Ebbene, in attesa di vedere (Covid-19 permettendo) Cry Macho, nuova opus di Clint Eastwood attualmente in post-produzione e girata in tempi record, esattamente alla fine dello scorso anno, in pieno periodo pandemico, oggi vogliamo recensire forse una delle pellicole più ingiustamente sottovalutate, comunque relativamente, della registica filmografia del nostro Clint. Chi, sennò?
Ovvero lo splendido, torbido, estremamente suggestivo Mezzanotte nel giardino del bene e del male (Midnight in the Garden of Good and Evil), un film oltremodo affascinante e probabilmente, ripetiamo, altamente incompreso ai tempi della sua uscita, avvenuta ovvero nel lontano anno 1997.
La Critica, infatti, rimase alquanto spiazzata da Mezzanotte nel giardino del bene e del male e, purtroppo, a tutt’oggi l’intellighenzia statunitense, stando all’ancora attuale, mediocre media recensoria riportata da metacritic.com, vale a dire il buono ma non appieno soddisfacente 52% di parziali opinioni positive, a nostro avviso, non giudicò tale opera di Eastwood ottimamente come invece ampiamente avrebbe meritato.
In quanto, Mezzanotte nel giardino del bene e del male è, sì, un film spiazzante, forse leggermente lungo, essendo la sua durata notevole, cioè l’equivalente di due ore e cinquantacinque minuti, un film apparentemente noioso e monocorde. Invero, guardato attentamente, è una pellicola straordinaria, del tutto imprescindibile all’interno del travolgente, diversificato e irresistibilmente conturbante excursus cineastico di Eastwood.
Un’ennesima sua storia di detection assai stratificata e peculiare, perfettamente alla sua riconoscibile e crepuscolare poetica agganciata in modo strabiliante e coerente, raffrontabile a due opere da lui dirette successivamente, Fino a prova contraria e Debito di sangue.
Mezzanotte nel giardino del bene e del male, sceneggiato da John Lee Hancock (Highwaymen – L’ultima imboscata, Fino all’ultimo indizio, The Founder, già writer per Eastwood del magnifico Un mondo perfetto), da quest’ultimo adattato, partendo dal libro omonimo di John Berendt, è un viaggio spettrale e al contempo incantevolmente avvincente nei meandri d’un sottobosco metropolitano tanto elegante quanto glacialmente perverso, osiamo dire perfino lussurioso, peccaminoso e scabroso.
Trama:
siamo nell’ammaliante e seducentemente, apparentemente radiosa, invero assai cupa Savannah, nel 1981.
Città patria del voodoo, popolata da molti personaggi pittoreschi. A Savannah, giunge l’ambizioso, volitivo scrittore e cronista John Kelso (John Cusack). Arrivatovi per redigere un articolo, a sua volta, vivace e colorito riguardo la consueta, fastosa festa di Natale organizzata dal ricchissimo Jim Williams (Kevin Spacey). Un antiquario di mezz’età, nato in verità da una famiglia non molto agiata, divenuto facoltoso in modo un po’ misterioso, se non sospetto, forse. Williams è un distinto gentleman molto colto, di fine gusto nel vestire e galante nei suoi modi altoborghesi da uomo, per l’appunto, oramai asceso nell’empireo dei miliardari possidenti più in vista di Savannah e dintorni.
Nel bel mezzo della festa, fa irruzione nel suo studio, alla presenza dello stesso Williams e di Kelso, la “marchetta” Billy (un giovanissimo Jude Law), ragazzo sbandato e spostato, ubriaco e soventemente assai drogato e sballato. Anzi, diciamo decisamente fuori posto in un ambiente lussuoso, frequentato perlopiù da uomini e donne di spicco (?) della società più elitaria e “chic”. Un ambiente poco consono e non in linea rispetto all’esuberante, diciamo variopinta, verve incontenibile di Billy.
Terminata la festa e congedati tutti gli invitati, Billy viene trovato morto nella villa di Williams. Quest’ultimo viene subito indagato dalla polizia poiché ammette immantinente e sinceramente di essere stato lui ad ammazzare Billy per legittima difesa in seguito all’ennesimo diverbio violento avvenuto fra i due.
La storia dunque s’ingarbuglia, l’intreccio si complica, le verità date per assodate si mischiano alle bugie bianche e ai sotterfugi più reconditi, i contorni sfumano, serpeggiano nel frattempo strampalati tipi simpatici o solo poco raccomandabili, sfilano angelicamente delle ladies attraenti e impazza il travestito carismatico di nome Lady Chablis.
Mentre, nell’esoterica tetraggine notturna di cimiteri periferici, ove sono sepolti i neri del luogo, aleggia l’ombra del maligno, striscia vicino ai loculi dei morti e degli spiriti defunti una fattucchiera di colore forse invasata, forse soltanto magicamente profetica, una donna dotata di sana spiritosaggine dal dark humor inquietante e dalla lingua biforcuta ben tagliente. Esperta di chiromanzia e di magia nera, di occultismo od occultatrice semplicemente dei segreti torpidi che, da tempo immemorabile, si celano negli scheletri dell’armadio e nelle profondità viscerali di una folle città da studio socio-antropologico.
In quanto, come detto, Savannah è abitata da uomini e donne strampalati o solamente angoscianti. Anzi, siamo più precisi, perturbanti.
Superba fotografia di Jack N. Green (I ponti di Madison County), montaggio inappuntabile di Joel Cox, un magistrale Kevin Spacey che, per pura coincidenza, pare immedesimarsi nell’autobiografico ritratto agghiacciante del suo profondersi e sprofondare anzitempo nell’angusta realtà stritolante delle sue terribili vicissitudini personali. Sì, nello scandalo e nelle inevitabili conseguenze, tragiche per la sua carriera, da lui vissute tormentosamente in prima persona, uno scandalo che scandalo non è se non siete bigotti puritani e credenti… alla libertà sessuale.
Eastwood con Mezzanotte nel giardino del bene e del male non lesina, neanche a farlo apposta, a compiere una perigliosa e certosina indagine coraggiosa tra gli anfratti delle nostre paure più intimamente zittite e inconsce, altresì indagando sui delicati rapporti sociali e gli ambigui moventi che ne possono derivare, addentrandosi nei metaforici momenti psichici del complicato, intricatissimo labirinto emotivo dei nostri demoni che, oceanici e irrequieti, riecheggiano e pulsano dalla nudità dei nostri abissi umani più insospettabili e mostruosi.
Firmando sia un giallo sui generis che un mystery thriller compassato, volutamente soporifero, uno sleeper di grandiosa cifra stilistica.
Cioè un’altra opera indimenticabile e bellissima. Meravigliosamente rétro, fascinosamente decadentistica.