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Cursed – Recensione della serie di Netflix e le differenze rispetto al libro

Cursed: la recensione della serie TV targata Netflix con annessa analisi delle differenze rispetto al libro scritto da Tom Wheeler ed illustrato da Frank Miller.

Cursed inizia con un lago, maestoso ma al tempo stesso inquietante… Una serie di parole ci raccontano che la Spada del Potere, prima di Artù, apparteneva a una Regina. Un incipit quasi da fanfiction, per chi sceglie di raccontare un “What if…?”, anche se, almeno in questa introduzione, c’è tanto richiamo delle leggende Arturiane, e di Nimue, conosciuta appunto come la Dama del Lago.

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Nimue è una ragazza Fey, un popolo che si contraddistingue da tutti gli altri abitanti della Terra per la padronanza di poteri magici, o caratteristiche fisiche fuori dal comune. Giovane ma già traumatizzata: fin da quando è stata in grado di camminare ha dimostrato con gli Occulti, gli Dei della sua razza, un rapporto eccezionale ma anche incontrollabile.

Un potere latente che le ha causato cicatrici e allontanamenti, non solo dai suoi coetanei, ma anche da suo padre, che spaventato e rassegnato, l’ha abbandonata diversi anni prima, lasciandola sola con la madre Lenore.

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Quest’ultima sembra l’unica, insieme alla sua migliore amica Pym, a volerle bene nel suo villaggio, e vorrebbe che diventasse addirittura la futura guida di esso. L’occasione si manifesta quando in un rituale per svelare il nuovo evocatore del clan, gli Occulti scelgono proprio lei per quel ruolo.

Nimue, piena di rancore e spavento, declina la scelta, e per non essere obbligata fugge via. Costretta a tornare sui suoi passi perché la nave che doveva portarla lontano è salpata, il ritorno è il peggiore di tutti.
I Paladini Rossi, l’esercito inquisitore della Chiesa di Roma, guidati da Padre Carden, hanno appena attaccato il suo villaggio, bruciando case ed abitanti. Nimue riesce a raggiungere sua madre ferita nel tempio, che prima di esalare l’ultimo respiro le consegna una spada. Se vuole salvare i Fey dal genocidio, dovrà consegnarla a Merlino il mago…

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Basato su romanzo scritto appositamente da Tom Wheeler (sceneggiatore de Il gatto con gli stivali) per farne una serie TV Netflix, Cursed è un libro che si avvale della collaborazione del leggendario fumettista e cineasta Frank Miller, che ha naturalmente disegnato le sue illustrazioni. Dopo aver visionato la prima stagione sulla piattaforma streaming, noi di Daruma View abbiamo deciso di leggere anche il romanzo, pubblicato in Italia da Mondadori, per avere una visione più completa della serie che ha diviso pubblico e critica.

Essendo già passati diversi giorni dalla prima messa in onda troviamo utile commentare tutto quanto in maniera più approfondita quindi, se non volete spoiler, sul libro o sulla serie TV, meglio interrompere qui la lettura.

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Partiamo dall’inizio, ossia dalla valutazione del romanzo, che ci è apparso buono, interessante, ma non esaltante. Sia perché la scrittura non è certo al livello di mostri sacri, passati e attuali, come Tolkien, Rowling e George R.R. Martin, ma anche perché è poverissimo di particolari per quel che riguarda la descrizione fisica dei personaggi (e questo è stato utile per le direttivi attuali hollywoodiane, come vedremo in seguito), e criptico per quel che riguarda l’ambientazione storica.

Storia fantasy, ma non del tutto. Non ci troviamo in una Albione stile Merlin, la serie di BBC, dove non c’era alcun riferimento alla storia reale, ma in una sorta di regno Bretone diciamo. Non è citata dunque solo l’Inghilterra, ma anche la Francia, in particolare l’Aquitania (oltre a posti del tutto immaginari come le montagne del Minotauro, o la costa del Mendicante).

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E l’ambientazione cronologica? Decisamente posteriore alla morte di Carlo Magno (814 d.C.), ma viene citata pure la Crociata a Gerusalemme. Se si riferiscono anche alla prima (1096-1099) questo periodo stona con la presenza dei vichinghi nel racconto, dato che la loro epopea era finita circa 30 anni prima.

