Captive State: Un budget di 25 milioni di dollari e tante idee per l’ambizioso progetto fantascientifico di Rupert Wyatt, regista e sceneggiatore britannico salito alla ribalta con Prison Escape, e arrivato al successo con la regia de L’alba del pianeta delle scimmie.
A dieci anni di distanza dall’arrivo e invasione di una razza aliena sulla Terra, Chicago è una delle tante città profondamente divise tra chi accetta un governo controllato dagli invasori, che tiene costantemente sotto controllo i suoi sudditi con delle larve GPS infilate nel collo, e chi invece cerca di opporsi con tutte le sue forze al sistema dittatoriale. Organizzare una ribellione è sempre più difficile e mentre l’agente William Mulligan (John Goodman) indaga sulla teoria di una misteriosa organizzazione di ribelli, Gabriel Drummond (Ashton Sanders) cerca un modo di fuggire via e lasciarsi tutto alle spalle. Cosa nasconde quella misteriosa nave che si muove lungo la costa?
Cosa Funziona in Captive State
Solidità e ambizione sono alla base di un progetto cinematografico di concezione molto intrigante che disteso tra paura, speranza e doveri, mette in scena un’ipotetica occupazione degli Stati Uniti, in cui gli alieni dettano legge e formano un nuovo governo atto al controllo della popolazione attraverso una larva impiantata nel collo. Una metafora fantascientifica atta alla denuncia del sistema di sorveglianza e vigilanza continua che tutta la popolazione globale subisce attraverso l’utilizzo di social e cellulari. Una simbologia quella della fantascienza spesso utilizzata per rappresentare il realismo della realtà quotidiana. Realismo che Rupert Wyatt, regista talentuoso dal potenziale parzialmente inespresso, impone per buona parte ai suoi protagonisti nelle scelte e nella rappresentazione degli scontri. Captive State è un fanta-thriller politico che offre poche informazioni allo spettatore e cerca così di mantenere vivo il suo interesse fino alla fine. Durante la visione sembra di essere sospesi sulle montagne russe con il carrello che corre ad alta velocità verso l’epilogo.
Perché non guardare Captive State
Come già detto il film di Rupert Wyatt non spiega nulla, nell’epoca in cui tutti sanno di tutto, o credono di sapere, e vogliono conoscere ogni cosa prima ancora dell’uscita in sala del film è un rischio molto grande. Un azzardo ambizioso che la narrazione ingarbugliata di Captive State porta in porto con fatica. È un film che puoi amare o odiare allo stesso tempo. Inizia con gli alieni che hanno invaso la terra, non sappiamo come, e continua che sono passati 10 anni dal loro arrivo. A molti sembrerà di essere entrati in sala all’inizio del secondo tempo. Prodotto con 25 milioni di dollari, pochi per una mega produzione ma abbastanza per proporre un ottimo film, Captive State, offre effetti speciali e character design altalenanti, da una parte abbiamo una razza aliena accattivante e ambientazioni riuscitissime, dall’altra una nave spaziale rivedibile animata peggio della sua caratterizzazione. Per molti sarà solo un puzzle incasinato d’idee.
Con una colonna sonora pompata ed energica e intriganti misteri da rivelare, Captive State, è il film giusto per gli aspiranti dal complottismo nevrastenico che amano fantasticare oltre quello che il film mostra in superficie.
Captive State al cinema dal 28 marzo con Adler Entertainment