GoPro, downhill, found footage: Lucky Red distribuisce Ride, opera prima di Jacopo Rondinelli con Lorenzo Richelmy. Dal 6 settembre
Di Ride si sa già tutto. E’ un dato non indifferente, per un film italiano: una volta tanto una pellicola minore, estranea al circolo dei soliti noti maestri Sorrentino-Moretti-Garrone, può contare su una certa attesa, e perché no, una fama già consolidata prima ancora dell’uscita in sala. Ride è l’opera prima di Jacopo Rondinelli, scritta, prodotta e superivisionata dalla coppia Guaglione–Resinaro a due anni dal buon successo di Mine. Dell’esperimento con Armie Hammer, Ride eredita le caratteristiche ormai consolidate della coppia di registi: produzione internazionale, lingua inglese, intrattenimento pop e massima cura per comunicazione e aspetto marketing. Questa volta, con un selling point ancora più importante: Ride è il primo film nella storia interamente girato attraverso le soggettive di telecamere GoPro.
In tutto ciò, la storia di Ride ha comunque una sua dignità, e va oltre il pretesto per lo sfogo tecnico delle mille soggettive impazzite. Il film, co-scritto da Marco Sani insieme ai due supervisori, racconta di Kyle (Ludovic Hughes) e Max (Lorenzo Richelmy), biker professionisti, piccole star di Youtube ancora alla ricerca della fama vera. Il successo è moderato, e i soldi ancora non si vedono. Le circostanze li portano ad accettare una misteriosa sfida lanciata loro dalla Black Babylon: una corsa clandestina, in una non identificata location montana, contro altri biker sconosciuti. Una gara in downhill (discesa libera di sentieri sterrati su due ruote), interamente ripresa da micro-telecamere montate addosso ai partecipanti. Costretti ad accettare, i due si renderanno conto di aver intrapreso molto più di una semplice gara a premi. E, tra L’Implacabile, Roger Corman e Battle Royale in motocross, scopriranno la posta in gioco essere molto più alta.
Cosa funziona in Ride
Un film come Ride, indissolubilmente legato alla sua natura di gimmick (una trovata più o meno minimale su cui costruire un’operazione intera – in questo caso le acrobazie in soggettiva), non può che vivere di estremi.
Come e più che in Hardcore!, nella memoria recente il film più vicino a quanto fatto da Rondinelli, a seconda dello spettatore Ride esalta o distrugge per gli stessi motivi: rapporto montaggio-musiche ossessivo e annichilente (praticamente un’inquadratura al secondo, accompagnate da dubstep martellante per tre quarti della visione), scene di approfondimento pressoché inesistenti o mal gestite, recitazione fisica e sopra le righe, stunt incredibili che vanno ad occupare la maggior parte del minutaggio. Un approccio non per tutti.
Eppure, Ride è interessante più della somma delle sue parti: invece di limitarsi ad essere film d’azione nel senso più puro del termine (che inevitabilmente avvicinerebbe il prodotto finito ad un insostenibile videoclip di centodieci minuti), Guaglione e Resinaro allargano la premessa, giocano a livello meta con generi e aspettative, e premendo sul lato più fantastico arrivano a costruire dal nulla una assurda ma godevole mitologia interna. Il risultato è un bizzarro incrocio tra un b-movie ultra citazionista al limite del fanmade, una studiata produzione internazionale con ambizioni da blockbuster, e una mastodontica clip di stunt assurdi in soggettiva. L’esatto opposto di un film pigro, e tanto basterebbe.
Perché non guardare Ride
Le stesse cose che rendono Ride interessante bastano in realtà a tenere lontano un certo pubblico. Della sua triplice natura di circo, film fantastico e micro-kolossal ad ampia distribuzione, l’unica a funzionare a pieno regime è la prima: finché Max e Kyle sono in sella Ride è tosto, veloce ed esaltante. Quando il film inevitabilmente prende fiato, i nodi vengono al pettine: l’intreccio si rivela confusissimo e pasticciato, il ritmo collassa (le GoPro non sono pensate per scene di dialogo in controcampo), e anche il design simil fantasy, a guardarlo bene, si rivela un po’ misero. Nel finale Ride prende la rincorsa e rincara la dose sfiorando il delirio psichedelico. Ma arrivarci è più faticoso che appassionante, e la sensazione complessiva rimane ambivalente.
Ride è un film estremo se ce n’è uno. E’ un prodotto incatalogabile, con grandi difetti tutti dovuti a grande ambizione. Può essere l’esperienza più esaltante dell’anno per alcuni, provocare sensazioni di morte dopo venti minuti per altri. Ma è soprattutto un lavoro al cento per cento originale, forte e fisico come se ne vedono pochi al mondo, figurarsi in Italia. Quindi, da sostenere.