Al Pacino, alias Jimmy Hoffa in The Irishman.
The Irishman, il progetto epocale concupito, bramato, agognato dai maggiori e più pregiati cinefili. Il nuovo colossal di Martin Scorsese atteso da una vita per cui noi tutti siamo in febbricitante attesa di poterlo vedere quanto prima.
Doveva uscire a fine anno ma, per via del fatto che, come saprete, dispiegherà notevoli e massicci effetti speciali nelle scene di flashback per ringiovanire il volto degli attori principali, la post-produzione si sta attardando e, quindi, vedremo The Irishman soltanto nel 2019, a data da destinarsi.
Oramai pare quasi certissimo che, nonostante sia targato Netflix, avrà la sua rinomata uscita nei cinema.
Tornando agli attori principali, be’, che dire? È un cast formato da pezzi da novanta, da miti del Cinema, da performers che hanno illuminato la Settima Arte, divenendo loro stessi quasi degli autori cinematografici, dei cineasti, potremmo dire, della più pregevole, sopraffina classe recitativa. Dei mostri sacri: Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci, contornati da altri nomi di estrema risonanza, quali Harvey Keitel, Bobby Cannavale, Jesse Plemons, Anna Paquin, Jack Huston, Stephen Graham, e chi più ne ha più ne metta.
Sì, avevamo definito De Niro un “bollito” ma ultimamente sta tornando l’attore fenomenale che abbiamo noi tutti adorato, divinizzato, sì, giustamente mitizzato. La sua rinascita, per quanto si possa parlare di rinascenza a settant’anni e passa, è coincisa forse con la sua prova in Wizard of Lies di Barry Levinson. Una prova nuovamente drammatica, sentita, vigorosa, carismatica, in linea con la sua forza e imponenza. Nulla di veramente eccelso ma, nel suddetto biopic su Madoff, De Niro, con solida presenza scenica, ci ha ricordato l’attore grintoso e magnificente, seduttivamente iper-ammaliante ch’è sempre stato, e del quale avevamo perso onestamente un po’ le tracce in tanti film indegni o soltanto non all’altezza della sua nomea.
Ma stavolta ci soffermeremo sull’altro titanico protagonista di The Irishman. Il parimenti leggendario Al Pacino.
Un attore a cui andrebbero dedicate migliaia di monografie. Perché miti non si diventa dall’oggi al domani, essere definiti one of the greatest actors of all time non è roba per tutti.
Per cui, quando qualche buontempone o patetico snob dell’ultima ora proferisce assurdità in merito alla sua incontestabile, totemica, apoteotica grandezza, be’, gli consiglio di farsi vedere da un bravo psichiatra, ché questa gente la dovrebbe smettere, una volta per tutte, di denigrare o ridicolmente voler ridimensionare, da poseur imbecilli, ciò ch’è incommensurabile e non è materia di sberleffi gravemente irriverenti e tristemente derisori. Tipici dei falsi iconoclasti e dei più biechi pusillanimi.
Al Pacino è Al Pacino, un maestro dell’arte recitativa, un uomo che non ha bisogno di presentazioni, con all’attivo la bellezza meravigliosa di otto altissime nomination all’Oscar e, ingiustissimamente, ahinoi, però di un solo Oscar.
Se volete studiare dettagliatamente la sua filmografia o ripassare in rassegna tutte le sue interpretazioni, come si fa nei tribute, vi basterà riguardarvi tutti i “suoi” film. Forza, che aspettate?
Son qui per rimembrarvi quei ruoli che, forse, vi sono sfuggiti, quelli meno chiacchierati e perfino misconosciuti, ma che contribuiscono, se ce ne fosse bisogno, a rimarcare la sua trionfale monumentalità.
Un attore che, dal perturbante, spinoso, ruvide e raschiante Panico a Needle Park, non si è più fermato, ascendendo nell’empireo degl’immortali. Divenendo l’iconico Michael Corleone de Il padrino, Tony Montana di Scarface, Sonny di Quel pomeriggio di un giorno da cani, il Brigante di Carlito’s Way, Vincent Hanna di Heat, e via discorrendo.
Ma l’avete visto in Cruising di Friedkin? Ecco, reputo il suo Steve Burns uno dei suoi più belli, per quanto inquietante e spaventoso, ruoli di sempre in assoluto.
E ne vogliamo parlare del suo detective Frank Keller di Seduzione pericolosa per la regia di Harold Becker?
E lo sapevate che ebbe la candidatura ai Golden Globe anche per due film che soprattutto quelli di quest’attuale generazione dubito che abbiano visto? Papà, sei una frana e Un attimo una vita.
E Pacino è stato grande anche in film oggettivamente bruttini come People I Know di Daniel Algrant e in 88 minuti di Jon Avnet. Gigione, sì ma avercene.
Al Pacino, signore e signori.