Abbassate le aspettative a zero, svincolatevi dalla compromettente necessità di ogni paragone, ma soprattutto state al gioco. Un gioco cinefilo, innocuo, nel suo piccolo avvincente, nonostante due ore e mezza di durata di Doctor Sleep.
Ancora segnato dal trauma che vissuto da bambino all’Overlook, Dan Torrance (Ewan McGregor) combatte per trovare una parvenza di pace, rifugiandosi nell’alcool. Ma questa tregua va in frantumi quando incontra Abra (Kyliegh Curran), un’adolescente anch’essa dotata della “luccicanza”. Riconoscendo istintivamente che Dan condivide il suo potere, Abra lo contatta, invocando il suo aiuto contro i membri del ‘Nodo’, che si nutrono della luccicanza altrui alla ricerca dell’immortalità.
Cosa funziona in Doctor Sleep
Un film in grado di far letteralmente volare le sue due ore e mezza di durata fondamentalmente funziona. Mike Flanagan non è l’ultimo arrivato, in quanto regista di uno degli horror più belli degli ultimi dieci anni, “Oculus” (2013), oltre che di Somnia (2016). Certo, su Doctor Sleep la regia è invisibile, e non è nemmeno ciò che conta di più in questo dichiarato fan-made film (fan di chi? Del King quanto del suo “traditore” Kubrick) nel quale tutto converge in direzione del finale, il grande ritorno all’Overlook ma, soprattutto, a un cinema defunto fattosi memoria collettiva. E quando questo lungo epilogo arriva, il ritorno mimetico della sequenza d’apertura di “Shining” per un attimo fa battere davvero il cuore.
Perché non guardare Doctor Sleep
Doctor Sleep soffre di tutti i difetti tipici della riduzione cinematografica da romanzo: semplificazioni a tratti eccessive, ellissi che sono compromessi di sintesi narrativa, concetti interessanti che forse avrebbero meritato un approfondimento o comunque più spazio (l’origine del titolo, nome affibbiato al protagonista, ma rimane la breve parentesi di una bella sequenza toccante). Ewan McGregor è sempre bravo, ma il film si guarda e dimentica, scevro di quello scavo psicologico che, anche senza il vincolo del paragone con l’originale, forse ci aspettavamo a prescindere.
Probabilmente Flanagan non percepisce nemmeno il peso dell’eredità kubrickiana, che troppi spettatori considerano come condizione di partenza per vedere e giudicare il film. Ed è un bene: Doctor Sleep è un film altro, un blockbuster da gustare con popcorn alla mano senza pretese, spegnendo il cervello e – soprattutto – lasciando sopire quell’orgoglio cinefilo che è arma a doppio taglio. Lasciati quindi da parte paragoni e parallelismi, il film funziona nel suo piccolo, nella sua natura di omaggio piuttosto che di riproposizione. Se la predisposizione è questa, i brividi di fronte ad alcune sequenze sono inevitabili (cito quella al bar dell’hotel). Singolare e di tutto rispetto infine la scelta del regista di rifiutare qualsivoglia operazione di CGI per far rivivere i volti del capolavoro che fu, ma scegliendo coraggiosamente e controtendenza attori nuovi, facce diverse, perfino per Jack Torrance (per cui no, non è un sacrilegio, ma una presa di posizione).
Doctor Sleep è al cinema dal 31 ottobre con Warner Bros.