywood, così come la stampa internazionale non mancano, non ci sarebbe però affatto dispiaciuto averne di più.

Un piccolo appunto per questa nuova commedia capolavoro di Woody Allen, in cui ogni critico cinematografico frequentatore di festival si rispecchierà (o al limite, vivrà dei Déjà vu nei confronti dei suoi colleghi).

Regia: Woody Allen. Con Gina Gershon, Christoph Waltz, Elena Anaya, Wallace Shawn, Louis Garrel, Sergi López, Steve Guttenberg, Damian Chapa, Georgina Amorós, Yan Tual, Richard Kind, Andrea Trepat, Douglas McGrath, Ben Temple, Elena Sanz, Nick Devlin, Nathalie Poza, Itziar Castro, Isabel García Lorca, Enrique Arce, Tammy Blanchard Anno: 2020 Durata: 92 min. Paese: USA, Spagna Distribuzione: Vision Distribution

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