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Nato a Xibet, vi raccontiamo l’esordio alla regia cinematografica di Rosario Neri

Arriva nelle sale il 10 Ottobre, dopo l’acclamata anteprima tenutasi a Caltanissetta al Cinema Palazzo Moncada, il film Nato a Xibet.

Opera prima di Rosario Neri, il quale cominciò la sua carriera cinematografica come direttore della fotografia, qui in veste anche d’autore anche della sceneggiatura del suo esordio dietro la macchina da presa.

Questa la sinossi ufficiale di Nato a Xibet, rilasciata dalla Lorebea Film Distribution e Ahora! Film:

Nato a Xibet racconta uno spaccato genuino e autentico della Sicilia che sta per scomparire. È la storia di Pietro La Paglia, bambino di Calascibetta, paesino dell’entroterra in provincia di Enna, che vive la realtà del suo paese e aiuta il padre che di mestiere fa il pastore. Il suo destino sembra segnato ma Pietro ha talento e grandi sogni: una volta adulto, infatti, decide da lasciare la propria terra per farsi una nuova vita al nord. Il film si snoda attraverso i ricordi di Pietro, riflessi nel finestrino del treno che lo allontana dalla sua Sicilia. Diventa fotografo professionista ma la nostalgia di casa non lo abbandona mai e un giorno decide di tornare: davanti a suoi occhi scorrono le immagini di quando era ragazzino, le fatiche, gli stenti, i luoghi della sua infanzia, le botteghe artigiane, i pastori e i contadini. Una vita semplice ma che ricorda con affetto e con un fortissimo senso di appartenenza. Nelle immagini s’incrociano anche altre storie: quella del maestro Domenico Mauro, il grande artista che “pittava” i carri siciliani; quelle della “fuitina” d’amore di una giovane coppia e del matrimonio riparatore celebrato con la festa in campagna; le conversazioni dal barbiere del paese in cui si parla di tutto e si ascolta la musica suonata dal vivo. Nato a Xibet parla di storia e dei veri valori siciliani. Per certi versi è un po’ lo specchio di una situazione comune in molte zone della regione: un paese bellissimo ma dalla mentalità un po’ chiusa che si spopola giorno dopo giorno, rischiando così di essere dimenticato.

Ecco, una sinossi assai esaustiva, forse fin troppo che ci rivela abbondantemente il rustico senso ancestrale che sottende l’opera di Neri e ci offre, già dapprincipio, un quadro (parola quanto mai pertinente in tal caso), osiamo dire espressionistico, pittorico-paesaggistico e vivamente sanguigno, genuinamente naïf e schiettamente autentico d’una Sicilia ruspante ma al contempo atavicamente e forse persino arretratamente pietrificatasi e cristallizzatasi, a mo’ di preziosa bomboniera inscalfibile, nel duro crisma d’antichi valori legati a un mondo oramai altrove inesistente.

Una Sicilia perpetuatasi nei suoi indelebili ricordi inestinguibili. Ove la gente vive nella soffocante spirale d’una eterna, ritualistica vetustà che agli occhi dei forestieri e di noi, spettatori esterni alla realtà dei suoi entroterra, sembrerà probabilmente inconcepibilmente anacronistica ma che, per molti siciliani, a eccezion fatta proprio del suo coraggioso protagonista, il quale da questa realtà sto(r)icamente fuggirà via in cerca della sua fiera libertà, appare come una venustà inviolabile da preservare e da tramandare gelosamente.

Pietro se n’andrà, come detto, speranzoso di trovare al nord una vita più appagante, non solo economicamente. Forse più ideologicamente meno retriva. Per inseguire e agguantare il suo libertario sogno ardimentoso, diverrà nell’animo combattivo.

Però, la nostalgia delle sue origini s’impossesserà di lui e ritornerà laddove nacque e crebbe per moltissimi anni. Rimembrando, con dolce malinconia, un personalissimo, intimistico Amarcord.

Sì, le classiche, inevitabili atmosfere felliniane vengono prepotentemente evocate ripetutamente, anche forse involontariamente, dal regista Neri e Nato a Xibet, in qualche modo, nel suo suggestivo gioco di malinconiche reminiscenze, può essere associato perfino a Baarìa di Giuseppe Tornatore.

Sebbene, a differenza del faraonico colossal di Tornare, Neri si sia avvalso d’un budget decisamente minore per realizzare la sua opera. Usufruendo, difatti, di soltanto duecento mila Euro.

Inoltre, a differenza di Tornatore, spesso ridondante e insopportabilmente elegiaco, Nato a Xibet non si propone di mitizzare la Sicilia né d’esaltarne i suoi cittadini.

Xibet è il nome arabo di Calascibetta. Infatti, si ritiene che sia nata come accampamento dei saraceni che s’insediarono in essa.

Semplicemente, soprattutto nella semplicità del suo stile neorealista, fotografa (fotografia dello stesso regista, peraltro) antropologicamente la gente di Calascibetta ove è ambientata la vicenda, fornendoci l’istantanea d’un microcosmo candido e disilluso, immortalato sensibilmente come fosse, per l’appunto, un’immagine della Polaroid in movimento.

Malgrado la scarsità di mezzi produttivi, forse addirittura voluti al fine di dare un tono più realistico all’intera pellicola, e a dispetto dei chiari, non sempre originali richiami ai film appena sopra menzionativi, Nato a Xibet profuma di storia sincera, emanando e profondendoci calde emozioni dal nitido, commovente sapore vintage.

Ovviamente, se siete amanti dei più spettacolarmente roboanti e rombanti cinecomic e dei frenetici action hollywoodiani, lasciate stare subito.

Nato a Xibet è al cinema dal 3 ottobre con Ahora! Film.

Regia: Rosario Neri Con: Enzo Campisi, Francesco Capizzi, Lorenza Denaro Anno: 2019 Durata: 78 min. Paese: Italia Distribuzione: Ahora! Film.

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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