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The Lighthouse – Recensione del film di Robert Eggers con Willem Dafoe e Robert Pattinson

Ebbene, recensiamo The Lighthouseopus n.2 di Robert Eggers dopo l’acclamatissimo The Witch.

Se vogliamo essere più precisi, il suo secondo lungometraggio, dato che Eggers, prima di The Witch, diresse lo short movie Brothers. Cortometraggio della durata di 10’ del 2014 da cui era già possibile intravedre ed evincere la sua poetica rarefatta e individuarne i suoi pugnaci, ora riconoscibilissimi, stilemi incontrovertibili.

Adoratore di Carl Theodor Dreyer e delle sue inquietanti, deliranti atmosfere spiritualmente intrise di soave trascendenza onirica e religiosamente metafisica, d’ascendenza bergmaniana, da lui palesemente dichiarata e puntualmente evocata sia in The Witch che in The Lighthouse, Robert Eggers è già un grande nome imprescindibile del panorama cinematografico mondiale.

Poiché, con questo The Lighthouse, giustissimamente incensato dalla Critica in ogni dove, ancora scandalosamente però non ufficialmente distribuito in Italia e inconcepibilmente snobbato totalmente agli Oscar, ha dimostrato soltanto alla sua seconda opera di aver, come appena accennatovi, sviluppato una sua visione della Settima Arte e del mondo marcatamente già inscalfibili ed evidentemente assai sensibili.

Attratto dalle ermetiche e ancestrali storie macabramente ambientate in altre epoche, apparentemente disgiunte dalla nostra frenetica contemporaneità logorante e scevra d’ogni senso del pindaricamente, suggestivamente poetico, Eggers, difatti, non sembra un cineasta di oggi, bensì un uomo che vaga in uno spazio-tempo indefinitamente, suggestivamente assai affascinante, memore del Cinema ripescato dalle meravigliose profondità oceaniche della venustà rilucente ammantata di viva celluloide indimenticabile, ahinoi, da molti invece offuscata nelle nebbie della smemoratezza più nera, de L’Atalante di Jean Vigo. Spalmandosi nella levigata e cristallina morbidezza tenebrosamente candida d’immagini luminosamente plumbee, virando dalle crespe tonalità volutamente insature e sporche di The Witch allo spettrale eppur ipnotico b/n brillante di questo magnifico The Lighthouse, opera già, possiamo sinceramente dirlo, capitale.

Trama:

sul finire del secolo scorso, più esattamente attorno al 1890, scorgiamo due uomini, Thomas Howard (Robert Pattinson) e Thomas Wake (Willem Dafoe) che, fra i tetri e al contempo fulgidi, baluginanti barbagli d’una giornata ventosa, camminando in mezzo a qualche sparuto e forse persino fantasmatico abitante di un’isola sperduta situata sulla costa del New England, si avvicinano a un faro e poi, lentamente, scrollandosi di dosso i fagotti da loro prima caricati sulle spalle, prendono posizione all’interno di tale torre su cui svetta una lampada dalle spesse lenti ovviamente luminescenti, emananti una luce fioca e allo stesso tempo misteriosamente caleidoscopica, potentemente balenante a diffondere i suoi raggi dardeggianti, striscianti foscamente nell’aria arida e pesante, per irradiare l’incontaminata isola col suo candido vigore luminoso decisamente abbagliante.

Al che, immersi in questo clima profondamente invernale, tali due uomini dall’aspetto decadente, cominciano già poco allegramente, bensì in modo cupamente conturbante, a discorrere del più e del meno, passando così le notti e le susseguenti loro giornate monotone.

