Oggi, vi parliamo di un film biopic uscito nelle nostre sale il 13 Aprile 2001, ovvero Men of Honor – L’onore degli uomini.
Innanzitutto, puntualizziamo subito che questa sorta di sottotitolo, ovvero l’onore degli uomini, non rispetta la giusta traduzione del titolo originale. Perché mai infatti invertire le parole e dunque distorcere il significante di men of honor che significa semplicemente uomini d’onore?
Detto ciò, il film è diretto da George Tillman Jr. (Notorious B.I.G.), cineasta d’alterne fortune fattosi notare qualche anno prima con l’acclamato I sapori della vita.
La sceneggiatura di Men of Honor è scritta da Scott Marshall Smith (The Score) e romanza, colorandola di molti aneddoti agiografici e irrilevanti, la vera storia di Carl Brashear (Cuba Gooding Jr.), morto pochi anni dopo l’uscita del film, nel 2006.
Brashear fu il primo statunitense di colore, cioè afroamericano, ad aver ottenuto l’abilitazione di palombaro nella Marina. Nel ‘66 fu eletto eroe per essere riuscito a rinvenire, fra gli abissi oceanici, una pericolosa bomba atomica sepolta nelle sue profondità marine, avvertendo immediatamente chi di dovere per bloccare quanto prima, disinnescandola, l’eventualità che potesse esplodere da un momento all’altro. Inoltre, nonostante avesse perso una gamba per un grave incidente occorsogli nel salvare due colleghi, dopo essere stato ingiustamente espulso, per meglio dire, sospeso dal suo lavoro a causa dei suoi anticonformistici, burrascosi comportamenti irruenti ritenuti lesivi della falsa integrità burocratica dei suoi capi, grazie alla sua indomabile abnegazione a un’invidiabile, disumana forza di volontà, riuscì a diventare addirittura il primo capo navy diver (il titolo di lavorazione del film poi trasformato in Men of Honor).
Il film ripercorre piuttosto fedelmente, come detto, senza risparmiarsi perfino in dettagli troppo celebrativi e superflui, la difficile storia di coraggio e determinazione di Brashear.
Il quale, nato nel 1931 in un’arida contea sperduta del Kentucky, Tonieville, fuggì via dalla sua vita di mezzadro su espressa richiesta del padre, il quale, malgrado la sua mancanza d’istruzione, si prodigò affinché il figlio s’emancipasse stoicamente da un triste futuro da schiavo per tentare fortuna, terminata la legge sull’apartheid, in una società comunque tostamente dominata da un non ancora cancellato ed estirpato, purtroppo, pregiudizio razziale dei più marchianti e discriminatori.
Assoldatosi in marina, nonostante le sue richieste d’iscrizione fossero state puntualmente respinte, riprese privatamente gli studi, seguendo le lezioni della sua futura moglie, Jo (Aunjanue Ellis).
Nel suo corso d’addestramento incontrò sin sa subito, naturalmente, l’ostilità dei suoi superiori, a partire dal suo istruttore, il coriaceo, ottuso Billy Sunday (Robert De Niro). Il quale provò, in ogni modo, provocandolo più e più volte ostinatamente a livello psicologico, a frenare il suo sogno. Boicottando, perfino illecitamente, la voglia di Brashear di riscattarsi dalle sue umili origini.
Men of Honor, a dispetto, della discreta accoglienza ricevuta dalla Critica d’oltreoceano, la quale lodò soprattutto le ammirevoli prove di Gooding Jr. e di De Niro, fu invece stroncato impietosamente da noi qui in Italia.
I critici italiani, infatti, accusarono il film di essere troppo retorico e manicheistico nella sua suddivisione, non solo razzistica, fra bianchi contro neri, cioè fra cattivi contro buoni.
Dobbiamo ammettere invece, onestamente che al di là delle sue parentesi insopportabilmente melense e alcune imperdonabili trappole ricattatorie, Men of Honor, sul piano prettamente contenutistico funziona e, con buona forza narrativa, riesce a filtrare un messaggio importantissimo.
Va detto, altresì, che la regia di Tillman Jr. s’attiene, con poche doti stilistiche, solamente a un compitino anonimo scolastico e non sa dosare, per l’appunto, la miscela.
Spesso, calca troppo la mano sul suo impianto oratorio in cerca di facili emozioni strappalacrime, assomigliando in più punti a una fiction di seconda mano sdolcinatamente programmatica nel suo forzato santificare ed ergere in gloria la figura di Brashear.
Cast eterogeneo di assoluto livello in cui, svettando sopra i comprimari David Keith, Powers Boothe, Joshua Leonard e Michael Rapaport, come sempre, riluce la maliarda bellezza di Charlize Theron che interpreta la parte di Gwen, donna caratterialmente complicata e alcolizzata, moglie del personaggio di De Niro.