I due registi Gianfranco Bonadies e Paolo Martino raccontano in modo originale l’amicizia tra un bambino italiano e un immigrato gambiano, alternando il cinema al cartone animato.
Alberto è un bambino che vive insieme alla sua famiglia in un paesino sulle montagne di Arezzo, Pratomagno. Sulayman è un immigrato originario del Gambia giunto in Italia per motivi umanitari che alloggia presso la famiglia di Alberto, dove lavora nei campi e negli allevamenti di mucche gestiti dalla famiglia stessa. Tra Sulayman e Alberto si instaura un rapporto di grande amicizia destinato però a finire presto: Sulayman deve infatti rientrare in Gambia e, causa problemi burocratici, non potrà più ritornare in Italia. Alberto dopo molti anni decide di tornare a Pratomagno, dove non è rimasto nessuno, solamente i suoi ricordi e una pioggia insistente che travolgerà ogni cosa, noi compresi.
Cosa funziona in Pratomagno
Partendo da un tema attuale e molto spesso trattato dando solamente risalto all’aspetto sociale, Bonadies e Martino riescono nell’intento di farci riflettere senza mettere in secondo piano l’abilità di saper fare del cinema indipendente e a basso budget con intelligenza, un cinema che non si fa oscurare dalla morale e dalla impellente necessità di lanciare un messaggio, che è comunque presente e, probabilmente, mai come in questi tempi così necessario. Buona l’idea di raccontare ciò che accadrà in futuro attraverso la tecnica animata, grazie alla quale è possibile inserire vicende e avvenimenti fantasiosi diversamente impossibili da realizzare e destinati ad un cinema con un budget maggiore.
Perché non guardare Pratomagno
Se da un lato la tecnica animata rappresenta un vantaggio per il film da un punto di vista tecnico, dal punto di vista della sceneggiatura questa rischia di creare confusione agli occhi dello spettatore, il quale a una prima visione può non comprendere il perché delle alternanze tra realtà e animazione. Necessaria poteva essere una più profonda analisi dei personaggi e una più dettagliata spiegazione sugli avvenimenti, in modo tale da rendere il tutto più godibile e intrattenere meglio il pubblico, il quale riuscirà sicuramente a riflettere sul tema immigrazione, ma non verrà coinvolto emotivamente dalle vicende.
Visione molto rapida (29’) che forse meritava una durata maggiore, Pratomagno si inserisce con dignità tra i documentari italiani per una buona visione impegnata e culturale senza riuscire però a esprimere tutte le buone intenzioni che probabilmente erano nella mente dei due registi, i quali invece hanno mostrato in modo chiaro e tangibile la loro competenza e conoscenza del cinema dal punto di vista tecnico attraverso le bellissime riprese con i droni, i primi piani dei personaggi e le meravigliose sequenze animate che raffigurano Alberto da adulto ritornare a Pratomagno.