Critica divisa e premi a Cannes, arriva dopo un anno in Italia Il Sacrificio del Cervo Sacro, secondo film in inglese per Yorgos Lanthimos, ancora con Colin Farrell
Con Il Sacrificio del Cervo Sacro (Killing of a Sacred Deer), Yorgos Lanthimos raggiunge un punto di padronanza del proprio stile e linguaggio per cui la ghettizzazione nel circolo degli autori da festival europeo non è più possibile. Già con il grandioso The Lobster, il regista greco aveva fatto un passo importante verso un tipo di cinema più “largo”, magari più mainstream, ma proprio per questo più importante. Gli attori anglofoni, la scoperta delle musiche, una visione sempre più grandiosa ed estetizzante: tutti piccoli elementi fondamentali per portare l’opera di un grande surrealista contemporaneo dai territori astrusi e desolati dal d’essai alle sale internazionali. Che oggi distribuiscono, promuovono, e anticipano con successo questo Il Sacrificio del Cervo Sacro. Uno dei migliori.
La storia di Il Sacrificio del Cervo Sacro è ancora una volta un piccolo capolavoro di soggetto, concepito come ormai dai tempi di Dogtooth insieme ad Efthymis Filippou. Per i due, dopo solo quattro film, si può già parlare di scuola: un plot esile, un fatto paradossale al centro, personaggi grotteschi e patetici, incapaci di rapportarsi alla violenza dell’ignoto, spesso sovrannaturale. Ignoto che in Il Sacrificio del Cervo Sacro è rappresentato dal materializzarsi, in un’algida famiglia alto-borghese britannica, di un’agghiacciante maledizione divina dal sapore biblico. Steven Murphy (Colin Farrell), chirurgo con un passato di alcolismo, ha (forse) ucciso un paziente operando ubriaco. Il misterioso figlio del defunto (Barry Keoghan), dopo aver avvicinato Steven con un pretesto, lo informa del destino che lo attende: per espiare la morte di suo padre, il chirurgo dovrà uccidere con le sue mani un membro della propria famiglia. Uno dopo l’altro, il figlio (Sunny Suljic), la figlia (Raffey Cassidy) e la moglie (Nicole Kidman) si ammaleranno, perderanno l’uso delle gambe e moriranno. A meno che lui non ne uccida uno, riequilibrando quanto fatto in passato.
Perché vedere Il Sacrificio Del Cervo Sacro
Bisogna stare al gioco. Se lo si accetta, Il Sacrificio del Cervo Sacro è un trionfo di cinema. Lanthimos alza la testa e decide di giocarsela con i più grandi di tutti. C’è il solito Bunuel (l’irruzione dell’inspiegabile), tantissimo Kubrick (carrellate, zoom all’indietro, la musica come un personaggio aggiunto), ma soprattutto il superamento del classico cinema del dolore europeo a cui da sempre il regista greco viene associato. Il paragone con Haneke se lo porta dietro dagli inizi: ormai Lanthimos è un’altra categoria. Per inventiva, classe, ricerca stilistica e raffinatezza. Non ci sono prediche in Il Sacrifico del Cervo Sacro. Niente spiegazioni, niente melodramma, niente facili tirate nichiliste espresse per aforismi. Il film non spiega, non elabora, non pontifica. Deride e basta: Il Sacrificio del Cervo Sacro è una black comedy, come e più di quanto non lo fosse The Lobster. Una amarissima commedia nera a tinte surrealiste, dove nulla ha senso se non i demenziali comportamenti dei suoi protagonisti.
Ridotti a patetici burattini dalle sembianze umane, gli adulti della storia cercano in ogni maniera una scappatoia dal fato beffardo che li ha spinti in un angolo. Colin Farrell, interprete perfetto dell’uomo-medio di Lanthimos, si aggira semi catatonico con la sua barbetta e gli occhi fissi di chi non riesce proprio a capire. Nicole Kidman sembra attivarsi per trovare una ragione dietro al caos, ma finirà presto per arrendersi e cercare di influenzare la scelta del marito a suo favore (offrendo assurde pratiche sessuali in acconto). Il luciferino Barry Keonagh (la grande invenzione di questo film), adolescente buffo e messaggero infernale insieme, è portatore di un anatema pagano di cui non sembra neanche importargli molto: trova anzi il tempo per flirtare, tenerissimo, con l’adolescente figlia dei Sullivan. I ragazzi di Il Sacrificio del Cervo Sacro sembrano gli unici a conservare una minima parvenza di umanità di fronte alla deriva anti-umana della realtà. Ma non c’è via di fuga per l’happy hand. Lanthimos porta fino in fondo le conseguenze della sua premessa, non fa sconti allo spettatore e non concede redenzioni: segue anzi i suoi ridicoli omuncoli fino ad un finale tragico, demenziale e meravigliosamente brutale.
Cosa non funziona in Il Sacrificio Del Cervo Sacro
Ripetiamo, bisogna stare al gioco. Il cinema di Lanthimos raggiunge con Il Sacrifico del Cervo Sacro l’apice della magniloquenza stilistica, e il culmine dell’ermetismo emotivo. Partecipare affettivamente al film è semplicemente impossibile. Non è neanche ciò che viene richiesto allo spettatore. Lanthimos tratta i suoi personaggi con tutto il disprezzo di cui è capace: li tortura, li perseguita, li mette di fronte al peggio solo per vederli reagire senza un minimo di dignità. Irride tutto, si crogiola nella follia delle sue premesse (mai spiegate) e nella messa in scena da tragedia greca beffarda. Chi cerchi partecipazione, dramma, sentenze conclusive, non troverà nulla di tutto ciò. C’è solo l’Assurdo, e le vite di piccoli uomini spazzate via. Non è detto che debba essere bello. Di certo, è un divertimento infinito.
Il Sacrificio del Cervo Sacro è forse l’opera più potente di un regista ormai tra i più importanti in attività. Sconvolgente, esilarante, una commedia tragica e una tragedia ridicola. Ogni inquadratura ha la cura maniacale dei più grandi, ogni scena e dialogo taglia e si incide nella mente. L’apice di un percorso stilistico dagli sviluppi futuri ormai imprevedibili. Dopo un film del genere, Lanthimos ormai fare di tutto.