Un corto allegorico e potente dove spesso la metafora si avvita su sé stessa, ma il lavoro di Maria Laura Moraci veicola un messaggio forte e necessario
In scena personaggi di diversa età ed estrazione sociale, chiusi in una società incline alla violenza e al consumismo. Dei 30 attori in scena, 28 hanno gli occhi chiusi per indicare l’indifferenza e la superficialità che ci trascinano sempre più a guardare senza vedere veramente. Ognuno infatti, ingabbiato nella propria inerte quotidianità, è indotto per abitudine a continuare a vivere in quello stato di impassibilità, anche di fronte agli eventi più tragici.

Cosa funziona in Eyes
Il plot (se così possiamo chiamarlo) sopra riportato sintetizza il contenuto di un’opera piccola ma coraggiosa e necessaria, vincitrice di svariati premi in tutto il mondo. Senza diventare ricattatorio, Eyes chiama in causa la nostra coscienza e tenta di risvegliare quell’indole umana e altruistica che è sopita e latente per troppi.

Perché non guardare Eyes
Quasi tutti i personaggi recitano a occhi chiusi, con occhi finti dipinti sulle palpebre. Una metafora urlata ed efficace, ma che solo alla fine del corto riesce ad esprimersi e rendersi comprensibile agli occhi dello spettatore. Un’allegoria a tratti urlata eccessivamente, e per questo – forse – non fino in fondo efficace.
Ma bastano le immagini finali, quando la realtà (sub)entra nella finzione, perché la carica accumulata dal racconto esploda e riveli tutto il proprio prezioso significato e la propria imprescindibile urgenza. Un racconto che in realtà tale non è, ma è puro simbolismo avente l’intento di colpire duro. Intento necessario e raggiunto: Eyes è molto forte, a tratti forse emotivamente insostenibile.