A un anno dall’Oscar per Una Donna Fantastica, Sebastian Lelio rimane ad Hollywood per il remake del proprio Gloria: nasce così Gloria Bell, con Julianne Moore, ora in sala in Italia
Con Gloria Bell Sebastian Lelio si assesta definitivamente ad Hollywood porgendo il più sicuro e prudente dei biglietti da visita: l’auto-remake su commissione. Il suo Gloria del 2015 era piaciuto molto, e dopo la consacrazione di Una Donna Fantastica l’industria americana si è finalmente sentita pronta per chiamare il cileno in Serie A. Detto fatto, due film in un anno per Lelio, evidentemente più a suo agio che mai nella macchina USA. Non c’è da stupirsi: il regista è sempre stato un autore “commerciale”, e la transizione è stata di fatti indolore. E se già Disobedience era già piaciuto, questo Gloria Bell sembra concepito apposta per venire incontro al pubblico più largo possibile. L'”inglesizzazione” del suo vecchio film (primo successo internazionale del regista) passa infatti per una diva (Julianne Moore) e per il classico approccio dell’autore, adattato al millimetro per il nuovo target: cinema middle-class sensibile e positivo, con attenzione particolare a tematiche di genere.
Gloria Bell si muove ancora su un terreno conosciutissimo, calcando le orme di tanti film più o meno indipendenti usciti negli ultimi anni: la storia della donna di mezza età abbandonata dal maschio, che impara a vivere “per se stessa” attraversando una delusione amorosa. Se dunque il senso di dejà-vu alla base di Gloria Bell è forte, è perché il film è stato fatto tante volte: da Le Ereditiere a, in un certo senso, anche Roma, solo restando agli ultimi mesi, le storie di donne sole e del loro “ritorno alla vita” non hanno mai smesso di piacere (e sembra che il pubblico latino in particolare le apprezzi più di altri). Per l’America, Gloria si ripropone uguale: c’è la protagonista (Moore), signora tra i cinquanta e i sessanta, divorziata, con figli già grandi, un posto sicuro e amiche affidabili, alla faticosa ricerca di un uomo a cui legarsi. Lo troverà in Arnold (John Turturro), individuo debole e succube dei propri affetti. Attraverso la sofferta storia d’amore, Gloria ritroverà la voglia di ballare e cantare in macchina.
Cosa funziona in Gloria Bell
Gloria Bell ritrova lo “Stile Lelio” al massimo della forza, splendente e luminoso come non mai. Per chi conosce l’autore cileno, equivale a riaffondare in un mondo conosciuto che rifiuta il dolorismo gratuito, e vira piuttosto sulla commedia umana ammantata di luci e calore. Un mondo rigorosamente alto borghese, in cui i personaggi combattono i loro first world problems tra una cena elegante e una vacanza all’estero. Il pietismo è messo al bando, e grazie all’incisiva capacità del regista nel costruire personaggi amabili e reali in poche linee di dialogo, è facile ritrovarsi a voler bene alle due maschere protagoniste. Quello di Lelio è il giusto antidoto a quel tipo di approccio al genere fatto di personaggi patetici e derelitti, in ambienti grigi, appartamenti alienanti e virati in grigio. Nel luccicante Gloria Bell ritornano poi altri leitmotiv del suo cinema, come il “lasciarsi andare” (solitamente rappresentato attraverso il canto e il ballo) come metafora di vitalità, e la passività fredda dei personaggi negativi (Arnold e la sua legnosità prima di tutto spirituale): è, a tutti gli effetti, il film di un autore.
Perché non guardare Gloria Bell
In Gloria Bell, come in fondo era possibile immaginare se si conosce il prototipo (ma basta anche una sommaria conoscenza di questo tipo di narrativa) manca una direzione forte; qualcosa che metta il film su un binario veramente differente dalle altre pellicole succitate. Al netto di un’approccio stilistico peculiare, ancora una volta lo sviluppo del plot e dei pur simpatici personaggi sta scritto su un fazzoletto di carta. Pur presentandosi come character study, su questi character non c’è poi tanto da dire. Lo Stile Lelio (leggerezza e ottimismo) è facile da apprezzare, ma difficile da amare veramente. Sempre molto pulito, molto umanista e molto inquadrato. E Gloria Bell, con le sue metafore animalesche, i dialoghi buffi e le inquadrature silenziose senza stacchi, non fa molto per distanziarsi da tanti altri film simili.
Al secondo tentativo, Sebastian Lelio ha forse trovato la maniera perfetta per adattare il suo cinema alle esigenze del mainstream. Con Gloria Bell sono ancora le donne, ancora i problemi di cuore e la ricerca della felicità nelle moderne società del benessere. In chiave più “piaciona” che mai, nonché astuto veicolo per la splendida Julianne Moore protagonista. Film già fatto, ma impeccabile.
Gloria Bell è al cinema dal 7 marzo con Cinema di Valerio De Paolis.