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Aquaman: intervista esclusiva a Francesco De Francesco, voce italiana di Jason Momoa

Dopo aver chiacchierato con la nostra Mera, ossia Francesca Manicone (leggi qui l’intervista in esclusiva) ecco arrivare per la prima volta sulle nostre pagine la voce italiana di Arthur Curry! Stiamo parlando di Francesco De Francesco, che in Aquaman di James Wan (leggi qui la nostra recensione) ha doppiato il protagonista interpretato da Jason Momoa.
Una lunga conversazione in cui si è parlato anche di Lo Hobbit, Suicide Squad e perfino di Ralph spacca Internet! (riguardo a quest’ultimo Classico Disney leggi qui la nostra recensione)

Francesco: Come sei stato scelto per doppiare Jason Momoa prima in Justice League e poi in Aquaman? Nel DCEU avevi già doppiato Capitan Boomerang nel film Suicide Squad: non hanno pensato al rischio che questi due personaggi potessero incontrarsi?

Francesco De Francesco: «Sono stato preso in considerazione proprio in virtù del fatto che avevo doppiato Capitan Boomerang, interpretato da Jai Courtney. Avendo fatto quel personaggio ed essendo piaciuto alla Warner credo che loro abbiano pensato di mettermi nei primissimi trailer di Justice League per doppiare Momoa. Poi sono stato chiamato per fare il provino, insieme ad altri due colleghi molto bravi, e lì sono stato scelto, probabilmente per una vicinanza al timbro originale e di carattere. Non si sono fatti problemi nello scegliere lo stesso doppiatore di un vecchio personaggio della DC Comics perché non avevano notizie di uno scenario in cui Capitan Boomerang sarebbe tornato e quindi hanno puntato su di me per Aquaman. Non sto dicendo che un secondo film di Suicide Squad non si farà mai, suppongo che il motivo sia che non si sarebbero comunque incontrati, essendo Boomerang un personaggio minore. Aquaman è simile ma anche molto diverso da Boomerang, è un personaggio sporco ma comunque un dritto, con l’atteggiamento da protagonista. Una sorta di consapevolezza di rotondità di interpretazione, e allora probabilmente si sono guardati intorno e hanno detto “Va bene, lui può andare”. Per me è stata una grossa soddisfazione perché gli altri due in lizza erano molto più conosciuti di me. Non c’è spocchia, ma solo umiltà dell’opportunità che mi è stata data, e che spero di aver sfruttato bene»

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Come ti trovi ad essere diretto da uno come Marco Mete?

Francesco De Francesco: «Essere diretti da Marco Mete è una grossa soddisfazione. È un direttore di talento, una persona molto gentile, preparata ed esperta, che sa quello che vuole, che dà all’attore la possibilità di esprimersi, di lavorare mettendoci le proprie corde e la volontà espressiva nella griglia di quello che fa l’attore nella scena. Ovviamente è un onore per un professionista lavorare con un direttore come Marco Mete perché siamo ai livelli più alti, lavora sui prodotti più belli, ed è anche una di quelle voci che ha arricchito la mia infanzia, io ho qualche anno in meno di lui e quando ero bimbo sentivo la sua voce nei cartoni animati, poi su Bruce Willis, Robin Williams… Averlo conosciuto e poi lavorato con lui è una cosa molto bella, una soddisfazione personale»

Quanto è stato difficile doppiare questo film? Ci sono stati particolari restrizioni audio/video per questioni di sicurezza?

Francesco De Francesco: «Non ci sono state restrizioni di carattere visivo, abbiamo lavorato su una copia ben definitiva e definitiva. A volte ci sono degli oblò, effetti speciali oscurati, ma stavolta no. Però è stata comunque una sfida, ritrovare giorno per giorno la vocalità giusta, perché lui ha una voce molto poggiata, baritonale, sempre molto scura, e con una ruggine dentro. Il caso ha voluto che mi ammalassi una settimana prima, e sono andato a lavorare con i postumi di un’influenza. Quindi avevo una voce leggermente alterata, e questo mi ha anche aiutato. Infatti quando sono andato al turno Marco mi diceva “Ah, mi raccomando, tu continua a stare male, dormi in balcone!”. Ho dovuto sostenere quello che avevo fatto nel provino, lavorare di toni bassi, restringere il mio range di intonazioni per riempire il corpo da gigante di Momoa, e la stessa cosa successe per Boomerang però di tipo diverso. Poi Marco è stato molto utile perché in più di un’occasione, ma in un’una in particolare mi disse “Vedi tu, lo stai facendo cedere, qui ha un calo, come se avesse una debolezza”. Ma è una debolezza su una scala da 1 a 10 non può essere 7. Aquaman rimane Aquaman, lo spettatore sa che alla fine diventerà il re di Atlantide, quindi devi ridurre questa esitazione a 3, a 2. È un attimo! Questo per dire che con Marco si lavora di cesello. Aquaman ha delle insicurezze, ma non sono quelle di Francesco, o di un altro personaggio umano: lui è mezzo umano, e metà Atlantideo. Mi piacerebbe continuare a doppiare anche Boomerang, ammesso che faranno un seguito di Suicide Squad. Io non vedo altro che la sfida, per un attore che fa doppiaggio è interessante misurarsi con quello che devi doppiare, sono due personaggi diversi per quanto abbiano elementi in comune. Uno è un ladro, un laido, perennemente in fuga, l’altro in Aquaman ha trovato la sua dimensione e sa benissimo chi è. Uno parla di gola e ha una caratterizzazione localizzata nel risonatore di gola, l’altro è pieno, di petto, ha una voce tonda, avvolgente. Un po’ strafottente, un po’ sorniona, ma sicuramente è un primo attore. Vorrei che chi ascolta in rapida successione Boomerang e Aquaman, scene confrontate, dica “Ma no, non può essere la stessa persona!” Per me il punto più alto di un doppiatore è la possibilità di nascondersi in un personaggio, non riproporre continuamente sé stessi. I personaggi sono diversi, così come sono diverse le recitazioni e le sfumature, gli atteggiamenti, i lavori che fanno gli attori all’origine prima del set, quindi riproporre qualcosa di diverso anche sé mi è capitato spesso doppiare personaggi che parlavano e si rispondevano, quindi di confondere lo spettatore affinché possa dire “No, non è possibile che sia la stessa persona!” Ad esempio, anni fa feci il provino su Bilbo Baggins in Lo Hobbit, che poi fu vinto meritatamente da Fabrizio Vidale, ma Francesco Vairano mi scelse comunque per doppiare uno dei troll, Berto, quindi direte, voce grossa ma non abbastanza da fare un troll, e invece…