Anche se storicamente improbabili, i guerrieri Norreni sono comunque l’elemento più interessante di questa nuova versione delle leggende Arturiane, e i Paladini Rossi ci ricordano i millenari crimini del Cristianesimo, e come il Credo Militante del Trono di Spade rammenta a tutti quanto sia pericoloso dare potere temporale e militare a un’organizzazione religiosa. Leggere il libro non comporta spoiler sulla serie, se non sulla rivelazione, proprio sul finale, dell’identità di un personaggio decisamente Arturiano, quindi potete leggerlo senza problemi. Semmai è proprio la serie Netflix ad anticipare qualcosa rispetto al libro, oltre ad allungare il brodo con alcune scene che, nel prossimo libro, quasi sicuramente non vedremo.

Nel finale del secondo episodio Artù si reca con Nimue in un convento di suore, e quando quest’ultima si addormenta, esausta dopo le tante avventure e combattimenti, le ruba nel sonno la spada, fuggendo poi a cavallo. Nell’episodio successivo lo troviamo in una città fortificata di nome Gremaire, governata da suo zio, Lord Ettore. Quest’ultimo non è del tutto lieto di riceverlo, perché il rapporto familiare tra loro non è tra i più idilliaci, per voler fare un eufemismo.

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Sono solo parenti acquisiti (il padre di Artù era il fratello di sua moglie) e proprio la morte di quest’ultimo ha costretto Lord Ettore ad occuparsi dei suoi figli, Morgana e Artù. La prima è stata subito mandata in convento, mentre il ragazzo ha dovuto fin da subito provare a ripagare il suo debito lavorando, finendo a fare il mercenario con gentaglia come Bors e i suoi uomini.

Grazie alla moglie di Ettore, zia Marion, Artù alla fine riceve udienza, e quando lo zio vede il giovane con la spada del potere in mano, ormai diventato un uomo come il suo defunto figlio Carlo, acconsente a dargli la sua benedizione per l’iscrizione al torneo della città, soprattutto dopo che Artù ha mentito sul come sia venuto a possesso di quella spada. Un inganno che durerà poco però…

Ebbene, tutta questa scena nel libro non è presente. Artù e Nimue non si separano in quell’occasione, così la spada non viene mai rubata da lui. I due giovani incontreranno Lord Ettore, ma soltanto più avanti, quando dovranno occupare la città per difendersi dai Paladini Rossi, città che nel libro si chiama Cenere (Cinder) e non Gremaire. Una differenza che però ci appare molto convincente:

Non solo abbiamo una crescita più efficace del personaggio di Artù, che si riscatta e diventa veramente cavalleresco nel corso delle puntate, ma il riferimento al torneo unisce le vecchie e le nuove generazioni di appassionati delle leggende arturiane, sia per chi ha letto i poemi epici originali, ma anche per coloro che sono cresciuti con il Classico Disney del 1963 (tranne che per il fatto che il figlio di Ettore si chiama Carlo/Charles e non Caio/Kay).

Discorso diverso per quel che riguarda la scena del convento, sempre nella terza puntata. Nel libro Nimue non è costretta a travestirsi da suora per nascondersi ai Paladini Rossi, perché come dicevamo, lei non si separa da Ar. Insieme trovano Morgana, fuggita dal convento, per poi recarsi insieme al grande nascondiglio dei Fey. Qua il cambiamento televisivo non funziona proprio, perché i buchi di trama sono troppo assurdi. Se le suore, Morgana in primis, si danno da fare per salvare la vita al Paladino Odo per non avere ripercussioni da parte di Padre Carden, non ha senso che quest’ultima uccida proprio Odo quando si risveglia dal coma. Sarebbe bastato tenere lontana Nimue dalla stanza ai primi segnali di miglioramento del paziente.

L’episodio 7, “Birra in quantità”, è l’altro episodio che si discosta, e male, dagli eventi del libro.

La scena del campo di “Sangue fraterno”, e la successiva discesa nelle grotte della Cailleach, è del tutto assente nel romanzo. Quando Nimue getta la spada nel baratro, preoccupata per il suo potere maligno, ricorda un po’ la pessima scelta di David Yates di far spezzare ad Harry Potter la bacchetta di Sambuco.

