Tra le pre aperture della Festa del cinema di Roma 2019 c’è anche Gli anni amari, biopic sul primo attivista lgbt italiano.
Gli anni amari sono, secondo la lettura degli sceneggiatori Grazia Verasani e Stefano Casi e del regista Andrea Adriatico, quelli che vanno dall’inizio delle contestazioni, quindi dal ’68 alla fine degli anni ’70.
Sono questi gli anni in cui si sviluppa il pensiero e le azioni di Mario Mieli, rampollo di buona famiglia milanese, ebreo e anche con origini egiziane. Uno dei fondatori del movimento italiano degli omosessuali, uno dei primi a evidenziare, e contestare, il gender.
Di Mario Mieli si conosce poco, per questo il film di Adriatico è importante, perché è una testimonianza su di un periodo e un sotto movimento, parallelo ma nascosto dai movimenti più importanti che caratterizzarono quegli anni in Italia.

Il periodo storico è ben definito anche da una cura particolare per l’aderenza cronologica dei costumi e degli arredi.
Mario Mieli, dice il regista durante la conferenza stampa che segue la proiezione del film a Roma, viene spesso paragonato a Harvey Milk, l’attivista e politico di San Francisco a cui ha prestato anima e corpo Sean Penn. Ma il paragone regge fino a un certo punto, visto che Mieli, marxista e studioso di Freud, aveva delle idee politiche, ma lottò, e questo è ribadito nel film, perchè il movimento di liberazione degli omosessuali e delle donne, non diventasse mai politico.

“Mieli non faceva mai nulla per essere accettato, anzi”, dice sempre il regista. Era una voce fuori dal coro anche nella sua comunità, che però da lui ha preso la forza per avere l’orgoglio di ribadire il suo diritto all’esistenza.
Il film, prodotto anche da Nicoletta Mantovani, è stato presentato alla Casa del Cinema di Roma il 16 ottobre tra le pre-apertura della Festa del cinema di Roma 2019, per poi avere una distribuzione nel 2020.