Fiona Gordon e Dominique Abel tornano con Parigi a Piedi Nudi, portato in Italia da Academy Two dal 17 maggio.
Con Parigi a Piedi Nudi (Paris Pieds Nus, 2016) , Fiona Gordon e Dominique Abel tentano un’altra piccola sortita fuori dai territori francesi. Pressoché sconosciuti nel mondo, i loro film vedono in realtà le sale internazionali con discreta regolarità. Il successo vero non è mai arrivato, nonostante in Francia (e soprattutto in Belgio, dove ha sede la loro compagnia teatrale) siano dei piccoli punti di riferimento. E dire che non rischiano certo di confondersi tra la massa di nomignoli da festival: australiana lei, belga lui, attivi in campo teatrale da trent’anni, dal 2005 hanno per quattro volte portato al cinema la loro personale poetica performativa. Poetica che consiste, con pochissime variazioni, in una messa in scena artificiosa, cartoonesca, filiazione diretta del burlesque e delle vecchissime comiche del muto (delle quali il lavoro di Gordon-Abel sembra una bizzarra riproposizione aggiornata all’estetica contemporanea più indie). Un cinema irricevibile per le masse, ma adorato dai pochi fedelissimi appassionati. Parigi a Piedi Nudi arriva a sei anni da La Fée, e consegna ai posteri l’ultima interpretazione di Emmanuelle Riva.
Come di consueto nell’opera dei due autori, la trama di Parigi a Piedi Nudi è poco più che un bozzetto su cui mettere in scena le fantasiose comiche dei personaggi. Gli attori conservano i loro nomi, espediente classico nella commedia per abbattere la distanza tra i corpi e i “ruoli”: Fiona è una svampita e impacciata bibliotecaria canadese di mezza età. Convocata da una lettera di sua zia ottantottenne Martha (Riva) partirà per la prima volta in vita sua per la Francia. Non conosce la lingua, è goffa, ne combina una dopo l’altra. Martha, che non ci sta più con la testa, scappa di casa. Fiona dovrà cercarla per Parigi, aiutata da Dominique, amabile barbone del lungosenna conosciuto sul posto.
Perché vedere Parigi a Piedi Nudi
Parigi a Piedi Nudi, come tutto il cinema di Abel-Gordon, è un prendere o lasciare. Non assomiglia a nulla che si è abituati a vedere, né oggi né da novant’anni a questa parte. Le simmetrie e i colori sgargianti potrebbero sul momento far pensare ad un Wes Anderson più laconico, ma sarebbe una percezione sbagliata. I punti di riferimento dei due sono le comiche di Buster Keaton, del primo Charlot, più recentemente (più o meno) Jacques Tati. I dialoghi sono pochi e surreali, la cinepresa quasi non si muove: tutto è affidato al movimento degli attori, dei loro corpi e delle loro facce assurde. I personaggi scivolano, cadono, restano impigliati, fanno cadere cose. Attraversano la città come schegge impazzite, come farebbe un Bugs Bunny in carne ed ossa. Ma c’è anche (come non potrebbe?) un accenno di romanticismo, di love story e di malinconia. Se si è disposti a confrontarsi con un’idea di comicità quasi archeologica, fuori tempo massimo di un centinaio di anni, ci si può divertire non poco. Bisogna fare lo sforzo di penetrare in un’idea di messa in scena ormai completamente rimossa dai gusti contemporanei.
Cosa non funziona in Parigi a Piedi Nudi
D’altra parte, Parigi a Piedi Nudi funzionerà per il resto degli spettatori come repellente per le zanzare. I punti a sfavore del film sono gli stessi che lo contraddistinguono in positivo: sta tutto nella capacità di adattamento di chi guarda. Nel film non ci sono personaggi, ma burattini. Non c’è storia, ma una lunga barzelletta. C’è anche poca regia, nel senso cinematografico del termine: la macchina da presa è messa lì, in piano americano, e riprende immobile le performance dei suoi attori, che recitano come se si trovassero sul palco di legno di un teatro off (esclusa Emmanuelle Riva, che infatti è la migliore, i due protagonisti non sono in fondo attori di cinema). Anche una certa estetica mutuata dai film Sundance di dieci anni fa infastidisce: i colori brillanti, i piani sequenza e i comprimari quirky sono effettivamente l’unica concessione ad un tipo di corrente contemporanea conosciuta, e purtroppo vecchia.
Parigi a Piedi Nudi è solo un altro tassello nel lavoro ormai decennale di Fiona Gordon e Dominique Abel. I pochi affezionati troveranno quello che si aspettano, più in forma che mai. Chi sa già di non sopportare certo cinema, passerà gli 85 minuti più lunghi della sua vita. Chi capiterà per caso, potrebbe riscoprirsi appartenente al primo come al secondo gruppo. In un campionato che gioca da solo, Parigi a Piedi Nudi è una gradevole conferma.