I guerrieri della notte (The Warriors) di Walter Hill, tratto dall’omonimo romanzo di Sol Yurick. Film immenso.
Era ovvio che, prima o poi, andassi a parare su uno dei miei film preferiti in assoluto. Io, lupesco cantore delle notti solitarie, nel cui candore adolescenziale d’un plenilunio oramai nostalgico, lo vidi per la prima volta, ed esso assurse a mio vertiginoso totem intoccabile.
Molti anni son trascorsi da allora ma I guerrieri della notte, avendo avuto un impatto fenomenale nella mia mente già trascendente e metafisica, pari quasi all’ancestrale, tonitruante collisione subliminale col mio animo incantato ch’ebbe Taxi Driver, è indelebilmente, a prescindere dal suo comunque ragguardevole, impressionante, oggettivo valore cinematografico puro, una pietra miliare che personalmente tengo elevatissimamente in auge sacramente nel mio cuore e inviolabilmente continua a fascinarmi con potenza estasiante. Commuovendomi a ogni sua visione.
Film uscito in Italia il 30 Agosto del 1979 e solo quattordici giorni più tardi, il 13 Settembre, sarei nato io, appunto. Quindi, può darsi che l’amor viscerale che nutro per questo capolavoro immortale sia da ricondurre anche a strambi ascendenti di lunatiche, e non sol lunari, congiunzioni astrali.
Detto ciò, e spero di non avervi annoiato nell’immortalar a voi il frangente esistenziale che tanto, nella mia acerba giovinezza sognante, m’indusse subitaneamente ad adorarlo e venerarlo come una creatura partorita dalla mia emozionale mente di allora, sì, I guerrieri della notte, a mio avviso, è uno dei film più importanti della Storia.
Uno di quei pochi film, assieme forse alle opere magne di David Lynch, al già succitato Taxi Driver di Scorsese e a La morte corre sul fiume di Laughton, che più si avvicina al concetto adamantino e non adulterabile di Cinema maestoso, liquido, atmosfericamente perfetto. Capace d’imprigionarti nella sua esoterica magia sin ad avvolgerti di passione sfrenata per l’immensità poetica della sua notte imperitura più eternamente ammantata di onirismo ed eroica temerarietà virilmente spasmodica.
Trama…
Le maggiori gang della città di New York si riuniscono in un grosso parco del Bronx (attenzione, non è Central Park). Una riunione presieduta dal magnetico leader Cyrus (Roger Hill) che sprona tutte le qui adunate bande a congiungere le loro forze per combattere il monopolio criminoso della città, retto sin ad ora arbitrariamente da una polizia sporca e corrotta.
Cyrus, clamorosamente, viene assassinato dal capo dei Rogues ma la colpa, con un malavitoso sotterfugio bastardo, viene imputata ai Warriors.
Al che per i Warriors, inseguiti da tutte le altre gang acerrimamente adesso lor nemiche, intraprendono una lotta contro il tempo per raggiungere Coney Island, ove risiede il loro covo.
E, in un’interminabile notte allucinogena, devono fuggire e combattere a mani nude contro i poliziotti che dan loro la caccia e contro tutti coloro che incontrano, arduamente, lungo il loro contorto, stoico cammino verso una nuova, rifulgente alba speranzosa.
E questa lor lotta sfrenata, fra metrò e quartieri periferici sgangherati, viene scandita alla radio da Dolly Bomba.
Adrenalina pura, strade di fuoco macchiate di sangue e muscoli, mazze da baseball rotanti e volti truccati di sudici lestofanti si avvicendano freneticamente in questo masterpiece inarrivabile di Walter Hill. Fotografato dalla cristallina, magnifica fotografia di Andrew Laszlo.
E Michael Beck e James Remar sono titanici.
Il personaggio del Cowboy (Tom McKitterick) in un primo tempo doveva essere interpretato da Robert De Niro.
Mi par assurdo aggiungere altro.