Quattro Vite: Quattro donne, quattro fasi della vita, una sola storia di mancanze, tormenti e abusi alla ricerca dell’amore nel film di Arnaud des Pallières.
Renée (Adèle Haenel), è un’insegnante premurosa soprattutto con gli studenti più svantaggiati. Sta cercando di avere un figlio con il suo fidanzato e in fin dei conti è una donna realizzata e che ha raggiunto una certa serenità. Nonostante ciò, le ombre del passato non sono mai state cancellate e si ripresenteranno quando una persona, del suo passato, tornerà per un affare mai chiuso.
Sandra (Adèle Exarchopoulos), ha 20 anni e, a Parigi, viene introdotta nel mondo delle corse di cavalli, dal suo amante, uomo d’affari e avvezzo al gioco d’azzardo.
Karine (Solène Rigot) ha 13 anni e, seppur giovanissima, ha diverse relazioni, saltando da un uomo all’altro, nel tentativo di allontanarsi il più possibile dal padre violento.
Kiki (Vega Cuzytek) è una bambina che vive in tranquillità in campagna, fino a quando un innocente gioco si trasforma in tragedia.

Cosa funziona in Quattro Vite
Sicuramente quello che risulta più riuscito è la caratterizzazione delle quattro figure femminili. Quattro esseri umani che portano con loro un bagaglio emotivo pesantissimo, fatto di mancanze, violenze, fughe, tormenti. Quattro donne alla ricerca di amore.

Perché non guaddare Quattro Vite
Probabilmente qui c’è molto di più di cui parlare. E’ evidente che il regista Arnaud des Pallières cullava l’intento di raccontare quattro drammatiche storie femminili di quattro donne, in diverse fasi della loro vita (infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità), tutte interpretate da un’attrice diversa, con un nome diverso, per farle poi confluire in un’unica donna ideale, in un’unica storia. Quello che stona però è proprio il modo di frammentare la narrazione, che quasi fa diventare Quattro Vite una grottesca caricatura della condizione dell’essere donna in una società sessista e maschilista che esercita molte forme di violenza sistematica contro le donne.

Questi frammenti, che purtroppo finiscono per sconcertare lo spettatore e non per sorprenderlo, confondono, al punto da non far capire se si tratta di un discorso femminista o antifemminista, perdendo forse quello che potrebbe essere stato il fattore scatenante: la madre, a cui allude il titolo originale francese “Orpheline“. Perché le quattro donne mancano proprio di una madre (in uno dei casi metaforicamente) e si rifugiano all’ombra di tenebrose figure maschili, quasi come in una come un’attuale trasposizione di racconti di orchi e streghe.
Quattro Vite sarà in sala prossimamente con Movies Inspired.