Quindi è la capacità di modificare continuamente le voci, sia nei cartoni animati sia quando si doppiano umani, mettere sempre in gioco la propria cassetta degli attrezzi, usare la voce con un alto grado di verità tutte le volte che ti viene presentata una sfida possibile»

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Qual è il tuo rapporto con la DC Comics e il mondo dei fumetti in generale? Sei stato fan del genere anche prima di essere chiamato a doppiare questi film?

Francesco De Francesco: «Il mio rapporto con i fumetti non è quello del collezionista, del “fanatico”, anche se una parte della mia anima si può dire che sia nerd, perché sono stato un giocatore di ruolo, amo i giochi da tavolo, trovo che sia un modo molto intelligente di stare insieme. Sono stato lettore di Dylan dog e Tex Willer, ho letto anche qualche fumetto di Batman e Superman perché ho sempre frequentato amici che avevano queste passioni, però non sono mai stato un vero collezionista, ogni tanto me li facevo prestare, anche se mi diverte leggerli, trovo siano un ottimo modo di passare il tempo, ma preferisco i giochi di ruolo, anche dal vivo. Non sono un fan sfegatato però ti dico che doppiare un attore come Momoa che è un simbolo di forza, potenza, pienezza e bellezza, è un uomo amato dalle donne, quindi è come doppiare uno status è stato fantastico, quindi spero di esserci riuscito almeno all’80%. Mi sarebbe piaciuto doppiare attori come Robin Williams in Good Morning Vietnam, perché sono attori eccezionali, con sfide sopra la media, mentre primi attori molto fichi come Momoa hanno ben altro tipo di difficoltà. Sport e campionati diversi, e sono entrambi molto stimolanti. Sono un fan perché se un film è fatto bene mi diverte. Un sistema di intrattenimento, quello hollywoodiano, al servizio delle storie dei supereroi che spesso e volentieri ha dei reparti tecnici e artistici talmente potenti e professionali, con sceneggiature che a volte funzionano, sia nella DC che con la Marvel. Mi sono piaciuti alcuni film di quest’ultima e anche quelli della DC, non tutti quindi, ma trovo che a volte la critica sia impietosa su certi tipi di prodotti, perché si pretende che da questi escano fuori chissà quale tipo di contenuti. Io per esempio non sono di quest’idea: se voglio vedere un film che in qualche modo mi lasci un pensiero, che mi porti a discuterne con gli amici, non vado a vedere un film di supereroi. Questo non significa che non ci possa essere ma non mi sembra che sia un valore aggiunto fondamentale»

Considerazioni finali?

Francesco De Francesco: «Riallacciandomi sempre al discorso precedente, del doppiaggio come un’opportunità per un attore di cambiare, lo stesso giorno dell’uscita di Aquaman in Italia è uscito anche Ralph Spacca-Internet, dove ho doppiato Lesotutte, che in inglese si chiama KnowsMore. È il motore di ricerca che aiuta i due protagonisti a trovare un volante di un videogioco. Ecco, se qualcuno mettesse a confronto una clip qualsiasi di Aquaman con una del troll Berto, di Lesotutte, di Capitan Boomerang, o un clip di un altro film in uscita che si chiama Nos batailles, del regista francese Guillaume Sene, in cui doppio Romain Duris, allora si avrebbe un’idea di quello che voglio restituire, ovvero della possibilità di un attore di mettere da parte una propria volontà espressiva legata a chissà quale vezzo identitario e trasformarsi in qualcos’altro diverso da te! Uno non ha in sostanza sempre una voce uguale, siamo ogni giorno diversi per via di vari fattori, dovuti alla salute, umore e alimentazione. Ovviamente sono cambiamenti minimi ma un direttore che ha orecchio, come Marco Mete, se ne accorge subito, e quindi questa cosa della convalescenza come dicevo mi ha dato toni più grattati per avvicinarmi di più a Momoa. Chiudo sul film dicendo che poteva durare di meno, così sarebbe stato ancor più godibile»

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