Molto peggio va con l’altra sotto-trama della puntata, l’assedio al mulino di Moycraig.

Non solo è assente nel libro, ma è anche girata malissimo, in particolare quando gli arcieri nel mulino non provano a colpire il Monaco Piangente quando è di spalle, intento a torturare Bergerum. Episodio che si salva in corner con un’altra licenza poetica, ma più apprezzabile perché sia fantasy che tetra, cioè l’intervento di Nimue, che riesce sia a teletrasportarsi che a creare un’altra nube fratricida grazie alla Spada del Potere.

Queste scene sono delle novità che quasi sicuramente non vedremo narrate nel prossimo libro, mentre quest’altre sono decisamente più probabili.
Nel libro sono del tutto assenti sia la Cailleach che Celia, l’amore omosessuale di Morgana, ma conoscendo la vera natura del personaggio di Morgana, non è escluso che la profezia venga narrata in seguito.

Nel romanzo Pym, quando viene separata da Nimue la prima volta, non viene più menzionata, se non nei ricordi della Strega, mentre nella serie TV non solo sopravvive, ma prima viene “assunta” come guaritrice sulla nave della guerriera vichinga Lancia Rossa, per poi ricongiungersi con Nimue a Gremaire. Probabile che anche lei torni nella prossima pubblicazione, mentre è difficile dirlo per un altro personaggio apparso solo nella serie televisiva, Pellam il Pescatore.

Differenze che fortunatamente non ci impediscono di vedere nella serie il finale raccontato nel libro, decisamente esplosivo.

Ci auguriamo di vivere nella seconda stagione altre scene simili a quella di Merlino sul ponte di roccia, indispensabili per una serie che vuole definirsi fantasy, e che mettono in risalto Gustaf Skarsgård, attore straordinario amato da molti nel personaggio di Floki in Vikings, e quindi davvero convincente come nuovo Merlino.

Molto buone se non migliori rispetto al libro le caratterizzazioni di Devon Terrell come Artù e Katherine Langford come Nimue. Per il primo come abbiamo detto precedentemente la parte del furto della spada gli regala un qualcosa di più, mentre questa Nimue è decisamente più umana, soprattutto quando maneggia la spada. Non solo viene maggiormente evidenziata la malvagia dipendenza da quest’ultima (un po’ come l’unico anello per Frodo), ma viene anche data un po’ di giustizia ai praticanti di scherma storica.

Non si diventa degli abili spadaccini con poche lezioni, infatti Nimue è più volte sul punto di capitolare contro i più abili Paladini Rossi, tanto da essere salvata o da Artù, o dai poteri magici dell’arma che la trasformano in tutt’altra persona.

Peter Mullan (“Madre superiora” in Trainspotting, e Corban Yaxley negli ultimi due film di Harry Potter) rappresenta alla perfezione il personaggio di Padre Carden raccontato nel libro, un uomo di pura malvagità nascosto dietro il sorriso di un adorabile anziano signore.

Molto convincente la scelta di Peter Guinness come Lord Ettore, attore che tra l’altro è apparso in un’altra serie Arturiana come Merlin, nel ruolo di Ari, uno dei seguaci di Morgana, e per concludere questa piccola parte dedicata agli “ex-Merliniani”, Clive Russell (Wroth, il capo degli Zannuti) è stato il padre di Lancilotto in King Arthur (2004) e Re Bayard in Merlin, oltre che “il Pesce NeroBrynden Tully ne Il Trono di Spade.

Decisamente encomiabili le scelte di Daniel Sharman come Monaco Piangente, e quella di Matt Stokoe come Gawain, mentre Sebastian Armesto ricorda molto bene l’Uther Pendragon raccontato nel libro, al pari di Polly Walker nei panni della Regina Reggente Lunette, a tutti gli effetti la Cersei Lannister di questa storia. Così come per Lord Ettore, sono i comprimari a essere in certi frangenti più convincenti dei protagonisti.
Pensiamo a Rugen, il re dei lebbrosi, le cui fattezze richiamano troppo il re dei Goblin in Lo Hobbit, o la cameriera strabica della locanda, senza dimenticare sorella Iris, una “piccola” Emily Coates davvero inquietante.

