Ebbene, dallo scorso 5 Giugno, è disponibile su Netflix l’attesissima nuova stagione dell’acclamata serie antologica Black Mirror, ovvero la numero 5. Ideata e prodotta al solito dalla fervida mente iper-fantasiosa del geniaccio Charlie Brooker.
Stavolta gli episodi sono solamente tre, tutti come sempre della durata di circa un’ora.
Partiamo dalla recensione, dunque, del primo: Striking Vipers (Il morso della vipera).
Ah, premettiamo che riveleremo alcuni decisivi spoiler. Naturalmente, se voleste proseguire nella lettura di questa nostra breve disamina, vi conviene fermarvi qui.
Diretto da Owen Harris, Striking Vipers è un gioiellino pregevole di raro cinismo delicato, in puro stile appunto Black Mirror, affastellato intorno all’eterno quesito secondo il quale pare che venga chiesto a noi spettatori se un rapporto sessuale virtuale, fantasticato, baloccato di fantasie proibite nelle nostri menti eXistenZ-iali alla David Cronenberg sia da reputarsi un reale tradimento o soltanto un’innocua debolezza, per quanto inquietantemente scabrosa, delle nostre anime capricciose e desiderose di segrete voglie perturbanti e libidinosi pruriti inconfessabili svelatisi nel simulacro eccentricamente ludico di una balzana, spericolata immedesimazione corporalmente trascendente, permeata e trasfusa nell’identità fittizia di un avatar memore di Street Fighter. Entro cui, ex novo, possiamo soddisfare le nostre bramosie più celate nella vita quotidiana a sua volta mascherata nell’eterosessualità all’apparenza più normale e ordinaria.
Sì, questa infatti è la trama:
Danny (il Sam Wilson/Falcon di Captain America, vale a dire l’attore Anthony Mackie) e Karl (Yahya Abdul-Mateen II) sono due inseparabili ex compagni d’università che amano spassarsela, nel tempo libero, con le donne.
Danny, durante una serata in discoteca, incontra Theo (Nicole Beharie). Fra i due scoccherà subito la scintilla e sarà focosa passione a prima vista, il classico, fortunato colpo di fulmine imprevisto.
Tant’è che i due diverranno presto moglie e marito.
Danny e Karl son stati da sempre fanatici dei videogiochi di combattimento, i cosiddetti picchiaduro. Soprattutto del game appartenente alla serie Striking Vipers.
Nel giorno del compleanno di Danny, Karl gli regala la nuova versione dotata di un upgrade alquanto rivoluzionario. Adesso, non si gioca più a Striking Vipers col joypad bensì, grazie a elettrodi vagamente simili a quelli usati da Lenny Nero/Ralph Fiennes di Strange Days, si viene trasportati nei corpi dei vari lottatori selezionati.
Cosicché, Danny sceglie di penetrare e inocularsi nelle fattezze extrasensoriali, potremmo dire, del muscoloso e atletico karateka Lance (Ludi Lin) mentre Karl sceglie come sua sorta di alter ego la pugnacemente sexy Roxette (Pom Klementieff).
I due inizialmente se le daranno di santa ragione. Poi, i colpi si trasformeranno repentinamente in baci, effusioni e congiunzioni carnali parecchio amorose.
In fondo, che è successo di tanto scandaloso? Danny e Karl non sono gay, hanno fatto sesso fra loro solo nella dimensione irreale e favoleggiata di questo divertente, scacciapensieri gioco infantile.
Siamo sicuri che sia però così?
Questo tradimento virtuale così tanto reiterato e prolungato avrà lasciato immutate le loro intime certezze o avrà insondabilmente e visceralmente alterato il loro disinteressato, amicale rapporto interpersonale? Cambiando entrambi i protagonisti per sempre?
Splendide le scenografie modernisticamente decorative di Annie Beauchamp, qui coadiuvata e sorretta magnificamente da prodigiosi effetti speciali che generano in maniera fantasmagorica e mirabolante un microcosmo (ri)creativo il quale mescola attori in carne e ossa a computerizzati scenari figli dei picchiaduro più famosi, atmosfere orientaleggianti che possono richiamare alla memoria addirittura Kill Bill e perfino le atmosfere piovigginose e tetramente fluorescenti di Blade Runner e Black Rain.
Striking Vipers, dicevamo, è una perla, uno degli episodi migliori in assoluto di tutto Black Mirror.
Direi che come inizio per la stagione cinque non poteva esservi di meglio.
Inoltre, c’è parso d’intendere che, nonostante il solito cinismo sarcastico di fondo, il futuristico e profetico pessimismo tipico di Charlie Brooker, in passato indubbiamente ai limiti della sopportabilità, si sia leggermente, positivamente attutito in favore di una maggiore leggerezza narrativa.
Malgrado qualche dialogo troppo marcatamente giovanilistico e alcune volgarità onestamente stucchevoli ed eccessive.