Scopriamo subitaneamente che Thomas Wake (un canuto Willem Dafoe barbuto e, dal punto di vista recitativo, ispiratissimo) è un vegliardo uomo inaspritosi nel carattere tristemente che, da tempo immemorabile, svolge il solitario e angoscioso lavoro di guardiano di questo faro forse abbandonato da ogni dio e da ogni santo. Sublimando la sua solitudine nell’ubriachezza e nel tedioso, farneticante ripetere sino allo sfinimento tale cantilena da mitomane vaneggiante:

che la pallida morte con l’orrido artiglio faccia d’un antro oceanico il nostro giaciglio. Dio che dell’onde ascolti veemenza, salva l’anima che invoca clemenza…

Tra luciferine apparizioni e un’indistinta sagoma, forse una sirena, fluttuante fra le impercettibili, recondite voragini del mare increspato da una perenne tempesta imperitura e insistente, si alternano, come detto, i dì e le notti ove i due uomini, caratterialmente agli antipodi, sempre più maggiormente s’accaniscono l’uno contro l’atro in maniera crescentemente furente e spasmodica.

Howard è soltanto un novizio, oggigiorno diremmo “stagista”, in cerca d’un impiego al fine di racimolare i soldi necessari per agguantare una vita dignitosa sfuggitagli di mano? Pronto, una volta che avrà messo da parte un bel gruzzoletto, a salpare esistenzialmente per nuovi lidi più vitalmente limpidi?

The Lighhouse è un kammerspiel bellissimo. Magneticamente irresistibile.

Dafoe, come già sopra scrittovi, è bravissimo e Robert Pattinson non gli è affatto da meno.

E forse, laggiù fra le acque, albergherà per sempre un imperscrutabile, primigenio, terribile mistero insondabile…

Se vogliamo inoltre giocare di curiosi parallelismi con un film, uscito recentemente, che è molto attinente a The Lighthouse in tanti frangenti, se siete amanti delle meta-cinematografiche analogie bizzarre, se lo aveste perso, recuperate The Vanishing.

The Lighthouse è disponibile a noleggio sulle piattaforme digitali.

Regia: Robert Eggers Con: Willem Dafoe, Robert Pattinson Anno 2019 Durata: 110 min. Paese: USA Distribuzione: Universal Pictures

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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3 commenti

  1. Molto bella la recensione. Io non ne sono rimasto così entusiasta, forse mi sono perso qualcosa, proverò a rivederlo. Mi ha conquistato invece The Vanishing, che è agli antipodi: atmosfera ariosa, ventosa, un faro “aperto” in tutte le direzioni… eppure nella sua semplicità e scorrevolezza è così intenso ed efficace…

    • La domanda che ci dobbiamo porre, dopo The Witch e questo The Lighthouse, è semplicemente questa:
      Eggers è un grande talento ancor più a divenire tale oppure è un bluff e, più che richiamare Dreyer o Bergman e affini, soltanto li imita in maniera calligrafica di vuoti esercizi di stile?
      La risposta, a mio avviso, è:
      sì, è un grande talento. Fui il primo a nutrire delle perplessità riguardo la sua opera prima, vale a dire The Witch. Non entusiasmandomi tantissimo. A differenza di chi ne rimase profondamente incantato, enormemente ammirandola.
      Qui, sempre su Daruma, caro Luca, ne trovi la mia recensione. Se vorrai leggerla.
      Detto ciò, ribadisco. Così come forse io dovrei rivedere The Witch, sì, ti consiglio vivamente di riguardare The Lighthouse. Io infatti l’ho rivisto e ora lo considero persino più bello di come qui l’abbia non “magnificato”, bensì giustamente incensato.
      Il Cinema, prescindere dal fatto che Eggers sia o sarà un grande (lo appureremo nel corso degli anni), ha comunque bisogno di personaggi e cineasti coraggiosi. Lui lo è, credo, anzi lo spero. Così come scommetto che è pronto a ricevere tante critiche per la sua forza di osare. Eggers sa, eccome, ben gli ingredienti miscelare e li sa ottimamente, egregiamente dosare.
      Altre colpe, al momento, non gli possiamo addossare né imputare.

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