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Yuli – danza e libertà: il Billy Elliot cubano

È veramente il Billy Elliot cubano questo Yuli – danza e libertà, anche se qualche cinico – seppure non a torto – potrebbe chiamarlo il “Billy Elliot dei poveri”. Dai bassifondi alle stelle, storia già vista ma non priva di verve.

Yuli è il soprannome di Carlos Acosta. Suo padre Pedro lo ha chiamato così perché lo considera il figlio di Ogun, un dio africano. Tuttavia, fin dall’infanzia, Yuli ha sempre rifuggito qualsiasi forma di disciplina e istruzione e sono le strade di un’Havana mai così povera a fargli da scuola. Il padre, apprezzando il suo talento per la danza, lo costringe però a frequentare la Scuola nazionale di Cuba. Grazie a lui, Yuli inizia a interessarsi alla danza e a muovere i primi passi che lo porteranno a diventare una leggenda mondiale del balletto.

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Cosa funziona in Yuli – danza e libertà

Funziona l’anima “cubana” dell’operazione più che quella ballerina. Quando racconta i sobborghi, l’insoddisfazione e la crisi politiche, la povertà nobile di chi viene dal basso, Yuli centra il bersaglio. Complessa e profonda la figura del padre, che si mangia tutto il film e regala squarci di autentica commozione. Fotografia levigata (fin troppo?), affascinante e ammaliante.

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Perché non guardare Yuli – danza e libertà

La ripetitività e la prevedibilità sono i principali limiti di un film che avrebbe potuto osare di più. Forse il personaggio stesso di Yuli, così combattuto tra il “freno” costituito dalle proprie radici e la vocazione “maledetta” (gli sentiamo dire più volte che odia ballare) della danza, risulta alla fine privo di quella complessità che lo avrebbe avvicinato al cuore e alla memoria dello spettatore. Il personaggio della maestra poi, nella propria pedanteria moraleggiante, risulta a tratti un ostacolo all’immedesimazione emotiva.

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Un’opera il cui unico scopo è glorificare la persona e il talento di Carlos Acosta (presente nel film nel ruolo di sé stesso). Non che ciò costituisca un aspetto riprovevole in sé, ma il film fa fatica a uscire da tale limitante obiettivo. La dilatazione delle performance è emozionante, ma nel complesso questa lotta per la fama e la gloria che abbiamo già visto cento volte è – seppur dotata di certo fascino – priva di mordente. Rimane un film gradevole, da vedere senza troppe pretese.

Regia: Icíar Bollaín Con: Carlos Acosta, Edison Manuel Olbera, Keyvin Martinez, Santiago Alfonso, Mario Elias, Héctor Noas, Betiza Bistmark Calderón Anno: 2019 Durata: 109 min. – Paese: Spagna Distribuzione: ExitMedia

About Raffaele Mussini

Appassionato di cinema a 360°, bulimico di visioni fin da piccolo. Si laurea in Marketing, per scoprire solo qualche anno più tardi che la sua vocazione è la scrittura. Pubblica così due romanzi e un saggio di cinema, "In ordine di sparizione - Più di duecento film che forse non avete mai visto o che avete dimenticato", edito da Corsiero Editore. Sta lavorando a un quarto libro, ma nel poco tempo libero il cinema combatte duramente per farsi strada e conquistarsi il primato tra le sue passioni. Ama Malick, Scorsese e Mario Bava, tra i tantissimi, con una predilezione per l'horror e per il noir d'altri tempi.

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