I Famelici: Il canadese Robin Aubert tenta di rinverdire il filone degli zombie movie, ma dopo una buona partenza il film si dimostra pretenzioso e collassa nei propri ritmi soporiferi.
In un piccolo e dimenticato villaggio del Quebec, un’epidemia ha trasformato gli abitanti in esseri famelici. Un improvvisato gruppo di sopravvissuti cercherà di mettersi in salvo attraverso i boschi combattendo per la sopravvivenza.
Cosa funziona in I Famelici
I Famelici parte veramente bene, mettendo in scena una violenza secca, forte di un’estetica autoriale personalissima, in grado – quantomeno apparentemente – di discostarsi dai tanti (troppi) epigoni per proporre la versione alternativa e interessante di un modello usurato. Con grande cognizione fotografica ed estetica e un senso di malessere penetrante.
Perché non guardare I Famelici
Tutte promesse che non vengono poi mantenute e si disperdono strada facendo in un percorso sterile. Come accade in troppa serie B apparentemente genuina ma il realtà smaniosa di diversificarsi ed elevarsi, i buoni intenti vengono vanificati dall’urgenza pretenziosa di un messaggio (tra l’altro trito e ritrito, che non aggiorna Romero ma lo replica stancamente) che si scorda del cinema.Gran peccato, perché il cinema francofono degli ultimi decenni si è magnificamente sposato con l’horror e viene inevitabile citare il bellissimo “The Horde” (2009).
Un coma cinematografico che arranca per 103’ minuti, che più della ripetitività va condannato per un ritmo terribilmente flemmatico e tedioso, da narcolessia.
Se questo deve essere l’horror d’autore, è cento volte preferibile il blockbuster splatter, il grezzo debordante.
Sopravvivono l’ambientazione suggestiva e il finale nella nebbia, visivamente affascinante e finalmente gore scevro d’inibizioni. Ma quello di Robin Aubert è un nome che davvero si spera di non rivedere mai più.