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Western Stars di Bruce Springsteen, forse, non è Nebraska ma è ugualmente un capolavoro

Ebbene, il 14 Giugno, ovvero la scorsa settimana, è uscito il nuovo, attesissimo album di Bruce Springsteen, Western Stars, a distanza di sette anni dal suo onestamente poco riuscito e commerciale Wrecking Ball.

Per il viaggio musicale di Western StarsSpringsteen ha sorprendentemente deciso di non avvalersi stavolta della sua celeberrima E Street Band.

Un album anticipato, nelle scorse settimane, da una campagna pubblicitaria alquanto inusuale per Bruce Springsteen che, a scadenze regolari, ha pian piano rilasciato integralmente sul suo canale YouTube ben quattro video ufficiali secondo una scaletta prettamente cronologica, la suadente, malinconica Hello Sunshine, la melodica ed emozionalmente variopinta There Goes By Miracle, l’apparentemente folcloristica, folk, scialba e convenzionale Tucson Train e, ovviamente, la canzone portante che dà il titolo all’album stesso, cioè la stupenda, profonda Western Stars.

Che è la storia dura, coriacea, osiamo dire cinematografica e straziante, nostalgica e avvolgente di un anziano hero stanco, probabilmente un cowboy sperduto nel marasma stordente nelle sue commoventi reminiscenze, un uomo che ha vissuto forse davvero solo un glory day quando ebbe la fortuna d’incrociare sulla sua strada nientepopodimeno che John Wayne.

Infatti, Western Stars possiamo incontrovertibilmente definirlo un’elegia romantica, rude e coraggiosa, figlia della liricità di John Ford, un monumentale, granitico, statuario, sentito omaggio al tempo perduto, un’introspettiva immersione nelle enigmatiche palpitazioni interiori della gente emarginata, infrantasi nell’animo, sì, scalfito, però giammai domo, un’ode avvincente ed elettrizzante dedicata ai vinti che però, dai meandri insondabili delle loro visceralità assopitesi, dalle voragini di toccanti emozioni raffreddatesi per colpa di troppe sfavorevoli circostanze raggelanti, odono ancora profondamente un misterioso tintinnio entusiasmante e scalpitante, quello spronante, febbricitante, ardente, magico, miracoloso fremito combattivo, quell’istintivo, resiliente moto cavalleggero che batte tonante nei recessi dei loro cuori mai arresisi, nuovamente restauratisi, vivi e prodigiosamente ripulsanti.

Wetsren Stars è un suadente inno incentrato sull’ermetica, forse anche eremitica, adamantina, poetica umanità intimamente abbandonata ma vogliosa di rinascere ecumenicamente tutti assieme, appassionandoci alla vita rinata per attimi di bellezza rifulgente, uno stellare canto di lode perpetuo, quasi biblico e ancestrale, offerto in santità immaginifica a tutti coloro che, malgrado le dure, indimenticabili sconfitte esistenziali, a dispetto del loro ostico cammino tortuoso e delle loro personali storie da uomini segnati dalla delusione e dall’amarezza, non sono mai davvero morti.

Uomini che ancora desiderano amare e amarsi perché, seppur attutitasi e arrugginitasi, la loro scintilla vitale, affievolitasi eppur giammai completamente spenta, adesso si sta riaccendendo flebile ma crescente nel lieve buio incantato delle loro notti da lupi pronti a risorgere lucenti.

Allora vediamo sfilare canzoni straordinarie come Moonlight Motel, ballate morbide come Chasin’ Wild Horses o tristemente incendiarie come Stones e Sunshine, percepiamo fra soavi note e archi di violini armoniosi il dolore e la passione travolgente di uomo di nome Bruce Springsteen.

Springsteen, detto il Boss, un privilegiato e comunque sia un vincente che però non hai mai del tutto scordato le sue origini da man solitario.

E, fra queste note carezzevoli, fra questi dolci, compatti, pugnaci e ipnotici refrain morbidi, tocchiamo con mano le corde, non solo vocali, di una delle più immani, trascinati rockstar di tutti i tempi.

Bruce Springsteen compirà settant’anni suonati il prossimo 23 Settembre.

Ma suonati non ha nel suo caso un significato figurato e spregiativo.

Sono invero le 70 primavere di uomo dal magnetico, massiccio, infrangibile carisma roccioso e riscoccato in un album che forse non piacerà ai suoi fan, diciamo, muscolari e giovanissimi, i quali forse avrebbero desiderato qualcosa di più orecchiabile ed energico come The Rising, ma che rappresenta senz’ombra di dubbio un altro passo importantissimo nella sua carriera.

Azzardiamo addirittura a dire che Western Stars è il più bell’album di Springsteen dai tempi di Nebraska.

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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