Tanti grandi attori, ma non tutti fedeli all’ambientazione storica… Gli autori del libro sono forse stati furbi nell’essere avari di particolari sulle caratteristiche fisiche dei personaggi, ma su Artù non sono riusciti del tutto ad evitarli… Infatti, quando si spoglia per fare il bagno con Nimue, si parla chiaramente di “natiche bianche”, mentre quelle di Devon Terrell di certo non lo sono…

Ancor più lungo sarebbe il discorso dei piccoli ruoli, o delle comparse, dove vediamo non solo tantissimi attori di origine Africana, ma addirittura asiatica, come indiani o cinesi.

Davvero ben poco credibile per una serie che non solo ha una, seppur vaga, connotazione storica (oltre allo Stato della Chiesa vengono citati anche l’Impero Romano e il Sacro Romano Impero) ma anche religiosa, e sappiamo bene quanto la religione cristiana sia stata (e per certi versi rimane tutt’ora) poco inclusiva nei confronti dei non-caucasici. Attori neri si erano visti anche in Merlin, ma almeno lì l’assoluta mancanza di riferimenti alla storia vera o a qualunque tipo di religione esistente rendevano il tutto decisamente più fattibile.

Concludiamo con un commento all’adattamento, sia letterario che televisivo, e naturalmente anche del doppiaggio.

Note dolenti per il primo, ormai sempre meno italiano: infatti Galvano, nel libro e nella serie TV, è rimasto originale, ossia Gawain. La prossima volta Artù, Merlino e Morgana verranno chiamati Arthur, Merlin e Morgan?
La traduzione italiana del libro ad opera di Lia Desotgiu non è poi tra le migliori, dato che “You are Lenore made flesh again” è stato tradotto con “Sei la fotocopia di Lenore” (perché le fotocopiatrici erano molto conosciute nel Medioevo…), mentre ci chiediamo cosa significhi quel “Giuseppe Fuzzini Fuzzini” alla fine del messaggio di Artù a Nimue, presente sia in originale che nella traduzione italiana.

Gawain/Galvano, conosciuto anche come il Cavaliere Verde è doppiato da un grande Maurizio Merluzzo, mentre per i personaggi rimasti “italiani” abbiamo una meravigliosa Emanuela Ionica su Nimue, con un’interpretazione molto “alla Vaiana” (del resto i personaggi si somigliano un po’), mentre Artù può vantare la voce tanto romantica quanto avvincente di Flavio Aquilone, un attore sempre più shakespeariano in ogni nuovo ruolo assegnatogli.

Sotto questa grande direzione di Lorena Bertini abbiamo l’ottima scelta di Gianni Giuliano come Padre Carden, un grande attore perfettamente in grado di passare senza problemi dalla tonalità benevola a quella malvagia.
Molto convincente anche Fabrizio De Flaviis, molto valido nel rendere al meglio questo Uther Pendragon che parla di sé stesso al noi, così come è molto nobile anche Paolo Buglioni su Lord Ettore, l’ennesima grande interpretazione capace di cogliere alla perfezione l’essenza del personaggio.
Applausi anche a Erika Necci per la sua Morgana, a Cinzia De Carolis per Lady Lunette, Alessandro Quarta per questo insolito Merlino, e ultimo, ma non ultimo, un commovente ringraziamento per il doppiaggio di Rugen, dato che è stato effettuato dal recentemente scomparso Roberto Draghetti.

Cursed non si è dimostrata minimamente al livello de “Il Trono di Spade” e di “Merlin BBC”, ma è comunque una serie scorrevole che inizia tra alti e bassi (un po’ come The Witcher del resto) che però col passare delle puntate migliora un po’, e il finale che spiega il perché di quel prologo mette tanta curiosità per gli eventi della prossima stagione, sperando di vedere non solo più “effetti speciali magici”, ma anche più battaglie medievali epiche.

Regia: Jon East, Daniel Nettheim, Zetna Fuentes, Sarah O’Gorman Con: Sebastian Armesto, Shalom Brune-Franklin, Emily Coates, Rob Day, Katherine Langford, Peter Mullan, Lily Newmark, Daniel Sharman Anno: 2020 Numero episodi: 10Paese: USA Distribuzione: Netflix

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